Questa settimana su Satisfiction proviamo a raccontare, attraverso Le tre domande del Libraio, un libro da poco pubblicato da Nottetempo: il 24 gennaio, infatti, è uscito il romanzo d’esordio del giovane triestino Matteo Quaglia, “Volevamo magia”.
Matteo Quaglia è nato in un piccolo paese di montagna, vive a Trieste, città in cui ha studiato e lavora. Nel corso degli anni ha pubblicato racconti su diverse riviste letterarie, tra cui Nazione Indiana, l’inquieto, Malgrado le Mosche e inutile. Volevamo magia è un romanzo avvincente e ipnotico sui sogni che possono diventare incubi, dove i confini tra realtà e finzione, bene e male, indagine e delirio si fanno sempre più labili.
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Matteo, vogliamo raccontare ai Lettori e alle Lettrici forti, che ci seguono su Satisfiction, il tuo percorso nel mondo della scrittura, come sei arrivato a Nottetempo e come è stato lavorare con Alessandro Gazoia?
Il mio percorso nel mondo della scrittura, se così lo possiamo definire, comincia molti anni fa; comincia soprattutto con la passione per la lettura. Ho avuto la fortuna di crescere in una casa piena di libri, di imbattermi in autori che mi hanno fatto innamorare delle possibilità che si celano in certi angoli della letteratura. Ho iniziato a scrivere soprattutto perché mi piaceva farlo, anche in segreto, di contrabbando, per così dire, pubblicando racconti su alcuni forum di litweb, fino ad arrivare, negli ultimi anni, al mondo delle riviste. Alessandro Gazoia mi ha pescato da lì. Mi ha chiesto se il romanzo a cui accennavo nelle biografie a corredo dei racconti esistesse o meno. Quando ho ricevuto la sua mail, ho pensato a uno scherzo di pessimo gusto. Poi ho realizzato. Lavorare con Alessandro è stato tosto, ma soprattutto molto bello. Com’è intuibile, l’editing di un romanzo può essere dolorosa, soprattutto per l’autore, ma Alessandro si è sempre mosso con estrema grazia e gentilezza. Anche nei momenti di sconforto, ha saputo consigliarmi e farmi capire il perché di certe scelte. Gli devo molto.
Cosa ti ha ispirato a scrivere *Volevamo magia*? C’è un evento o un momento particolare che ha acceso la scintilla per questa storia particolare?
Credo che il romanzo parli molto di certe atmosfere, di certi ideali giovanili che, con l’andare del tempo, finiscono per mutare. Ho scritto “Volevamo magia” perché, a un certo punto, qualche anno fa, mi sono trovato a riflettere sul modo che a volte ha la vita di andarsene per conto suo, di fregarsene delle aspettative coltivate in gioventù. Insomma, delle crepe tra quello che sarebbe potuto essere, e ciò che è. Per quanto uno possa essere soddisfatto, o realizzato, esiste sempre uno spazio, seppur piccolo, di segretezza, di rimpianto, che contiene le possibilità inespresse. Uno spazio che, se prende il sopravvento, può portare guai. Oltre a questo, però, il testo non ha nulla di autobiografico.
Vogliamo dettagliare i caratteri dei personaggi che animano il romanzo e l’intreccio della storia, a partire anche dalla scelta formale precisa e dalla scrittura curatissima?
Richiamandomi alla risposta precedente, possiamo dire che i personaggi riflettono un po’ l’inquietudine sottesa nella storia. Prendiamo Bottiglieri, l’amico più intimo (e se vogliamo, aiutante) del narratore: anche lui è un inetto, chiamato dalle contingenze della vita a esercitare una professione per cui non nutre alcun interesse. Pure lui, come Massimiliano e molti altri, è veramente interessato soltanto alle cose che non interessano a nessuno, mentre sopporta a malapena le questioni che interessano alle persone regolari. La stessa Ludovica, la ragazza che ossessiona il narratore, è a modo suo una figura un po’ tragica. Con la mia scrittura ho provato a rendere l’inquietudine di questi personaggi, le loro sfumature, rinunciando magari a dettagliare certi aspetti e provando a evidenziarne altri, che mi interessavano di più. Scrivere di loro mi ha divertito parecchio, perché è stato un po’ come parlare a certi amici dimenticati, conosciuti chissà come e finiti chissà dove. In tal senso, e forse in modo un po’ controintuitivo, rinunciare all’uso del dialogo diretto mi è sembrata la scelta più naturale.
Buona Lettura di ‘Volevamo magia’ di Matteo Quaglia
Antonello Saiz