Immergersi nella poesia di Tiziano Fratus è come inoltrarsi in un bosco, nel cuore illuminato dalla linfa vitale della natura, nella vocazione alla bellezza e all’insegnamento dell’eredità umana. “Una foresta ricamata” di Tiziano Fratus (Mimesis Edizioni, 2025 pp. 230 € 16.00) esce nelle librerie il 6 giugno. L’autore recupera il principio dell’esistenza, intreccia il solco del dolore e della perdita con l’incisione della solitudine, nutrendo la confessione dello spirito silvestre nell’intima intesa di un abbraccio universale che evoca l’immaginario e l’ispirazione, sviluppa l’indulgenza delle intuizioni, alimenta la rivelazione del tempo e del proprio percorso spirituale. “Una foresta ricamata” richiama il rituale dei simboli consacrati alla custodia di una visione filosofica, tipica della scrittura incantata di Tiziano Fratus, ospita il cammino dell’esperienza, attraversato dalla sapienza dei grandi alberi, nella costante resilienza e nella loro connessione comunicativa, racchiude la contemplazione e l’efficacia dei luoghi intrecciati alle manifestazioni tangibili della terra. Tiziano Fratus esplora l’esortazione alla meditazione, la necessaria continuità delle relazioni tra il suono e il silenzio, nella ricognizione delle atmosfere e nelle capacità persuasive della scrittura. Adotta uno stile originale e ornamentale, a geometria fogliare, nella disposizione creativa e grafica dei propri testi, lasciando nella superficie delle pagine, l’impronta di ramificazioni profonde viscerali, l’originaria riserva di un messaggio in equilibrio con il disegno delle forme delle foglie e la dimensione dell’inconscio scolpito e benedetto nei componimenti. Introduce l’autentica formula linguistica di una poesia visiva in cui l’invito a distinguere, a capire e a tracciare il sentiero escursionistico delle proprie emozioni associa la capacità di sentirsi una creatura partecipe dell’evoluzione in mezzo al profilo animato degli alberi e al fruscio lusinghiero delle fronde, rinnova il dono della corrispondenza che vibra e respira accanto alla latitudine di ogni paesaggio, ascolta il battito celebrativo dell’essere vivente. Il libro conferma il bagliore incantevole di una prova letteraria assorta in una confidenza familiare, introspettiva, nell’ombra di passaggi nascosti e nella luce di approdi emotivi, trasmette l’itinerario di formazione di un modello ambientale in cui è rappresentata l’esigenza di percepire la dedizione all’entità sensibile che ci circonda, alla corporeità della conoscenza, alla ricerca del significato originario e artigianale dei profumi lungo l’esercizio dell’immaginazione e della ricettività tra arte e regola mentale. Conduce il lettore dentro la fusione e il misticismo dell’amore, accoglie il mistero primitivo dei sentimenti, dei legami, interroga l’essenza dell’anima universale, la potenza generatrice che congiunge ogni avvenimento verso una nuova esistenza sospesa fra trascendenza, eremitaggio e ascetismo. L’autore insegna a percorrere la direzione in mezzo agli alberi, a rivestire la corteccia dei ricordi, la consapevolezza mitologica degli elementi identitari, avvicina la sorgente degli scenari interiori alle corrispondenze sensoriali, inaugura il miracoloso viaggio alla ricerca di se stesso nell’imponente stupore, descrive l’andatura di un universo parallelo, esteso nella direzione ancestrale salvifica. Tiziano Fratus abbraccia il desiderio di osservare e intendere l’energia che solleva e diffonde la domanda esistenziale attraverso le affinità secolari con gli elementi fecondi della vita, nella forza del radicamento, nella saggezza di ogni rinascita, oltre il rinnovamento del dialogo e dell’ascolto. Custode della memoria e delle testimonianze, cattura la poesia nell’incisione della vena espressiva, nella nobile e responsabile risorsa della meraviglia, nella ricchezza dell’imprevedibilità. Rigenera la solitaria dimora della sacralità, rafforza la liturgia delle parole come spazio eloquente per avvertire e coinvolgere la sconfinata composizione umana, adorna l’attesa delle risposte sul ciglio oscillante delle foglie, allestisce la decorazione invisibile della vicinanza e del distacco. Ripristina il seme di ogni confine terrestre, oltre il disorientamento delle domande nell’estensione del territorio affettivo, affonda le radici della sua ispirazione nel suolo di una presenza cosmica che lenisce il mormorio dell’irrequietezza.
Rita Bompadre
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Quadro 5
PASTORALE MINORE CON GHIANDE E ORME DI LUPO
chiedo scusa
al filo d’erba e chiedo scusa
all’usignolo che batte le ali in gabbia
e chiedo scusa al ruscello di cui ho deviato
il corso e chiedo scusa al mare che ho inquinato.
chiedo scusa anche al bosco che ho bruciato e
tagliato, chiedo scusa all’aria che fatica a penetrare nei
polmoni, chiedo scusa ai laghi che ho prosciugato e chiedo
scusa a te, mondo mio, che ho contaminato con parole
velenose. ma a te natura, le mie scuse non interessano: tu
senti, tu crei e ragioni a modo tuo, non serve domandare
perdono per la vita soppressa, l’albero abbattuto, il pesce
pescato o la stella spenta. cosa posso fare dunque,
minuscolo respiro che sono, su questo pezzo di terra
se non nutrire e cercare riparo? mio malgrado
chiedo scusa di non poter vivere da lupo, di morsi
rubati e sotto il cielo nudo. Chiedo scusa
poiché il mio passaggio reclama
sacrifici e dolore
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E IL MONDO TACQUE
sedendo
ho atteso la nascita
della luce, non è apparsa tra
le rocce, è sorta da un luogo segreto,
pneumatico, ha spinto dentro, qui dove
qualcosa un tempo si era chinato, un cane
della sorveglianza, chissà, non saprei
dire quando, un giorno era arrivato
e si era nascosto, placido, indisturbabile.
In una foresta di fiati e sussulti niagaricamente
mi sono composto d’acqua, ho mineralizzato,
mi hanno insegnato ad essere pronto alla
dispersione in particelle soffiate via,
senza distinzione, di nuovo parte
di ogni cosa, lingua di un
fuoco vivente:e fu
così che il
mondo
tacque