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Nicola Campogrande anteprima. Storia della musica classica

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Paganini: “La sua musica ha quasi sempre come protagonista il violino. Ma, grazie al suo eccezionale talento come esecutore, Paganini non si limita a scrivere per questo strumento seguendo le consuetudini: nei suoi brani utilizza soluzioni che cambiano per sempre il limite di cosa con il violino si può o non si può fare”.

Non solo bugie: “La frottola è una forma musicale di origine popolare, sviluppata nel Nord Italia grazie alla predilezione dimostratale da Isabella d’Este, una nobile mecenate straordinariamente attiva in ambito culturale”.

Valorizzare chi suona: “Scrivendo le proprie Sonate per violino e pianoforte, Beethoven faceva in modo che entrambi i musicisti avessero momenti in cui si mettevano in luce, suonando le linee più importanti, e altri nei quali accompagnavano il proprio collega”.

È in libreria Storia della musica classica di Nicola Campogrande (Ponte alle Grazie 2024, pp. 320, € 18,00).

Nicola Campogrande, è un compositore italiano. La sua musica è eseguita da rinomati interpreti internazionali, pubblicata da Breitkopf Härtel e presente in trentacinque album. Conduce trasmissioni musicali su Rai Radio3 dal 1998 e su Classica HD dal 2013. Ha collaborato con “La Lettura”, supplemento del Corriere della Sera, ed è stato direttore artistico del festival MITO SettembreMusica dal 2016 al 2023. Autore di diversi libri tra cui “Occhio alle orecchie” (Ponte alle Grazie, 2015; Tea, 2018) e “Capire la musica classica ragionando da compositori” (Ponte alle Grazie, 2020; Tea, 2022). Ha anche curato corsi di musica per la scuola media, tra cui “Musica e amore” (2009) e “Prima la musica!” (2022).

Da tempi antichi fino all’era moderna, l’autore traccia un percorso musicale che abbraccia diverse epoche e stili, dalla musica gregoriana alla contemporanea. Attraverso una prospettiva accessibile e attuale, offre una visione panoramica della storia della musica, arricchita da QR code che consentono di ascoltare i brani citati, creando così un’esperienza di lettura immersiva e coinvolgente.

Esplorando la storia, il contesto e le radici della musica, questo libro offre un nuovo modo di avvicinarsi ad essa. Acquisire tale conoscenza arricchisce la nostra esperienza musicale, aggiungendo dimensioni più articolate e consapevoli.

Questo anche grazie a riflessioni e approfondimenti: “Mozart compose i suoi cinque Concerti per violino e orchestra uno dietro l’altro, a soli diciannove anni; e diede vita a cinque capolavori”.

Il libro ci aiuta a comprendere l’origine e l’evoluzione delle forme musicali, la grammatica di un’epoca e come viene sovvertita, oppure a distinguere diverse tecniche, stili e linguaggi.

In sintesi, è uno strumento utile a orientarsi nella materia, per esplorare i compositori e le loro opere e comprendere l’importanza che hanno avuto.

Carlo Tortarolo

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Le cose andarono così. Filippo il Bello, re di Francia, riuscì a far eleggere un papa francese, Clemente V. Che era cagionevole di salute e, anziché scendere a Roma, nel 1309 stabilì la propria sede ad Avignone, nel Sud della Francia. Così gli artisti che speravano di guadagnarsi da vivere grazie alle commissioni della Chiesa, e che di solito affollavano Roma, si ritrovarono tutti in Francia; e in Francia arrivarono anche molti musicisti dall’Europa del Nord, eccitati dalle nuove prospettive che sembravano aprirsi.

La concentrazione di cervelli fece sì che si risolvesse finalmente un problema di vecchia data: come scrivere la durata delle note. Fino a quel momento, infatti, si era stati capaci di fissare sulla carta soltanto l’andamento melodico di un brano, ma non il suo sviluppo nel tempo; e dunque era impossibile comporre partiture che contenessero più voci intrecciate in modo complesso, perché non si sapeva come fare per indicare quello che ciascuno doveva cantare nei diversi momenti di un pezzo.

Poter inventare musica a più voci, cioè musica davvero polifonica, spalancò le porte a un mondo del tutto nuovo. Molto più ricco. E la stessa figura professionale del compositore, un artista che ora era in grado di gestire i diversi strati di una partitura, cominciò a essere riconosciuta proprio in quel momento. Non a caso, prima del Trecento i nomi dei compositori non venivano nemmeno tramandati; mentre, dalla nascita della polifonia, si cominciò a scrivere il loro nome sui libri e sulle raccolte di brani.

Uno dei primi compositori dei quali conosciamo il nome è Guillaume de Machaut (1300-1377), che compone per lo più musica profana ma che, verso la fine della propria vita, scrive la meravigliosa Messe di Nostre Dame, una messa a quattro voci, nella quale riesce a fondere la ricchezza di ogni singola linea melodica con un intreccio polifonico formidabile.

Per rendersene conto vale la pena ascoltare il Kyrie.

LA MUSICA DEL MEDIOEVO

La musica sacra: il canto gregoriano e l’Ars antiqua

Si era sempre cantato quando si pregava. Lo faceva il popolo ebraico, molti secoli prima, e nell’Alto Medioevo continua a farlo la Chiesa cristiana, che prevede siano intonati i testi fondamentali della liturgia, tratti per lo più dalla Bibbia e tradotti in latino. Li si canta su melodie semplici, lineari, così da rendere intenso il significato delle parole senza distrarre il fedele; e fatalmente, in un mondo nel quale le distanze geografiche sono ostacoli reali, le melodie delle diverse aree sono diversissime le une dalle altre. Tra il vi e il ix secolo, però, le vicende storiche fanno sì che tradizioni liturgiche molto lontane vengano riunite; e, su spinta del papato, i diversi riti si adeguano a quello romano. Nasce così il canto gregoriano, dal nome di Gregorio i Magno, il cui papato dura dal 590 al 604, al quale viene efficacemente attribuito il merito di questa unificazione così da sottolinearne l’importanza.

Benché intonato in gruppo, il canto gregoriano – di solito affidato alle voci maschili, ma presente anche nella pratica di alcuni monasteri femminili – è un canto monodico, in cui tutte le voci eseguono la stessa melodia, senza accompagnamento. Alcuni brani più semplici sono in stile sillabico e dunque a ogni sillaba del testo corrisponde una sola nota, come ad esempio in Al-le-lu-ja. Altri sono in stile melismatico e in quei casi per cantare una stessa sillaba del testo si possono impiegare anche quaranta note: A-a-a-a-a-a-al e poi le-ee- e-e-e-e e poi lu-u-u-u-u-u-u ecc.

Ora, data la ricchezza delle possibilità combinatorie, per aiutare i cantori a ricordare le melodie i canti vengono organizzati in otto modi ecclesiastici, ognuno caratterizzato da una diversa disposizione di toni e semitoni all’interno della scala – non esistevano ancora i moderni concetti di maggiore e di minore. Questo sistema si rivela a lungo efficace, e nelle cattedrali il canto viene affidato al celebrante ma anche ai fedeli, che partecipano tutti insieme. Con il passare del tempo, però, l’esecuzione diventa sempre più complessa. Così, prima a Roma e poi in ogni grande centro religioso europeo, viene fondata una schola cantorum, un coro che si dedica a studiare e a imparare a memoria un repertorio liturgico sempre più articolato.

E proprio in una cattedrale, quella di Notre-Dame a Parigi, dove è attivo un coro di grande fama e altissima qualità, intorno al XXI secolo la Storia della musica classica sperimenta una rivoluzione, che consiste nell’aggiungere alla melodia gregoriana (chiamata cantus firmus) un’altra melodia: è una linea nuova, che in un primo momento segue l’andamento della melodia originaria ma che a poco a poco diventa più elaborata, anche dal punto di vista ritmico, conquistando una propria autonomia. È in questo modo che nasce una prima forma di polifonia, l’utilizzo contemporaneo di più melodie diverse; e per certi versi è così, con questo gesto di moltiplicazione, che comincia la vicenda della musica così come siamo abituati a pensarla in Occidente, come sovrapposizione di linee – e ancora oggi le app musicali per registrare un brano pop o rock, sono concepite per gestire una stratificazione di tracce differenti: da quella della voce a quelle della chitarra, del basso, della batteria ecc. La si è definita Ars antiqua e ha avuto come icone Léonin e Pérotin (talvolta italianizzati come Leonino e Perotino), i più importanti maestri della ‘scuola di Notre Dame’: sono compositori ai quali ogni musicista ancora oggi dovrebbe innalzare almeno un altarino.

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