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Justin Marozzi anteprima. L’uomo che inventò la storia. Viaggi con Erodoto

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Usanze piccanti: “La promiscuità di Bodrum ricorda i cenni di Erodoto sulla tribù dei Nasamoni di Libia, dove «è usanza, al primo matrimonio di un uomo, dare una festa, durante la quale la sposa viene goduta da ciascuno degli invitati a turno; la prendono uno dopo l’altro, e poi le danno un regalo…»”.

Una narrativa versatile: “Una delle gioie di Erodoto, e ce ne sono molte, è che si può entrare e uscire a piacere, prenderlo per un’incursione tra gli Sciti o per una battaglia da far gelare il sangue in Grecia, raggiungerlo nella sua indagine architettonica dell’Egitto o in un grande tour della geografia del mondo antico, portarlo in vacanza, leggerlo al gabinetto, non c’è fine”.

Un antico messaggio multiculturale: “In un momento in cui il confronto tra Oriente e Occidente era, ancora una volta, al centro degli affari internazionali, quale miglior compagno dell’uomo che descrisse il loro primo scontro? Quando il mondo occidentale si preoccupava della diffusione della libertà e della democrazia nell’aree arretrate, quale mente più adatta dell’uomo che registrò la nascita della democrazia ad Atene e s’interrogò ad alta voce sulla tirannia e sulla libertà 2.500 anni fa? La consapevolezza culturale, gli insulti alla religione, i pericoli di offendere civiltà straniere, tutto questo viene direttamente da Erodoto, il primo multiculturalista del mondo. «Ognuno, senza eccezioni, ritiene che i propri costumi e la religione in cui è stato allevato siano i migliori», scrive in un’osservazione la cui verità è riecheggiata nel corso della storia”.

I problemi dell’Iraq durante l’occupazione: “Raschiando meno di dieci centimetri di terra scoprimmo un piatto partico del 200 d.C., un pezzo di ceramica meraviglioso e delicato. Si trovano cose del genere a Babilonia. Si sta a pochi centimetri sopra la storia del mondo. Il sito racchiude il più grande patrimonio dell’umanità. Non è che ti metti a sterrare per far posto ai carri armati”.

È in libreria L’uomo che inventò la storia Viaggi con Erodoto di Justin Marozzi (Edizioni Settecolori 2024, pp. 480, € 26 con traduzione di Claudio Gallo).

Justin Marozzi è un giornalista, storico e scrittore di viaggi tra i suoi libri ricordiamo il bestseller Tamerlane. Sword of Islam, Conqueror of the World (2004). Con Baghdad. City of Peace, City of Blood (2014) ha vinto il Royal Society of Literature’s Ondaatje Prize. In italiano per Einaudi è uscito il suo Imperi islamici. Quindici città che riflettono una civiltà (2020).

Justin Marozzi ripercorre le orme di Erodoto attraverso il Mediterraneo e il Medio Oriente, esaminando le sue osservazioni di 2500 anni fa sulle culture e i luoghi che visitò e trovando gli echi della sua eredità che si riverberano ancora oggi.

Erodoto “celebra le meraviglie del mondo con un’energia vitale contagiosa” e l’autore ne ripercorre il racconto con diversi episodi storici come le battaglie di Maratona e Salamina, che per la prima volta sancirono la nascita dell’Occidente.

L’evoluzione della cultura porta a riscoprire la narrazione di Erodoto: “Al di fuori del mondo accademico, la narrazione è di nuovo apprezzata, il talento letterario ammirato e appassionanti racconti storici sono consumati da un numero record di persone (…) Abbiamo fatto molta strada, ma abbiamo anche chiuso il cerchio. Gli storici possono non rendersene conto, ma Erodoto è tornato”.

L’uomo che inventò la storia è un libro ricco di sostanza, di stile, di umanità, di umorismo autoironico e di quel genere di cammei sessuali tanto cari a Erodoto (ragazze velate che si accoppiano con i loro fidanzati nei parcheggi del Cairo e i prezzi altissimi nella città per gli interventi di riparazione dell’imene).

Un viaggio in cui l’autore procede accompagnato dall’ispirazione e dallo stile di Erodoto, con una narrazione ricca di digressioni e dettagli, come quelli che hanno arricchito il racconto del padre della Storia.

Carlo Tortarolo

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PERCHÉ TUTTI  DOVREMMO LEGGERE ERODOTO

Chiunque può fare la storia. Soltanto un grand’uomo può scriverla.

Oscar Wilde, «Il critico come artista», Intenzioni (1891)1

COSÌ comincia

Erodoto di Alicarnasso illustra qui la sua indagine, in modo che le gesta umane non siano dimenticate nel tempo, e grandi e meravigliose imprese – alcune compiute dai Greci, altre dai Barbari – non restino senza gloria; e specialmente per mostrare perché i due popoli si fecero guerra.2

Eccola, la nascita della storia in un paragrafo. Poche parole, scritte nel V secolo a.C., con cui Erodoto definisce per la prima volta l’ardente interesse dell’umanità per il passato, un’ossessione mai più venuta meno. La sua missione, nobile quanto ambiziosa, è quella di registrare e spiegare ciò che fu prima, in modo che le conquiste gloriose e gli eventi degni di nota siano conservati nella memoria e non dimenticati, di dare un senso al cataclisma delle guerre persiane e cercare di capire perché i più deboli vinsero e i più potenti furono sconfitti, di esaminare, attraverso i suoi viaggi e le sue ricerche sul campo, lo scontro di culture e costumi tra il mondo greco e quello barbaro. Tecnicamente la storia verrà dopo, ma deriva dalla parola greca che Erodoto impiega qui: ἱστορíη o historie, indagine o investigazione.

Anche se all’università non mi sono mai imbattuto in Erodoto, vorrei averlo fatto. Abbastanza casualmente mi ritrovai a studiare storia a Cambridge all’inizio degli anni Novanta. Ero andato là a imparare l’arabo e il francese, ma mi stufai subito, ciondolai con l’inglese, le scienze sociali e politiche e mi dedicai con metodo, anche se senza successo, all’intero corpus delle discipline umanistiche, finché, dopo un breve flirt con la filosofia, uno sguardo scettico all’archeologia e all’antropologia e minacce di espulsione immediata, alla fine non mi rimase altro da studiare. Non avere il massimo dei voti di storia alla maturità non sembrava avere importanza. Per puro caso, il Gonville and Caius College era all’epoca la cosa più simile a una fucina di storia che il Paese possedesse.

Anno dopo anno il suo nastro trasportatore sfornava a getto continuo storici pronti a vestire il tweed del professore per battagliare con il passato. Alcuni di loro hanno raggiunto una grande prominenza, anche se al di fuori del mondo delle guglie sognanti3 e delle torri d’avorio sono sconosciuti. Altri, come Norman Stone, Quentin Skinner, Orlando Figes, Andrew Roberts, Simon Sebag Montefiore e Alain de Botton, sono diventati familiari a un pubblico più vasto (con l’inevitabile disappunto, e talvolta il bilioso disgusto degli accademici).

All’epoca non ci pensai due volte, ma nei tre anni successivi Erodoto, il padre della Storia, non si vedeva da nessuna parte nel mondo rinascimentale-con-un pizzico-di-splendore-gotico di Caius. Se fossi stato più attento, avrei potuto cogliere i riferimenti a lui tra le contumelie del classico di E. H. Carr, Che cos’è la storia? 4, e in quello elegantemente vitriolico di Geoffrey Elton, The Practice of History5, e capire perché.

Oscillando tra una materia e l’altra, in un gelido fine settimana di dicembre, mentre provavo con teologia, sull’orlo dell’umiliazione, andai a trovare Neil McKendrick, il leggendario capo della fucina di storia del Caius, un Bismarck dei giorni nostri (la storia era il suo impero) con un impressionante record di laureati al massimo dei voti. Forse valeva la pena di provare con la storia.

«Rischia di diventare uno zimbello» fece, appallottolando lentamente un foglio di carta tra le mani perfettamente curate.

Mi consegnò Carr ed Elton, quei giganti litigiosi della storia inglese, per incoraggiarmi a prendere una decisione. Se non l’avessi fatto, mi rammentò, la mia carriera universitaria sarebbe finita prima di cominciare.

«La storia è la sua ultima possibilità» mi disse.

Decisi su due piedi: la storia era il futuro.

1 Oscar Wilde, Il critico come artista, trad. Alessandro Ceni, Feltrinelli, Milano, 1995, 2010, p.55.

2 Erodoto, Storie, I, Mondadori, Fondazione Valla, Milano, 1989-2017, p. 7: «Questa è l’esposizione delle ricerche di Erodoto di Alicarnasso, perché gli eventi umani non svaniscano con il tempo e le imprese grandi e meravigliose, compiute sia dai Greci e sia dai barbari non restino senza fama; in particolare, per quale causa essi si fecero guerra».

3 L’espressione dreaming spires è normalmente riferita a Oxford ed è tratta dall’elegia di Matthew Arnold Thyrsis: A Monody, to Commemorate the Author’s Friend, Arthur Hugh Clough (1865), in New Poems, Macmillan and Co. 1867, p.73.

4 Eduard H. Carr, Sei lezioni sulla storia, trad. Carlo Ginzburg, Einaudi, Torino 1966.

5 Geoffrey Elton, The Practice of History, Fontana Press, London, 1967.

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