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Stefano Maniscalco con Alex Pietrogiacomi. L’ultimo Imperatore del Karate

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Un karateka lo è per sempre”, è riportato in stampato grande sulla quarta di copertina del libro, sopra ad un’immagine di Stefano Maniscalco in zenkutsu dachi (posizione frontale) con uno gyaku tsuki sferrato (tranquilli, le ultime pagine del libro constano di un utilissimo glossario fondamentale dell’arte della mano vuota di Okinawa). Sì, un karateka lo è per sempre nel senso che lo è da sempre, una volta accostatosi alla Via capisce che la sua vita non sarebbe potuta andare altrimenti. Ciò vale per il pluricampione Stefano Maniscalco; per colui che l’ha aiutato nella stesura di questo libro, Alex Pietrogiacomi, praticante il Karate di stile Shotokan da più di trent’anni e tutt’ora agonista master nella categoria dei pesi massimi; e – poco poco ma sì – anche per il sottoscritto, che ha praticato il Karate (anche io dello stile codificato dal sensei Gichin Funakoshi) per una quindicina d’anni circa. Poi, ragioni le più disparate, mi hanno costretto a mettermi in pausa, però ecco, non ho mai detto di avere smesso, dacché i benefici, al contempo fisici e mentali, che quella pratica mi ha fatto godere, non li ho riscontrati più in nessun altro modo.

Imperatori invece lo si diventa, identificandosi appieno con la disciplina, sacrificandovi anche porzioni importanti della propria vita privata, coi dubbi che certo, di tanto in tanto bussano alla porta del cuore, ma che in men che non si dica vengono ricacciati indietro dal coinvolgimento totale, emotivo e fisico. È bello, bellissimo diventare imperatori per investitura altrui, per investitura diretta di un avversario che hai avuto davanti, sul tatami, fino a pochi secondi prima: sintomo ulteriore – se mai la vicenda sportiva e umana di Stefano Maniscalco ne abbisogni – che karateki lo si continua ad essere soprattutto al di fuori del perimetro del tappeto di gara. Ad esserlo per i minuti di combattimento può riuscire addirittura a molti, è far diventare il Karate la propria ombra, riuscire a far sì che il karateka combattente non sia tanto l’alter-ego della persona, quanto si identifichi in tutto e per tutto con la persona nella vita di ogni giorno, quando ama e quando soffre, quando si trova ai vertici e quando si sente sottoterra che è da campioni. È da imperatori. Maniscalco, il titolo imperiale lo ha ricevuto da uno dei suoi ultimi avversari al Campionato italiano Seniores di Ostia 2017, l’ultimo italiano cui ha preso parte. Era in svantaggio, il pubblico scandiva a piena voce il nome del suo avversario; poi, Stefano si è ricordato di chi era stato. Alla fine del tutto, la tradizione e l’innovazione: il saluto tradizionale giapponese con omaggio alla cintura e il doppio salto mortale, uno avanti, uno indietro, i bicipiti contratti e la voce, certamente segnata dall’intensità del combattimento, a ritrovare vigore in quel “BOOMMM!” marchio di fabbrica dell’ultimo imperatore del Karate.

La Via della mano vuota e Stefano Maniscalco sono evidentemente sempre stati un tutt’uno, probabilmente fin da prima che lui stesso se ne accorgesse, fin da quando si approcciò, in giovanissima età, in contemporanea al Judo e alla ginnastica artistica, quest’ultima dietro consiglio del padre, per sviluppare una ottimale elasticità muscolare; e pure quando, in una certa fase della sua vita, pensò di dedicarsi ad altro: kickboxing, Taekwondo, pugilato: “In fondo, mi reputavo un artista marziale, a me piacevano tutte […], il karate apre la mente al resto”. Anche nelle sue esperienze extra-sportive, cioè televisive e cinematografiche, non ha mai perso di vista la luce di quel faro.

Perché di forza, oltre che quella fisica – parliamo di un peso massimo che ha saputo magistralmente unire in sé l’ipertrofia muscolare e la grazia dei movimenti, garantendo una duttilità ai propri colpi che in pochi sarebbero stati disposti a riconoscere ad una corporatura così massiccia – Stefano ha dovuto spessissimo usare anche quella interiore, per non cedere allo sconforto. L’interruzione delle attività da parte del gruppo sportivo delle Fiamme Gialle, di fatto la sua seconda famiglia; il non sentirsi in grado di impostare una relazione seria nonostante i tentativi in tale direzione; la morte del suo sensei Toyozo Fujioka, che ha trasformato un giovane ragazzo fisicamente forte ma ancora un po’acerbo in un vero e proprio samurai contemporaneo, padrone pieno di ogni singola tecnica: quanto più sorprende nel vedere Stefano Maniscalco combattere è il rendersi conto che i movimenti – pugni, calci, spazzate, proiezioni – li ha introiettati talmente in sé che neppure sembra più li faccia, è il suo corpo ad essere per quelli programmato.

Anche le delusioni – pur mitigate dalla presenza al suo fianco della famiglia e degli amici, pochi ma buoni – hanno concorso all’investitura imperiale: l’essersi talvolta sentito, per la dirigenza della Nazionale Italiana, niente più che un “macchina da medaglie”, da portare in trionfo quando vincitrice, da non considerare quando – con l’uomo a prendere il sopravvento sulla macchina – la necessità era quella di sentirsi considerato anche in quella veste. E poi, l’annosa questione del Karate sport olimpico: l’impegno profuso da Stefano e dai dirigenti ai più disparati livelli in tale direzione sembrava destinato a non trovare sbocchi… ma arrivò finalmente l’Olimpiade di Tokyo 2020 (giochi tenutisi l’anno successivo causa pandemia), con il Karate presente per la prima volta ai Giochi Olimpici proprio nella sua patria natìa. Stefano non vi partecipò sul tatami, ma dimostrò, oltre che imperatore, di essere un vero condottiero, di quelli che gioiscono anche dei successi dei “loro” (e il Karate italiano ha avuto di che festeggiare, in quell’occasione), non solo dei propri. Sapeva di aver dato anche lui il suo contributo per quel traguardo.

Nell’ottobre 2021 Stefano Maniscalco ha ufficializzato il suo addio all’attività agonistica, ma non lo si sentirà mai ufficializzare il proprio addio ai combattimenti: tanto più che ora, che è stato riaperto il gruppo sportivo delle Fiamme Gialle, ha iniziato ad intraprendere l’attività di tecnico. E sono certo che prestissimo lo sentiremo chiamare sensei.

Un libro indicato non solo agli appassionati, cultori, o praticanti di arti marziali, ma a tutti gli sportivi. Anzi, meglio ancora, a chiunque abbia la propria vita illuminata da un obiettivo. Perché è vero sì che i sogni si possono avverare, ma è altrettanto vero che li si deve avverare!

Alberto De Marchi

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Stefano Maniscalco con Alex Pietrogiacomi, “L’ultimo Imperatore del Karate”, Agenzia Alcatraz Edizioni, 2021, 255 pagine, 18 euro

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