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Virion Graçi anteprima. Il paradiso dei folli

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Cosa c’è in paradiso? Nessuno può dirlo. Il profeta dice: quattro fiumi scorreranno per voi – uno di latte, uno di miele, uno d’acqua e l’ultimo fiume sarà fatto di vino. Così le persone potranno avere lì quanto non gli è stato possibile in questo, di mondo…”. L’eredità delle parole profetiche sono tratte da “Il paradiso dei folli” di Virion Graçi (Bibliotheka Edizioni, 2025), libro che esce nelle librerie il 20 giugno, nella traduzione di Julian Zhara, celebrano il destino inesorabile e crudele del protagonista. Un trentenne albanese che si allontana dalla sua terra per trasferirsi clandestinamente in Grecia. I suoi affetti, la moglie e il figlio sono al centro di drammatici e malvagi avvenimenti, di perfide e luttuose ripercussioni sull’intera vicenda. L’autore analizza la spietata e atroce contraddizione della personale visione del mondo in una prospettiva inquietante che traduce l’oscurità della realtà ordinaria in una narrazione artistica densa, enigmatica e ambigua.

La narrazione ancorata alla cosciente e spietata allegoria dei conflitti interiori, snoda la sua efficacia rappresentativa nella finalità di esplorare profondamente l’animo umano e le sue complesse e sedimentate discordanze, nutre la sua forma espressiva attraverso una lucidità implacabile, segue il carattere distintivo della resistenza letteraria balcanica, nel ritmo urgente e insistente del racconto, nella radicata ed elegiaca interpretazione identitaria. Virion Graçi combina la severa e aspra condanna della realtà con le contaminazioni vivide della vulnerabilità, con l’erosione spirituale degli uomini e del mondo, si interroga sulla direzione di una sensibilità storica e morale opaca e indistinta.”Il paradiso dei folli” accoglie l’assegnazione del dolore con l’imperturbabile castigo del distacco e la limpidezza essenziale contro il groviglio indefinito delle occasioni umane, la rotta conflittuale dell’emigrazione clandestina, il flusso empio e barbarico dei cambiamenti e degli infausti contraccolpi, contiene contemporaneamente il peso della violenza e la distensione del pathos. Virion Graçi costruisce il suo sconcertante e suggestivo racconto mescolando la tradizione di una letteratura con la sorprendente e spaventosa atmosfera cupa e angosciante, immergendo nella mostruosità rovente del quotidiano la follia dei comportamenti umani. Il precipizio di ogni abisso descrittivo non concede respiro e coinvolge il lettore in una spirale, senza fine, nella macabra brutalità degli eventi. Il libro è una raffigurazione prolungata ed efferata delle esistenze scalfite dall’inevitabilità lacerante della volontà e delle decisioni, dalle difficoltà di un’instabilità sociale ed etica, evidenzia l’incarnazione scellerata e diabolica della natura criminale. La scrittura audace e spericolata di Virion Graçi amplifica tra le pagine il resoconto incombente e distruttivo di ogni affanno emotivo, il flusso psichico e inconscio, devasta la crisi delle relazioni nella congiuntura di chi frantuma e interrompe bruscamente ogni regola civile e persegue la scorrettezza dell’illegalità in un territorio straniero.Virion Graçi si confronta con una realtà dura, espatriata ed esule, difforme nel senso della libertà, quando il genere umano viene minacciato e compromesso. Elabora, con la sua superba cronaca dei fatti, il sentimento cosciente di accogliere la freddezza della realtà, mostrare i confini inviolati dell’anima, la verità dannatamente commovente dove la voragine della mortalità e la crisi identitaria ripercorrono le convenzioni del tempo come termine distruttivo della decadenza umana, oltre la permanenza della proprietà poetica.

Rita Bompadre

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Hanno portato Selim assieme a due cinesi. È molto diverso da loro. Vestito bene e in ottima salute, aveva inizialmente fregato i poliziotti ma quando si sono accorti delle difficoltà con la loro lingua, l’hanno trascinato dentro con gli altri cinesi. Non si è presentato al nostro capo e a Fation questo è pesato molto. Infatti non lo ha presentato a Sana. Mi chiama un po’ dopo:

«Intellettuale?».

«Ho fatto l’università».

«Quindi un intellettuale. Ecco. Siamo in tre intellettuali, adesso. Tu, io e mia moglie, Sana. E questo?» mi indica Selim.

«Non lo so» gli rispondo.

Si concentra.

«Serve che noi intellettuali albanesi ci uniamo, in questo periodo di grossi cambiamenti economici e sociali. Ci vuole unità, comprensione. Immagino tu ritenga Sana una donna di facili costumi».

Nego con fervore. Non penso niente. Di nessuno.

«No. È una diceria provinciale questa di considerare le donne degli ufficiali delle puttane. Non è giusto. L’ufficiale protegge la generosità del suo popolo. Protegge l’integrità territoriale della sua patria. Non bisogna umiliare con queste dicerie la sua figura. Si capisce: il nemico cerca di colpire gli ufficiali con tutti i mezzi che ha, ma noi ci difendiamo. All’ignoranza bisogna contrapporre il sapere, all’immoralità – la morale, alla violenza – la tolleranza e alla liberalizzazione – la disciplina».

«Cercano Spiro Mastuku» dice qualcuno. L’ex ufficiale mi scuote. «Sì».

«Sono io» rispondo e mi alzo in piedi.

C’è Panajot. Mi ha portato la paga degli ultimi due giorni e qualche pita con carne macinata.

«Spiro, non hai fatto niente di male, o sì?» mi chiede, incazzato.

Gli occhi azzurri sembrano incendiarsi. Bella persona che sei. Bella persona.

«Sì. Ho lavorato, ho lavorato come uno schiavo, tutto qui.

Questa è la mia grave colpa, Panajot».

Lui si incazza mentre io mi aspettavo ridesse. Urla:

«Maledetti stronzi, – poi si calma – devi stare tranquillo, sai, sennò ti ammazzano. È questo il loro lavoro».

«Ehi, porci, dove piscio io?» urla Selim.

«Girati a destra e fallo lì» gli consiglia uno.

Un altro si oppone.

«Nooo, eh. Il pavimento pende da questa parte e mi va tutto sulla schiena».

Selim lo insulta. Non gli piacciono i lamenti anonimi.

Entra uno dei soldati. Col fucile pronto. Muto.

Niente. Più di trenta uomini non emettono un suono.

Nessuno. Il soldato esce.

«Vieni qua dal capo» parla Fation. Ha ancora la voce strozzata. «Perché rendi la situazione così complicata? Prendi questo» e gli allunga un pacchetto di sigarette. È vuoto.

«Finisci e ridammelo. Serve alla collettività».

Intende il pacchetto di sigarette. Selim non capisce. Chiede:

«Finisco il lavoro entro domani?».

Fation, il capo, chiarisce. Ha capito come funziona in questi due giorni: ci permettono di andare in bagno solo alle 23, accompagnati da due soldati armati.

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