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Vincenzo Patanè. Una piccola goccia d’inchiostro

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Siamo nei vicoli del rione Sanità, l’ambientazione temporale scavalla il fascismo per arrivare a un Dopoguerra cauto nei progressi sociali; ci sono i circoli sotterranei di chi riconosce una sessualità sottaciuta nell’allegoria del maschio italico con le sembianze narrative di Mussolini, sottaciuta come tra gli antifascisti; nell’Italia che si sarebbe evoluta in sé stessa, delle famiglie larghe e povere di comprensione, nell’arte giustificata per non eccedere dall’industrializzazione del pensiero. Elvio, il protagonista del romanzo, un uomo colto e timido, è ispirato alla zio dell’autore Vincenzo Patanè, che trova una sua vasta produzione epistolare – sessantasei lettere alla sorella –, e cerca di ricostruire una vita intera dagli anni del bambino smarrito, seguendo il filo della sessualità emergente nella sfera personale e pubblica: «Nel soggiorno di casa erano esposti quattro dipinti incorniciati, che rappresentavano Narciso, Oreste ed Elettra, il Fauno danzante e Orfeo, Euridice ed Ermes. Erano questi ad attrarre magicamente l’attenzione di Elvio. Dopo avere conosciuto Egidio, li guardò con un interesse maggiore, rimanendo strabiliato da quali armonie potesse manifestare un corpo maschile».

Elvio, al principio, esiste relativamente al padre Armando, un insegnante di Storia dell’Arte dalle idee rigide, che orienta la famiglia a un’educazione incasellata, delle tre ragazze e dei due maschi, e incontra la resistenza della Napoli popolare, isolando perciò i figli dal resto del rione ed essere certo di non perdere il controllo. Ma nei pochi momenti d’aria, la stretta su Elvio la perde, così Armando è costretto a scandagliare un cassetto chiuso per capire meglio cosa turba il giovane figlio in un’epoca dove la scoperta è personale prima che pubblica, esperienziale prima che letteraria. La morte del padre incontra così la rinascita di Elvio, o per meglio dire il riconoscersi nella differenza. La rivelazione avviene attraverso una pagina incontrata per caso, dove si racconta dell’avanguardia del cambio di genere, per l’epoca un’esplorazione etica più che medica. Elvio parte e isola sé stesso alla ricerca del proprio Io, fa cioè un passaggio comune in una situazione particolare: l’inesperienza del mondo. «Il 21 febbraio del 1953 Elvio si imbatté in una copia del periodico Tempo, in una sala d’aspetto di un medico. Mentre la stava sfogliando con una certa svogliatezza, fu folgorato da un articolo sul caso Jorgensen: “La mia battaglia per diventare donna”.»

La spedizione per il cambio di sesso rimane una delusione annunciata, un modo di trovarsi che non lo soddisfa a fondo. A Napoli, riesce a incontrare uomini più esperti, tra cui Antimo, per caso in un bordello. Antimo sarà il suo primo amore fisico e idealizzato; così malmesso da indispettire la sorella più cara Rosa, che subito realizza le intenzioni del giovane napoletano eterosessuale, di natura economica. La storia va avanti sotterranea, mentre Antimo sta con una ragazza di nome Maria. Non passa molto, Elvio capisce che la sorella ha ragione e, preso dallo sconforto, lascia Antimo con fermezza, ricevendo in cambio minacce, botte, persino una pallottola. A quel punto, realizza come l’amore, qualunque esso sia, potesse esistere solo nel rispetto delle regole, come la tolleranza e l’equilibrio. È un’esplosione. Nasce la storia con Ciro, dopo un interminabile scavo nell’abisso dell’Io che sembra impossibile prima di tutto a sé stesso: «A suo parere una relazione con un uomo eterosessuale era di per sé perdente o comunque aveva pochissime possibilità di riuscita, poiché era inimmaginabile, e forse anche ingiusto, che quegli rinunciasse alle donne; quindi alla fine sarebbe stato con lui solo per interesse o per un piacere fisico che forse sarebbe stato secondario».

Una piccola goccia d’inchiostro, edito dalla casa editrice romana Il ramo e la foglia, è un memoir levigato, su un argomento eterno, l’amore; lascia presupporre l’antitesi tra solitudine e cambiamento, tra realtà e morale. Può richiamare, per tema, libri come Conundrum di Jan Morris o Redefining Realness di Janet Mock. Espone una rigorosa ricerca attorno all’immortalità degli uomini, alla loro scalata verso il dominio del Sé, che li rende pacificati, realizzati; che sposta l’attenzione verso gli altri, in un circolo vizioso e puramente sociale. Nello stesso tempo, il memoir esalta come l’amore sia il massimo degli specchi possibili, come l’Altro, magari impuro e semplice tipo Antimo, attratto nella gerarchia del denaro, serva nella dinamica egoista del saper accettare un abbandono, del crescere. La storia di Elvio è così una storia qualsiasi, di ognuno che balla tra i valori dell’emancipazioni e le regole sociali borghesi, imposte e talvolta realiste. Fa riconoscere, nella sua struttura epistolare, le lettere che chiunque ha scritto, pensato, detto, ricevuto; perciò rimane impressa nella memoria del lettore.

Federico Di Gregorio

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Su Una piccola goccia d’inchiostro di Vincenzo Patanè, edito da Il ramo e la foglia

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