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Marcello Simoni anteprima. Morte nel chiostro

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La voce di un bestiario: “Il pavone è un animale caldo e umido, lesse avidamente. Come conseguenza di ciò, esso manifesta un temperamento fiero, astuto e violento che sfocia nella tortuosità immorale del maschio, uso a distruggere le uova della sua compagna. La sua carne ha un cattivo sapore e nuoce agli infermi”.

Il germe della disobbedienza: “Erano molti i divieti da rispettare, nel monastero di San Lazzaro. Divieti di vario genere, che andavano dal semplice tenere i capelli lunghi sotto il velo al cadere addormentate durante l’ascolto delle sacre letture. Dal mostrarsi superbe con le consorelle al turbare la quiete fra le mura del claustro. Engilberta trasgredì forse a uno dei più gravi. Violare i sacri confini del claustro”.

Insegnamenti mistici antichi: “Esicasmo, dal greco hesychia, ‘quiete’,” snocciolò l’interpellata. “È la pratica della preghiera continua e silenziosa tramandata dai Padri del Deserto per entrare in perfetta comunione con Dio.”

È in libreria Morte nel chiostro di Marcello Simoni, (La nave di Teseo 2024, pp. 352, € 20).

Marcello Simoni, già archeologo e bibliotecario, ma anche prolifico scrittore culto di thriller storici, è vincitore del 60° Premio Bancarella nel 2012 con Il mercante di libri maledetti e autore acclamato di bestseller tra cui la trilogia Codice Millenarius Saga e la Secretum Saga.

Mentre a Ferrara si svolgono i riti funebri solenni per il defunto papa Urbano III, fuori città nel tranquillo chiostro femminile di San Lazzaro, viene rinvenuto il corpo di una monaca impiccata. A prima vista, sembrerebbe essere suicidio. Ma due consorelle nutrono dubbi sulla natura dietro questo tragico evento, sospettando che un oscuro intreccio si celi al di là delle mura del loro cenobio. La prima è la badessa Engilberta di Villers, la seconda è una novizia, Beatrice de’ Marcheselli, giovane vedova che ha intrapreso la vita monastica dopo la perdita del marito.

Nel corso di un’indagine serrata, svoltasi nell’arco di una singola giornata, con l’arrivo di misteriosi visitatori e le complessità di una vita comunitaria fatta di inganni, rivalità e menzogne, le due monache scopriranno un inaspettato legame tra la morte della loro consorella e il furto di una preziosa reliquia, sottratta dai forzieri del papa proprio nel giorno della sua dipartita. Una reliquia che sembra aver lasciato dietro di sé una scia di enigmi e delitti.

Nel monastero non manca l’amore proibito: “Un uomo e una donna premuti uno addosso all’altra, contro una parete. Lei gemeva con gli occhi socchiusi, in uno stato di compiaciuta sottomissione, mentre lui le allargava lo scollo dell’abito per accarezzarle i seni.”

Un romanzo avvincente e scorrevole che conquista l’attenzione del lettore attraverso i continui indizi che le protagoniste raccolgono nell’indagine. Un libro che ci riporta alle atmosfere dei monasteri medievali femminili, affrontando i temi dell’omicidio, dell’eresia, dell’amore e dei cambiamenti in seno alla Chiesa, ai tempi della caduta di Gerusalemme.

Uno scorcio sulla vita, la società e lo spirito medievale che a fianco dei consueti peccati ci invita anche a riscoprire le virtù.

Carlo Tortarolo

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Anno Domini 1187, 21 ottobre Città di Ferrara

Simile a un gregge raccolto intorno alla cattedrale, il popolo teneva i suoi mille occhi puntati sul maestoso carro funebre trainato da quattro giumente. Il mattino era freddo, immerso in una foschia talmente cupa da smorzare i bagliori del corteo che, con cerimoniale lentezza, seguiva il catafalco verso il grande edificio. Un corteo interminabile, formato da religiosi di ogni ordine e grado, ognuno intento a reggere fiaccole o turiboli mentre snocciolava a capo chino i versetti del requiem.

I tre uomini osservavano la scena da lontano, oltre la marea di berretti e cappucci confluita nella piazza ancor prima dell’alba. Appostati sotto l’arco di un porticato, se ne stavano avvolti nei loro abiti da pellegrini con l’aria ieratica di tre re magi giunti da lontano per assistere al verificarsi di una profezia.

Chi avrebbe potuto immaginarlo,” esordì il più giovane di loro, lasciando trapelare una nota di cordoglio.

L’anziano del gruppo fece uscire una mano dalle pieghe della cappa e strinse la piccola icona sacra che portava appesa al collo. “Se solo avessimo prestato la dovuta attenzione a certi segni…”

Quali segni?” ribatté il terzo individuo, un uomo di età matura dalla folta barba corvina.

Forse,” rivelò il vegliardo, “il male che ha spezzato la vita di sua santità non era di origine naturale.”

Non insinuerete per caso…” fremette il giovane.

Osservateli,” lo interruppe l’anziano. “Osservateli con attenzione.”

Stava indicando la testa del corteo, in mezzo alla quale, a dispetto della caligine, spiccavano una ventina di prelati avvolti dalla porpora cardinalizia.

Coloro che con tanta leggerezza state accusando,” gli rammentò il pellegrino dalla barba corvina, “appartengono alla cerchia ristretta del pontefice. Perché mai uno di loro avrebbe dovuto complottare a suo danno?”

Guardate il cistercense,” si limitò a rispondere l’anziano, puntando un dito verso una figura curva e macilenta che si trascinava con un vincastro di legno al seguito del carro.

È Enrico di Marcy, cardinale vescovo di Albano,” dichiarò l’uomo, come se ciò bastasse a fugare ogni sospetto. “Ebbene?”

Ebbene, non ve ne siete accorto?” lo incalzò l’anziano. “Sta ridendo!”

Ma in nome di Dio…” intervenne il giovane, “come possono, i vostri stanchi occhi, scorgere l’espressione di una persona da questa distanza?”

Ride, vi dico! Ride!” rimarcò il vecchio, mentre si aggrappava smaniosamente alla piccola icona. “Proprio come il suo degno compare, lo sciacallo dalla barbetta a punta che gli cammina alle spalle.”

Alludeva a Guglielmo di Champagne, meglio noto come Guglielmo dalle Bianche Mani. Colui che, prima di mirare alla porpora cardinalizia, aveva occupato il soglio vescovile di Chartres e di Reims.

Anziché esprimere commenti, l’uomo dalla barba corvina spostò l’attenzione sul carro funebre, ormai in procinto di fermarsi davanti alla facciata della cattedrale mentre la processione si apriva a poco a poco in due ali, per avvolgerlo. “Quindi, a vostro parere,” riprese con una punta di esitazione, “papa Urbano iii sarebbe stato ucciso da due principi della chiesa?”

Avvelenato,” precisò l’anziano. “L’hanno avvelenato.” “Non ha alcun senso,” obiettò il giovane.

Oh, ce l’ha invece!” sentenziò il vecchio. “E, ahimè, questo coinvolge tutti noi.”

I due compagni lo fissarono sgomenti.

Proprio così, amici miei. Riguarda la reliquia,” confermò l’anziano, sempre più cupo. “L’hanno rubata,” soggiunse, mentre le campane iniziavano a riempire l’aria coi loro lugubri rintocchi. “Poco prima che sua santità esalasse l’ultimo respiro, qualcuno ha aperto il forziere e l’ha portata via.”

Dopodiché, sprofondato in un improvviso mutismo, rivolse un riverente cenno di saluto al sarcofago che veniva sollevato dal carro per essere trasportato all’interno della cattedrale.

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