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Chi è un vero scrittore?

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Chi è un vero scrittore?

Non chi si occupa dell’ entertainment degli altri, non i bestsellleristi da page turner o i nostri giallisti -ormai ci sono più noiristi che detenuti: lo scrittore e’ chi scrive non come garza ma come ferita. Per aiutare gli altri, se no a che serve un libro. Francesca Fialdini fa esattamente questo: nel suo “Fame d’amore” ci ricorda che troppi instant book su questo argomento, troppi copertinati e così racconta noi, noi tuti, le storie sono anche estreme, di disagio, ma riguardano tutti noi. La storia di una anoressica? E’ anche la nostra. Perché noi tutti siamo una malattia rara. Pensate sia facile essere Francesca Fialdini? Pensate sia facile essere Gian Paolo Serino? Ma soprattutto credete che essere ognuno di noi sia facile? Oggi ognuno è malato e il peggio è che non si accorge. 

La malattia mentale magari non è evidente – già ne avevano scritto Fromm ne “ La follia della normalità” e “Fuga dalla libertà” ma soprattutto Arno Gruen con i “Cosidetti sani”. I sociologi e non gli psicologi hanno compreso questo: se vai da uno psicanalista e gli racconti di essere figlio di Dio non si chiede se è vero o no ma di parlargli della sua infanzia. Virgilio, Postman, Baudrillard, Huxley, Debord hanno compreso che la nostra normalità è scomparsa: perché la società (im)mediata ci porta a non essere persone ma etichette: il dottore, il portinaio, il tifoso, il salumiere, la partita iva, il disoccupato. Per ognuno di noi hanno inventato una etichetta. E così non siamo nome e cognome, individui, ma etichette da incasellare. Cosa ci può salvare? La passione. Scrivi? Sei bravo se c’è passione. Affetti il prosciutto? Sei bravo se hai passione. Non importa cosa facciamo ma per fuggire alle etichette esiste la passione. 

E’ questo ciò di cui parla questo libro “Fame d’amore” al di là della prima lettura. Pensate al titolo: Fame d’amore. Cosa c’è di più bello? Dobbiamo tornare ad avere fame di amore e non svilirlo da divorzi o preghiere prestampate o medicinali e pillole. 

Essere affamati: di amore, di vita, di fame. 

L’amore l’abbiamo dimenticato, rateizzato tra matrimoni di facciata, di sicurezza congelata – lavoro, soldi, pensione, morte-; l’amore per i nostri figli e’ lasciar loro una laurea, un lavoro, vederli sistemati, che non abbiano problemi, villette a schiera, nipoti, la domenica davanti alla tv magari quello là in fondo sei tu. 

Fialdini in questo libro che qui recensiamo a ruota libera dimostra di essere la migliore scrittrice italiana contemporanea: perché ci fa appassionare anche a storie che normalmente etichetteremmo sotto “poveretti”. E’ maieutica ma non maestrina, ha uno stile di scrittura che ci lascia immaginare – da qui questa recensione. E’ costretta dalle catene dell’argomento, come ovvio, ma al contempo è scrittrice: ci vuole dire qualcosa ma senza perdere lo sguardo di chi scrive con la penna guardando il cielo.

 Uscite da “Fame d’amore “ che siete migliori. Non lasciatevi ingannare dal fatto che sia una conduttrice televisiva, che sia pubblicata dalla Rai, che sia a modino, carina e tenerella. Ci sono tanti personaggi tv che scrivono sull’acqua. Fialdini no, rimane e se indovina un romanzo ha il talento e la furbizia per stupire. Come potrebbe fare Alba Parietti che scrive molto molto bene: siamo in attesa del suo romanzo familiare ( tra follia e arte, tra regole imposte e ribellione, tra esibizionismo e paura di abbandonare le gambe per imbracciare la penna). 

Leggete anche lei, affamati di amore. 

Gian Paolo Serino 

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