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Tommaso Agnese anteprima. Un uomo ordinario

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Un desiderio frustrato: “A loro dire ho una possibilità su mille di essere selezionato per un incredibile premio, basta solo rispondere alle successive domande. Guardo verso l’alto, sono sicuro che mia madre mi sta dicendo di chiuderla qui, di non strafare. Non devo dimostrare di essere quel tipo d’uomo che desidera più di quello che ha già”.

Nuove opportunità : “«Una volta anche io faceva piccola truffa». Scendiamo le scale. «Si guadagnava un cazzo. Guardie rompevano coglioni. Ora con hacker rumeni è tutta altra cosa. Ha visto come tara- tat-ta-ta? Truffe informatiche. Soldi senza fine. Ti ha detto Martina, no?».”

Momenti indimenticabili: “I nostri occhi si fissano. Le scende una lacrima. Poi sento le sue labbra che toccano le mie. Chiudo gli occhi. Ed è come un flash pieno di adrenalina, tutto quello che ho passato scorre alla velocità della luce e finisce in questo bacio che sobbalza il mio cuore, mi fa sentire vivo come mai lo sono stato, padrone della mia vita. Un minuto ed è come se tutto il mio dolore fosse scomparso. Tutta la mia frustrazione, svanita”.

È in libreria Un uomo ordinario di Tommaso Agnese (Affiori, Giulio Perrone editore 2024, pp. 176, € 20,00).

Tommaso Agnese è managing director della società internazionale di distribuzione cinematografica Direct to Digital e presidente del magazine cinematografico «Fabrique Du Cinéma». Ha pubblicato nel 2017 il suo primo romanzo Diario erotico di un cybernauta e nel 2021 Apocalisse di un Cybernauta.

Lino svolge la professione di analista in una grande banca, immerso nel suo lavoro fatto di cifre e algoritmi. Non ha compagni né familiari, è ipocondriaco e ossessionato dall’ordine e dalla pulizia. È un individuo trascurato, ignorato da tutti.

Un giorno, in seguito a una serie di eventi misteriosi e rocamboleschi, viene accusato di un grave omicidio. Così Lino si trova improvvisamente costretto a rivoluzionare completamente la sua esistenza per dimostrare la sua innocenza: diventa un “fuggitivo” determinato a scoprire la verità.

Con un ritmo incalzante e uno stile fluido, il romanzo si snoda, guidando il lettore attraverso le avventure di Lino, un bancario tranquillo che si trova improvvisamente coinvolto in una serie di eventi misteriosi e rischiosi.

Abbandonando la sua vita ordinaria, Lino si trova costretto a confrontarsi con dimensioni umane e criminali prima sconosciute.

Attraverso prove sempre più scioccanti, l’uomo riesce a emergere come protagonista della propria storia, conquistando la sicurezza in sé stesso.

Carlo Tortarolo

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La luce accecante dei raggi solari mi risveglia da un sonno profondo. È pieno giorno, apro gli occhi, mi fa male la testa. Mi trovo seduto dentro la Porsche 911 turbo. Abbasso il finestrino, intorno a me il nulla. Una strada sterrata, sabbia e sassi. Come sono finito qui? 

Non ne ho idea. La testa continua a pulsare, deve essere la sbronza che mi sono preso. Non ricordo nulla. Ho un vuoto. Una grande confusione. Provo ad accendere la macchina, ma niente, non parte. Sono in ansia, non mi succede mai di perdere il controllo. Di andare fuori dalle righe, di trasgredire. L’unica volta è stata forse quando dei bulli a quindici anni mi hanno costretto a rubare una birra al supermercato. Quel giorno le presi da tutti, i bulli, il gestore del supermercato e mia madre. 

Apro la portiera, esco. Cerco di sgranchirmi le gambe, di realizzare qualcosa. Giro attorno all’automobile. Ha una gomma a terra, sembra che io abbia fatto una sterzata uscendo fuori strada. Ma come ho fatto? Devo chiamare aiuto, un carroattrezzi, non so, qualcuno. Prendo il cellulare, ma non c’è campo. 

Dove sono finito? 

Cammino avanti e indietro, devo tornare a casa. Mi faranno una nota di demerito per questo. Che figura. Non oso pensare il mio ritorno in ufficio. Sempre che non mi abbiano già licenziato… 

Devo sostituire la ruota, ma come si fa? Non so neanche da dove iniziare. Rientro in auto, apro il ripiano nel cruscotto, cerco delle istruzioni, ma niente, vuoto. Dove sta la ruota di scorta? Ci sarà una ruota di scorta? Il portabagagli, devo aprilo, ma da dove? Mi guardo in giro, vicino al volante, in basso, ecco c’è un pulsante con il simbolo del cofano. Non è così difficile allora. Lo spingo. Sento un tonfo metallico. Si è sbloccato. Esco, sto sudando, fa caldo, non sono abituato a queste cose, non sono abituato ad avere una vita movimentata. Mi maledico per essere andato alla festa, avrei dovuto essere più umile, ringraziare per il premio e declinare l’invito. Mamma ha sempre ragione. Devo stare al mio posto. 

Ho una fitta alla testa. 

Mi appoggio al portabagagli per sorreggermi, poi ci infilo le dita dentro e lo sollevo. Quello che vedo davanti a me è uno spettacolo raccapricciante. Mi lascia immobile a bocca aperta, folgorato. C’è qualcosa al posto della ruota, qualcosa che mi toglie il fiato, che mi fa sudare freddo. È un corpo. Un corpo umano. Lacerato, torturato, pieno di sangue, morto. Un cadavere. 

Richiudo. 

Mi manca l’aria. Vomito. Forse è solo un’allucinazione. È tutto uno stupido incubo. Mi faccio forza. Dev’essere colpa della sbornia. Asciugo il viso dal sudore e riapro il portabagagli. Il corpo è ancora lì, immobile, senza vita. Un vero cadavere. Sono paralizzato, non riesco a togliergli gli occhi di dosso. 

E poi lo riconosco. 

Quel corpo martoriato e ricoperto di sangue è quello del dott. Carlo Ridolfi, l’amministratore delegato della mia banca. Il capo di tutto, chiuso nel portabagagli in una smorfia di dolore. Cado a terra. Non respiro. Un attacco di panico. Come è possibile? Come è possibile tutto questo? Io… non ho parole, mio Dio! 

Improvvisamente la mia attenzione si sposta sulle mie mani e poi sulla mia camicia, sono sporche di sangue. Come ho fatto a non accorgermene? 

Ma io non sono ferito. 

Quello non è il mio sangue. Ho i brividi. Devo fare qualcosa, devo chiamare aiuto, la polizia, qualcuno. Mi alzo in piedi con le energie residue. Intorno a me non c’è nulla, ma forse lì in fondo a qualche chilometro c’è una pompa di benzina. Lo spero. Mi rinsavisco, riesco a mettere un passo davanti all’altro e m’incammino. Ma c’è ancora qualcosa che distoglie la mia attenzione. È nella mia tasca, un oggetto appuntito, metallico. Infilo una mano. Un coltello a serramanico. Un coltello insanguinato. Inciampo. Cado a terra. Non riesco a tenere in mano quell’oggetto orribile, è come se fosse bollente, se ustionasse i miei palmi, le mie dita. Lo getto tra i cespugli. Via! Le mani continuano a tremare. Cerco di rialzarmi, ci riesco, ma il cuore batte troppo forte, mi sento morire. Cosa ho fatto ieri notte? Non voglio pensarci, non voglio pensare a niente. Vorrei solo tornare a casa, pulirmi, disinfettarmi. Corro. Corro più veloce che posso. 

Ora la vedo chiaramente, è una stazione di servizio. Arrivo con il fiatone, sudato, contratto. È un self-service, per fortuna o per sfortuna non c’è nessuno. Sul retro una cabina telefonica. C’è anche scritto il nome della strada. Penso a quali numeri potrei chiamare. Dovrei telefonare alla polizia. Inizio a comporre il numero, ma cambio idea, chiamo un taxi. Mi stringo la giacca dello smoking sul petto per coprire le macchie di sangue e aspetto. 

Sì, un taxi è meglio.

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