Benvenuto su Satisfiction   Click to listen highlighted text! Benvenuto su Satisfiction

Verso un sicuro approdo

Home / Recensioni / Verso un sicuro approdo

«Nonostante le nostre perdite, non eravamo affatto una generazione perduta. Non inseguivamo nessun Dada Nada su e giù per le strade di Firenze, nei musei e nelle chiese e per le decine di borghi e città sulle colline, bensì qualcosa di umanizzato, qualcosa di relativo al pensiero e all’ordine, e dunque alla speranza; qualcosa che, come non smettevamo di ripeterci, era il sogno dell’uomo». Il sogno dell’uomo, la sua humanitas che prevede vincoli di amicitia che «fa brillare una luce di speranza per l’avvenire e non consente che lo spirito si avvilisca o si abbatta», scriveva Cicerone nel suo Laelius de amicitia.
Perché quella che Wallace Stegner propone in Verso un sicuro approdo (Bompiani, pp. 400, euro 22, nella traduzione di Maurizia Balmelli) è la storia di un’amicizia lunga una vita, e un viaggio a ritroso, non solo alla ricerca dei frammenti che l’hanno composta, e dunque nella memoria e nel residuo, ma anche nello spazio, che è insieme fisico e ideale.
Un viaggio, appunto a ritroso, che il protagonista compie da Ovest a Est: «verso gli albori della repubblica, verso quell’est ancestrale che non aveva mai trovato alcuno spazio nella mia vita né, per tre generazioni, in quella della mia famiglia». Da Albuquerque, nel New Messico, a Madison, dove per un anno insegna all’università del Wisconsin e ha l’opportunità di conoscere i Lang, Sid e Charity, grazie ai quali la vita, la sua e quella di Sally, sua moglie, entrambi orfani spiantati ma brillanti, cambia; e poi a Battell Pond (il Caspian Lake, a sud di Greensboro), nel New England, dimora estiva della famiglia Lang, che accoglie Larry e Sally come dei sodales: «Eravamo la conferma di chissà quale fede trascendentale secondo cui dal tetto dell’anima cosmica piove su tutti»; e dunque non importa se si viene dal nulla per essere ammessi a godere del privilegio di stare tra loro, tra gente che viene da Harvard e che ha conosciuto Kittredge, ha attraversato i luoghi di Lowes, girovagato tra gli scaffali della Wilderer, immerso i piedi nel fiume Charles; con loro a guardare un mondo che forse è condannato a tramontare, stretto com’è nell’enclave culturale che, se è privilegio, è anche margine, bordo che affonda nel passato e nel culto di una vita di studi e di contatto diretto e immediato con la natura. Una casa affacciata sul lago e circondata dai boschi, dove trascorrere l’estate in maniera spartana e «vivere deliberatamente, affrontare solo i fatti essenziali della vita, e vedere se non potessi imparare cosa avesse da insegnare, senza scoprire, giunto alla morte, di non aver vissuto», aveva scritto Thoureau in Walden.
Un mondo, ancora, che forse va spegnendosi ma che Larry tenta di guadagnarsi lavorando sodo, anelando a una cella di isolamento- come Hawthorne nella sua haunted chamber, luogo della sua “romita giovinezza”- dove gli fosse concesso di non dedicarsi a nulla se non alla lettura e alla scrittura: «Chi, in una cella ben isolata ma imbottita con misura, non avrebbe pensato pensieri elevati, letto tutti i grandi scrittori e magari perfino scritto un libro o due?». Ma si dedica anche all’amicizia che lo lega a quella strana coppia dominata da Charity, inflessibile e tirannica ma dall’incandescenza interiore impossibile da non notare; così diversa dalla sua Sally, aggredita in una drammatica estate dalla poliomielite, eterea e accondiscendente, capace di ritirarsi perché Larry possa avanzare e farsi strada e far carriera. Ma una donna anche che sa insegnare al marito, come dono matrimoniale, “l’alfabeto della gratitudine”, non solo l’assuefazione e la dipendenza che caratterizzano i Lang.
Un viaggio in Italia, poi, in quella Toscana culla dell’Umanesimo da cui si può «volgere lo sguardo allo sgorgare della storia, salendo a ritroso verso gli albori della civiltà moderna», e da lì accorgersi di aver finalmente imboccato la strada maestra; un viaggio che si fa scrittura e che permette di scavalcare tempo e spazio puntando, ancora una volta, alle terre dell’Ovest, che si fanno racconto nelle pagine del romanzo che il protagonista scrive dalla sua camera sul Lungarno.
Infine un viaggio alla scoperta dei capolavori di Piero della Francesca e, in particolare, della Resurrezione di Sansepolcro, che si fa carico di un’ulteriore declinazione dell’humanitas, quella del volto del Cristo in cui si riconosce Sally, puntellata sulle sue grucce; e i cui occhi, gli occhi del Cristo, Larry identifica in quelli dell’amica morente, Charity, fiera e intransigente ma non aliena dall’umana sofferenza.
Se il tempo ha segnato i protagonisti di Stegner non li ha però derubati della scintilla vitale che si addensa nella memoria che non dilegua; ecco perché lo scrittore, in epigrafe, cita i versi di Robert Frost: Potrei dare ogni cosa al Tempo- tranne/ Ciò che ho trattenuto per me. Ma perché dichiarare/ Le cose proibite che mentre i doganieri dormivano/ Ho portato verso un sicuro Approdo? Perché lì io sono/ E ho tenuto ciò da cui non mi posso separare.

Click to listen highlighted text!