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Kenneth Goldsmith, CTRL + C CTRL + V (scrittura non creativa)

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Kenneth Goldsmith, CTRL + C CTRL + V (scrittura non creativa)

Esiste il blocco dello scrittore? Per Kenneth Goldsmith, poeta, artista concettuale, docente di scrittura alla Penn University e inventore del più grande bacino di poesia sonora, concreta e visuale (Ubu Web), la risposta è: no. In CTRL + C CTRL + V (scrittura non creativa), uscito a luglio di quest’anno per le Edizioni Nero, con la traduzione di Valerio Manucci, Goldsmith propone un saggio che si situa tra il manuale dello scrittore nel XXI secolo, con gli strumenti che il Web offre, e una controstoria delle esperienze più borderline della poesia e prosa del secondo Novecento.

Esperienze come situazionismo, concretismo, arte concettuale, Fluxus, pop art, iperrealismo, hanno fatto confluire lo scarto, il lapsus, il quotidiano, l’assurdo nella lingua e fatto della lingua scritta e parlata un espediente materico, una macchina per l’officina artistica e contemporaneamente l’oggetto stesso di lavorazione. Nei saggi o manuali che affrontano la scrittura poetica (la scrittura tout court?), esperienze del genere sono relegate, quando ci sono – quasi mai, nelle bibliografie. Goldsmith invece prende queste correnti artistiche per insegnarci a riutilizzarle, per remixare testi e farne strumenti compostivi.

E se l’avvento della fotografia ha per sempre cambiato il corso della pittura e dell’arte, come può l’ingerenza del Web, che ha rivoluzionato le nostre esistenze e il mondo, non cambiare radicalmente la struttura del testo poetico? Se lo domanda, Goldsmith.

E lo fa stilando una carrellata di link di che toccano la fotografia di Matt Siber, il concetto architettonico di junkspace di Koolhas (uscito in Italia per Quodlibet, nel 2011), il mash up, Warhol e LeWitt, la programmazione dei siti, il riuso di documenti processuali in casi di pedofilia e stupro di Vanessa Place, il movimento Flarf.

Quest’ultimo, in Italia, è stato diffuso dal gruppo di poeti sperimentali in gammm.org, che hanno pubblicato anche materiali di uno dei fondatori di Flarf, K. Silem Mohammad. Ma a leggere la quasi totalità dei libri poetici usciti negli ultimi dieci anni, pare che procedure simili non abbiano inciso nel tessuto poetico. Non hanno fatto scuola, si direbbe. Forse per un pubblico di lettori troppo attaccato a un’idea di “sperimentale” come difficile e autocelebrativa; o semplicemente per una comunità di scrittori collegata ancora a un’idea classica.

Il saggio di Goldsmith riesce a scardinare entrambe le tesi. Offrendo più che soluzioni, ispirazioni, idee, entusiasmo. Immergendomi, mi accorgo che non è mai stato così semplice entrare nelle più astruse sperimentazioni artistiche. Pure quando assume toni provocatori, Goldsmith lo fa giocando e invitando il lettore e “detournare” tutte le convinzioni sull’arte e la scrittura, per stravolgere le regole del gioco. Continuando a giocare.

Ho iniziato facendo una domanda: esiste il blocco dello scrittore? Goldsmith risponde: con tutto quello che c’è da ricopiare, da articoli del New York Times, alla riscrittura di On the road di Kerouac, proprio no. In quella che può sembrare una boutade eccentrica, si trova il segreto di centinaia di anni di letteratura. Cosa facevano gli scrittori prima dell’avvento della stampa? Riscrivevano libri, i grandi, i classici, per riuscire a possederli, visto il costo dei libri, all’epoca. Se volete entrare davvero in un testo, riscrivetelo, ricopiatelo.

L’ho fatto per lunghi periodi anch’io, soprattutto con la Trilogia della città di K. della Kristof (per asciugare la mia scrittura) e con Works di Vitaliano Trevisan (per la bellezza e l’eleganza di alcuni periodi).

La scrittura contemporanea, secondo Goldsmith, «richiede l’esperienza di una segretaria unita alla mentalità del pirata: replicare, organizzare, moltiplicare, archiviare e ristampare, si uniscono a inclinazioni più clandestine come la copia illegale, il saccheggio, l’accumulazione il file sharing».

Ciò che ci chiede un manuale di scrittura è un posto di rilievo, ben visibile nella nostra biblioteca, perché sappiamo di doverlo riprendere in mano molto spesso e indagare quell’autore ancora sconosciuto in Italia o quel procedimento che può tornare utile per realizzare un’idea. Ciò che gli chiediamo è di dilatare il perimetro del linguaggio, infoltire le possibilità della parola e fare di oggetti impensabili, strumenti del dire. Ma questo libro non è solo per scrittori o aspiranti tali. CTRL+C CTRL+V si rivela nelle sue 270 pagine una miniera di link e un’officina per chiunque voglia perdersi e girare, come un bambino entusiasta, nelle giostre della scrittura sperimentale degli ultimi cento anni. E lì inizia il gioco.

Kenneth Goldsmith, CTRL + C CTRL + V (scrittura non creativa). Articolo di Julian Zhara nell’ambito della nuova rubrica a sua cura intitolata “Clinch”.

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