Nel ventre del fuoco e del fiume: viaggio nella poesia visionaria di Disregolazioni
Con Disregolazioni, Valeria Cartolaro, consegna al lettore una raccolta poetica densa, radicale, che si impone con voce potente e inconfondibile. Una poesia che frantuma la linearità, l’ordine logico, la sintassi classica, per entrare nel cuore del disastro emotivo e della materia vivente. Il titolo stesso suggerisce l’uscita dal perimetro del controllo: disregolazione come condizione fisica, psichica, affettiva — ma anche linguistica e percettiva.
Quella di Cartolaro è una lingua spezzata e bruciante, attraversata da immagini forti, spesso organiche, quasi viscerali. La poesia qui non è mai descrizione né commento: è un gesto, una reazione, un’esplosione trattenuta tra le pieghe del corpo e del tempo.
Fin dalla prima sezione, il lettore si ritrova immerso in un paesaggio in rovina, dove “immortala sul suo letto chi trascina” non è solo un’immagine del fiume, ma una dichiarazione d’intenti. Il fiume, infatti, è elemento ricorrente: è flusso di detriti, archivio di memorie, materia viva che si fa soggetto. L’acqua non purifica: trascina, inghiotte, conserva. Il fiume non è natura: è coscienza.
A questa forza liquida si contrappone quella del fuoco, simbolo di distruzione ma anche di purificazione ambigua:
> “fuoco che può sempre / attizzare questo ventre”,
scrive Cartolaro, e il corpo femminile diventa luogo di combustione, origine e fine insieme.
Un altro asse portante è quello della casa: non solo abitazione, ma spazio emotivo, contenitore di assenze e presenze smarrite.
> “la mimica assente / di una casa lontana”,
“brucia nel fuoco la casa dei corvi”,
“una casa bianca che resiste”.
La casa diventa simbolo di tutto ciò che è insieme rifugio e minaccia, culla e rovina.
Nel cuore di Disregolazioni pulsa un dialogo costante con la perdita, soprattutto familiare. Uno dei momenti più toccanti arriva con la visione della madre:
> “ora che vedo il petto di mia madre / linee sottili fanno somiglianze”.
La somiglianza non è rassicurante: è linea di continuità che unisce nel dolore.
Il corpo dell’io poetico è sezionato, attraversato da sintomi e crepe, a volte ridotto a traccia, a gesto minimo. Anche la voce sembra vacillare:
> “chi sa se la voce nella mente / ha suono e memoria”.
È in questo dubbio radicale che la poesia di Cartolaro prende forma: la parola non è mai concessa, è conquistata con fatica, spesso con violenza.
Lo stile è spezzato, compatto, mai narrativo né spiegato. La sintassi è liquida, scivolosa, le frasi spesso nominali, le immagini si accumulano senza tregua. Non c’è quasi mai punteggiatura: solo spazi e cesure che rendono il ritmo visivo, come se anche il silenzio parlasse.
A tratti, sembra di entrare in un flusso mentale alterato, ma lucido nella sua capacità di restituire il trauma.
> “giocare a tirare su respiri / ricucire parti e strappi / riallacciare”
è forse la formula segreta di tutta la raccolta: la tensione continua tra l’essere smembrati e il tentativo, disperato e umano, di ricomporsi.
Un’opera necessaria
Disregolazioni è una delle raccolte più intense, complesse e autentiche della recente poesia italiana. Valeria Cartolaro non offre consolazione, non cerca armonia: esplora la frattura, la malattia, il lutto, l’assenza — ma lo fa con una lingua personale, coraggiosa, capace di visione. È poesia che chiede molto, ma restituisce altrettanto: immagini che restano impresse, versi che sembrano scolpiti nel fango, nel sale, nella cenere.
Una voce già matura, destinata a lasciare il segno.
Una raccolta che, come “una casa bianca che resiste”, non crolla: si impone.
Francesca Mezzadri
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Disregolazioni, di Valeria Cartolaro, Edizioni Transeuropa, 2025, con postfazione di Andrea Ponso, pagg. 41.
Disponibile on line
Costo Euro 14 acquistabile sul sito casaeditrice, transeuropa edizioni: https://www.transeruropaedizioni.it/shop/poesia/disregolazioni/