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Silvia Giagnoni. Alabama Hunt

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Risulta difficile, a tratti impossibile, nel corso della lettura del romanzo, credere che questa storia sia stata scritta da una persona che in America vi ha trascorso solo una manciata di anni e quanto mai provvidenziale, far coincidere la sua uscita con la vittoria del partito repubblicano alle ultime elezioni americane dato che la storia imbastita dalla Giagnoni si sviluppa nel 2017, anno del primo mandato presidenziale di Trump perché Alabama Hunt, prima ancora che un romanzo sull’Alabama è un romanzo sull’America più xenofoba e razzista. L’America dei Gun Shop aperti a tutti, del fanatismo estremo, delle rivolte inneggiate colpi di piombo e sermoni biblici ma è anche, prima di tutto, l’America delle famiglie distrutte dall’odio, dal bigottismo e dall’intolleranza.

La trama si dipana a partire da un tragico incidente di caccia che non solo separa due cugini cresciuti come fratelli, Markus e Jeff (JJ) , ma innesca un’escalation di eventi culminanti nella radicalizzazione di quest’ultimo. Giagnoni dipinge con maestria il suo percorso verso l’abisso: Jeff, come molte persone dedite alla violenza, non nasce malvagio, ma è in primis il prodotto di un ambiente ostile, culturalmente miope, radicalizzato in un credo ostracizzante che impone una condotta di perpetua sottomissione ed è proprio questo a rendere il protagonista, seppur ingiustificabile nelle azioni, un personaggio con cui a tratti il lettore si sforzerà di scendere a compromessi pur di trovare una spiegazione all’escalation che lo vedrà coinvolto.

La vita di Jeff ci viene quindi esposta attraverso un susseguirsi di flashback magistralmente incastonati a partire da quel maledetto fattaccio nel bosco che ha portato alla perdita dell’uso delle gambe del cugino, fino agli eventi nefasti più recenti, dando tridimensionalità a un antieroe dalle molteplici sfaccettature che decostruisce in maniera intelligente lo stereotipo del terrorista irrazionale. Oltre a lui seguiremo anche l’evoluzione di Markus, i suoi rapporti affettivi e famigliari non solo nei confronti del fratello e Vanessa un personaggio femminile che può apparire a tratti incompiuto, a volte impotente, ma fondamentale nello sviluppo dell’intreccio.

La profondità dell’abisso si dipana dunque attraverso un percorso di isolamento progressivo alimentato da stupefacenti, alcol, anni di solitudine emotiva e sociale, dove lo scambio epistolare con un’eminenza religiosa appare l’unica azione in grado di fornire conforto ma quando anche costui verrà a mancare, freddo e silenzio torneranno a mordere le pareti della casa di Jeff.

La sua parabola è quella di una mente criminale raccontata senza giustificazioni ma con un profondo tentativo di comprensione ed è in questo prender le distanze dal facile moralismo che il romanzo compie la denuncia maggiore.

Lo stile asciutto, sempre a fuoco, ricco di scenari suggestivi, magistralmente imbastiti nella loro profonda americanità omaggia con cognizione di causa la tradizione delle migliori penne: chi cerca vibrazioni d’oltreoceano non verrà minimamente deluso. Nelle quasi trecento pagine, Silvia Giagnoni si prende i propri tempi e i propri spazi per modellare un odio stratificato in quella zona grigia tanto decantata da Primo Levi, dove umano e inumano si osservano faccia a faccia attraverso un vetro sottilissimo.

Se lo scopo della buona letteratura è portarci al cospetto del dubbio, questa storia ne è l’evoluzione più naturale per dar vita a una riflessione collettiva attuale e urgente, che ci costringe a fare i conti con le radici profonde dell’odio, mettendo in discussione le certezze su cui spesso costruiamo la nostra visione del mondo.

God bless literature.

Stefano Bonazzi

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Alabama Hunt

Silvia Giagnoni

Alter Ego Edizioni

18,00 euro — 280 pagine

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