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Nicola Brami. Melinoe vestita di zafferano

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Melinoe, dea “minore” della mitologia greca, divinità estremamente affascinante ma spesso passata in secondo piano rispetto a entità più blasonate è figura cardine del romanzo d’esordio di Nicola Brami. Ninfa ​portatrice di incubi e follie che superano la barriera della razionalità umana, in questa trama dalle molteplici atmosfere, si fa portavoce di pratiche mistiche ed esoteriche atte a varcare la sottile soglia tra la vita e la morte.

Storia dai numerosi riferimenti religiosi, letterari e cinematografici, questa Melinoe vestita di zafferano, romanzo caleidoscopico impossibile da contenere in un singolo genere narrativo, scandaglia le pratiche della meditazione trascendentale per portarci nelle zona d’ombra di una vicenda familiare marchiata da un tragico incidente che ne condannerà per sempre il fragile l’equilibrio.

«…avevo raccolto materiale a sufficienza per mettere in discussione la mia idea del mondo: se la mia interiorità poteva influenzare la realtà, che rapporto c’era, davvero, tra le due? E quali meccaniche lo determinavano? Come chiunque, ero cresciuto nella convinzione che il fuori fosse separato dal dentro. La scoperta, o comunque il fondato sospetto, che così non era fu un’intensa esperienza spirituale e intellettuale. Il mondo non era come l’avevo sempre percepito, le leggi che lo governavano erano nuove e tutte da scoprire.»

Un dittico di silhouette riflesse in copertina rimanda a una duplicità concettuale che ritorna più volte nel corso dell’articolata narrazione: dai piani temporali (passato, presente) alle figure protagoniste, Enea e il fratello Nicola, che ritroviamo in apertura a sfidarsi in un’affiatata partita di tennis in cui il campo stesso, con i suoi confini e le aree di battuta, viene sapientemente ripreso e utilizzato dall’autore come metafora universale dell’intera vicenda.

Enea è un insegnante di matematica la cui vita sentimentale con la compagna Lorna sta volgendo al termine, come non bastasse, in questo periodo di incertezze e fragilità esistenziali, la recente notizia del cancro diagnosticato al fratello non fa che minare le fondamenta di una quotidianità in cui l’unico appiglio ormai appare la passione per la disciplina sportiva. Il colpo di grazia definitivo arriverà però da un’improvvisa chiamata in cui il protagonista si troverà a parlare con un individuo che sostiene di essere lui stesso. Inizialmente Enea relegherà l’evento a uno scherzo di cattivo gusto, nonostante voce e intonazione appaiono le sue, così come il modo di reagire alle domande ma le apparizioni di questo fantomatico “doppio” inizieranno a moltiplicarsi nei giorni, dando vita a una sequenza sempre più inquietante di situazioni in cui l’identità e l’esistenza stessa del nostro verrà messa sempre più in discussione.

«Riflettei su cosa significasse perdere la ragione. Ero portato a credere che la maggioranza di coloro che soffrivano di turbe mentali vivesse, con frequenza variabile, dei momenti di consapevolezza, e immaginavo si potesse intuire la propria condizione grazie all’incostanza di certe emozioni o del proprio ragionare, ma in verità non ne sapevo nulla.»

La comparsa di Melinoe e la conseguente rivelazione di un rito esoterico a cui tempo addietro parteciparono il fratello, la compagna e un gruppo di amici universitari aprirà nuovi squarci interpretativi sulla nostra concezione di mondo “reale”: stando a quanto dice la ragazza infatti esisterebbero tre mondi (quello degli uomini, quello degli Dei e quello dei morti) i cui varchi possono essere superati attraverso pratiche di meditazione collettiva in grado di canalizzare e amplificate le energie dei singoli individui.

Alternando sequenze temporali passate e presenti, l’intreccio imbastito da Brami si rafforza nell’incedere costante di una prosa lucida e concisa. L’utilizzo di una semantica sempre consapevole e funzionale permette all’autore di giocare con il genere mantenendo costantemente un approccio “pop” ed evitando lungaggini didascaliche che ne avrebbero appesantito lo sviluppo.

Dal cimitero vivente kinghiano agli sdoppiamenti esistenziali presenti nella graphic novel di Timothé le Boucher (I giorni che scompaiono – BAO Publishing), agli sliding doors cinematografici più o meno onirici e conosciuti, i riferimenti sono molteplici e piazzati con dovizia di cognizione a partire da quel fantomatico manoscritto intitolato Doppio misto il cui campo di gioco minaccia di inghiottire l’intera esistenza di una famiglia.

«Mi chiesi come avrei reagito trovandomi faccia a faccia con me stesso, cosa avrebbero fatto gli altri, se sarei stato in grado di convincerli che quello vero ero io. La realtà era fin troppo simile a certe scene viste in commedie e film dell’orrore. Per una volta avrei dovuto fidarmi della mia avventatezza, se mai ne avevo posseduta, perché ogni dubbio mi avrebbe fatto vacillare.»

Senza preoccuparsi troppo di varcare i confini tra reale e soprannaturale, Brami compie un’indagine attuale e godibile sulla dualità dell’individuo, sul ruolo del tempo all’interno di una vita e una famiglia spaccata dal lutto, incentrandosi su quella testardaggine, profondamente umana, di voler cambiare il corso degli eventi senza curarsi delle fatalità che questo Domino si porta appresso: che si tratti di un patto col diavolo o con una divinità capricciosa poco importa, una volta scesi in campo, non resta che giocare il set completo.

Stefano Bonazzi

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Melinoe vestita di zafferano

Nicola Brami

Atlantide

18,50 euro — 320 pagine

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