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Per una pittura narrante

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Non possiamo parlare di pura narrazione senza una problematica di fondo, così nella pittura non possiamo parlare di mera rappresentazione senza un tentativo di risposta, viva e attiva, a ciò che di esistenziale non ci dà tregua.
Quindi la pittura avente una matrice narrativo-letteraria costituisce un modello di poeticità in cui l’interrogazione è sempre manifesta, così la soluzione che l’artista propone: vera poesia è quella che si nutre di immaginazione e di idee, di segni e campiture di colore che contengono una visione vasta e smisurata del mondo e di riflessione che  incrocia le coordinate del fantastico e dei sentimenti.
Del resto la lirica scioglie qualsiasi nodo nel travaglio incandescente della sintesi di immaginazione, cultura e  intellezione.
Questa sintesi è la pittura che di solito ha di base il metafisico. Infatti il progresso artistico non può che essere provocato da un procedere di ordine filosofico, cioè da una maggiore consapevolezza degli strumenti critici e linguistici e dal loro uso nel gesto della creazione.
La pittura che ha come matrice la metafisica non deve, però, venire fruita nel senso statico di una verità trascendente, acquisita passivamente per intuizione immediata, ma in un aspetto dinamico di costruzione sempre in divenire, in cui il rappresentato è continuamente alimentato e trasfigurato da un’immagine dominante e aperta al trascendimento dei dati sensibili.
Perciò la pittura che ha matrice metafisica è la riscoperta di un’arte pittorica, cioè di una pittura che abbia consapevolezza critica del suo linguaggio, della sua capacità comunicativa e del suo carattere filosofico-ontologico, giacché, in ultima analisi, la pittura che sviluppa questa linea d’azione sta a significare svolgimento pieno e integrale dell’Essere nelle varie dimensioni e disposizioni.
Secondo gli artisti in cui la metafisica è ancora il  centro della ricerca, dove non c’è incontro tra mediatezza e immediatezza non vi può essere pittura, né complessità e circolarità di ricchezza culturale e morale. Quindi la pittura non è opera di romantici primitivi, ma di riflessione critica sul materiale “primitivo”, perciò azione di fusione della ricchezza sentimentale nel trascendimento universale dei simboli e delle immagini.
Si tratta quindi di riattivare una nuova forma di classicismo nello stile e nei contenuti, seppure con pennellate decise. Infatti l’improvvisazione pittorica è diventata moda per spiriti facili, non adeguatamente supportati dalla robustezza dovuta alla tradizione artistica e da prudenza antidilettantistica, come neppure si può abbandonare l’idea romantica di “pittura trascendentale” teorizzata da poeti quali Schelling, Novalis e F.Schlegel.
L’arte di chi affronta questa strada è fatica umana incorporata nel prodotto lirico. Non esiste “ispirazione” senza costruzione. Non a caso la pittura nasce da un animo capace di innervare sentimenti e idee, nella unità dialettica di finito-infinito e di immanenza- trascendenza:  essa non è la prima operazione della mente umana, come pensano certi interpreti del filosofo Vico, ma l’ultima e più sofisticata operazione dello spirito, in quanto ha bisogno di metafisica per superare sensi e passioni e di prolungata riflessione per raffreddare le emozioni e renderle quasi un corpo solo con la robustezza concettuale.
Perciò mi trovano d’accordo coloro che affermano che una certa circolarità della pittura è della stessa sostanza della circolarità della vita spirituale, dove si concentrano, ai sommi gradi, pensiero, cultura, intuizione e linguaggio. Quindi la pittura, intesa in questa accezione, esprime il massimo volume di speculazione filosofica, di immaginazione sentimentale e di elaborazione culturale e linguistica, ed è anche il luogo di libertà nella sempre fresca produzione e documentazione dello spirito.
Non scordiamoci che le opere dei grandi pittori lirici non sono il semplice prorompere di un intenso sentimento, ma rivelano organicità, continuità e profondità di sguardo.
Una tale concezione dell’affrontare l’opera porta il dipingere a un’altezza superiore, gli dà una dignità che, altrimenti, non avrebbe, lo rende più nobile anche in un mondo di volgarità come quello attuale.
In questo modo la configurazione estetica si compie allorché il linguaggio ordinario si trasforma in espressione poetica, cioè in immagine piena, che è logos potenziato, concentrato, rinvigorito e riformulato.
La forma compiuta dell’arte ricostruisce e riorganizza le situazioni della vita, proiettandole nell’universalità della struttura percepita e rappresentata.
Non a caso nella pittura di matrice lirico-metafisica si deve avvertire la “rinascita” del logos rivestito di significati profondi ed essenziali e alimentato da un linguaggio rievocativo. La nostalgia del pittore lirico, nel significato intimo delle sue raffigurazioni, riappare esteriorizzata nelle forme e nei valori linguistici del colore e delle atmosfere; ma ciò che fornisce consistenza alla sua creazione-narrazione è pur sempre la valenza metafisica della conoscenza  che si unisce con  l’immagine simbolica della realtà. L’arte è perciò un continuo entrare nel mondo e un fuoriuscire dallo stesso: una rappresentazione che supera i dati empirici e penetra nella misteriosa profondità del reale in cui la visione si disappanna e prosciuga tutti i particolari insignificanti e infecondi, raggiungendo la massima sintesi.

Gian Ruggero Manzoni

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