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Un cantautore vende un mondo. Intervista a Francesco Baccini II

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Dal punto di vista musicale qual è il tuo tipo di sperimentazione?

Ogni artista ai miei tempi aveva il suo vestito musicale ogni cantautore aveva la sua impronta e tu lo conoscevi alla prima nota e quindi la sperimentazione è stata quella di trovare il mio vestito. Ho provato molte volte per avere una mia cifra stilistica che non mi confondesse con qualcun altro e credo che sia una cosa importante per un’artista. Quindi fin dall’inizio lavoravo per avere un mio modo di cantare e suonare. Stavo ore a suonare al piano per trovare un modo di cantare che fosse il mio e che fosse riconoscibile.

Ho cercato di lavorare più sul contenuto che sulla forma nel senso che ho cercato di trovare una strada armonico-melodica più che sul discorso di suoni e quindi ho lavorato sul contenuto.

Contenuto sia musicale che verbale?

Esatto, perché secondo me la canzone è un matrimonio tra parole e musica, è una cosa precisa una canzone.

E quindi tu hai cercato di trovare un vestito riconoscibile più sul contenuto che sulla forma

Sì, io la forma l’ho sempre guardata poco, infatti son nato nel momento sbagliato, sono partito proprio negli anni, se tu pensi agli anni 80, dove la forma ha vinto sul contenuto.

Però c’era, come si dice, una bella timbrica

Certo è chiaro, quello è fuori di dubbio, anche con Braido noi facevamo dei dischi in due, i primi tre dischi li abbiamo fatti io e Andrea. Andrea suonava tutto, io suonavo il piano, mancava solo la batteria ma io e Andrea stavamo settimane a casa mia a fare la coproduzione del disco. Io scrivevo i pezzi poi insieme decidevamo come rivestirli.

Il tuo genere come si può definire?

Io non ho un genere io gioco coi generi. Mi diverto a giocare con la musica anche perché non mi piace mettere le cose nei cassetti. Che genere fai? Non lo so. perché domani mi può venire uno Ska che poi lo incrocio con un valzer, non lo so, perché no? Chi me lo vieta? E dove è scritto? Perché la libertà è quello.

E allora essere artista vuol dire anche essere libero di esprimermi come mi pare. Se io mi devo già mettere nei binari perché faccio quel genere piuttosto che quell’altro io mi annoio.

E mi annoio a sentire un genere che è sempre lo stesso ed è anche colpa dei primi dischi dei Queen. Perché un giorno un mio amico mi fece sentire questo gruppo, quando erano appena usciti e la cosa che mi divertiva dei Queen era che ogni canzone era un genere completamente diverso da quella prima. Nel primo disco dei Queen ogni canzone non c’entrava niente con quella dopo e mi divertivo a pensare: – Chissà cosa c’è in quella dopo-.

Poi sono arrivati a Bohemian rhapsody.

L’apoteosi

Han preso l’Opera.

E anche lì i discografici han detto: -che cazzo di canzone è questa? –

7 minuti e passa.

Sì, dicevano che era invendibile

Li hanno persi per questo.

Della serie avevano capito tutto.

Io venivo dalla classica e sentivo che c’era un elemento classico ma lo stesso Freddie Mercury quando suona il piano si capisce che anche lui viene dalla musica classica.

Dai Queen ho preso questo, il fatto di giocare con la musica, infatti, in Cartoons mi divertiva che ogni brano non c’entrava niente con quello prima. E soprattutto, come i Queen, odiavo il suono delle tastiere. L’ho sempre odiato perché mi sembrava l’effetto della panna. Sai quando andava di moda mettere la panna su tutto e qualsiasi cosa sapeva di panna? Io voglio sentire il gusto vero. Infatti, nei primi tre album ho scritto no Keyboard.

Solo piano.

L’unica tastiera era il piano. Al massimo in Cartoons e ne Il pianoforte non è il mio forte c’era una chitarra semplice che usava Braido ma era una cosa leggerissima. E se tu oggi senti Cartoons non suona vecchio, non suona nemmeno anni 80 perché non ci sono le tastiere, perché sono le tastiere che ti fanno invecchiare il pezzo.

Perché la tecnologia cambiando alla velocità della luce fa sì che il suono dell’anno scorso è già vecchio e dici: -ah questo è un pezzo degli anni 80 perché ha quelle tastiere che andavano di moda negli anni 80-. Gli strumenti no, la chitarra suona sempre così, il piano suona sempre così, il sax suona sempre così. Se tu senti oggi una roba acustica di quarant’anni fa potrebbe essere nuova perché non è che in quarant’anni hanno inventato 50 strumenti nuovi. Gli strumenti sono sempre quelli. Diciamo che con l’elettronica hai simulato una serie di strumenti e poi hai anche inventato dei suoni ma ci non sono strumenti nuovi.

Sono nettamente meglio i suoni di prima tanto è vero che si diceva che “la musica è finita”.

Sì, questo disco l’ho volutamente fatto senza niente di tecnologico perché la musica non è come il latte che va a male. Può essere brutta oppure valida ed è l’unica divisione che puoi fare.

Musica brutta suonata male e musica bella suonata bene. Questa è l’unica distinzione che faccio poi il genere è relativo. Io non sono un ultrà di nessun genere.

Quindi possiamo dire che il tuo genere è la musica bella?

Esatto almeno ci provo penso. Poi sono gli altri a decidere se faccio cose belle o no io ci provo faccio cose che piacciono a me, fondamentalmente devo essere contento io anche perché “il pubblico ha sempre ragione” un cazzo!

Ormai c’è questo atteggiamento di servilismo proprio nei confronti del pubblico: il pubblico ama, il pubblico vuole, questo il pubblico vuole quest’altro. A me di cosa vuole il pubblico non me ne frega un cazzo.

Prima di tutto devo essere convinto di quello che faccio e devo essere contento io. Poi se piace anche alla gente sono contento ma nel momento in cui io mi metto a fare una cosa perché piace al pubblico io smetto di essere un’artista e divento un artigiano.

Che sono due cose diverse. L’artigiano è quello a cui dici mi servono 1000 mensole fatte così. Io non te le faccio 1000 mensole così. Sai quante volte mi han chiesto di scrivere canzoni per altri? No, me le scrivo per me. E già ce n’ho per i coglioni.

Mi devo mettere a scrivere anche i pezzi per altri? Non ne ho voglia. Io non voglio lavorare. E come dire quando tu hai il talento di giocare a pallone. È inutile che ti alleni tre ore perché tanto sai giocare ugualmente.

Io facevo il bagno quando ero piccolo solo quando c’era la bandiera rossa perché mi divertivo così. Se il mare fosse stato piatto io mi sarei annoiato a nuotare, infatti, ho rischiato la vita più volte perché da bambino ero sempre in mare con la bandiera rossa. Mi buttavo in mezzo a queste onde col risucchio che a volte facevi fatica a tornare a terra ero matto.

Saranno stati contenti i bagnini.

Prima di tutto mia madre, infatti, la vedevo a riva che si sbracciava poveraccia. La facevo diventar matta.

Che cosa pensi oggi della musica e degli spazi che ci sono per i nuovi artisti che abbiano talento?

Innanzitutto, penso che le cose debbano partire dal basso e prima di tutto da una tua esigenza personale. Per me far musica non era diventar famoso. A me delle classifiche non è mai importato niente. Per me la propria popolarità era un incubo e i fatti miei meno li sanno meglio è.

Infatti, ho visto l’intervista quando ti hanno chiesto se sei fidanzato, tu gli hai risposto che sei di Genova e loro ti hanno chiesto allora se quelli di Genova non si fidanzano allora gli hai detto: -Sì ma non lo dicono-.

Infatti, i genovesi non dicono niente sei tu che devi scoprire le cose, io non parlo mai con gli amici di quello che faccio: – Ah ma hai fatto un video? – Ah, sì. Per me le persone devono scoprirlo loro. Sono un ottimo venditore.

Da un quasi ligure a un ligure ti chiedo quali sono i progetti che stai portando avanti.

Diversi a parte questo di Archi e Frecce che è un progetto a lunga scadenza che prevede un tour almeno di un anno e anche oltre. Poi ci sono anche progetti, appunto questo film di Tenco che esce su Amazon. Poi ho altri progetti legati al cinema e alla musica.

Poi c’è il Baccini attore che ho scoperto da poco e mi diverte molto. Ho scoperto di saper recitare come ho scoperto di saper cantare. L’ho scoperto sul posto.

Mica è poco.

Mi viene naturale e mi diverte un sacco entrare in un’altra persona e diventare un altro. Ho iniziato con questo Zoè fatto nel 2008 poi ho fatto un corto che si chiama Nero fuori che è anche su youtube. Ho vinto un premio consegnato da Rutger Hauer quello di Blade Runner. Lui faceva un Festival che si chiamava I have seen e movie dove arrivavano corti da tutto il mondo.

Io vinsi con questo corto come migliore attore del Festival e lui venne a Milano a premiarmi e rimase stupito quando gli dissi che era la seconda volta che recitavo e che nella vita facevo il cantante e lui mi ha risposto: -Ma sei un attore nato-. E, detto da Rutger Hauer, vale mille.

Eh sì. Vedevo il recitativo nel video di Le donne di Modena, è fantastico.

Mi viene naturale perché il mio modo di stare sul palco, di cantare è molto recitativo.

Però recitare in un film è ancora una cosa diversa, sei un altro, non sei più te e il più bel complimento che mi ha fatto chi ha visto Zoè è stato quando mi han detto: -Io dopo due minuti mi dimentico che sei il Baccini cantante perché quello lì è Luigi il partigiano-.

Poi a breve uscirà un film sulla vita di Mameli con Stefania Sandrelli e la Cucinotta dove io sono Michele Novaro che è quello che ha scritto la musica dell’inno italiano.

Fantastico. È una bella esperienza per uno che non ha voglia di lavorare.

Ma per me non è lavorare quello. Per me lavorare è andare in ufficio e fare una cosa che non mi interessa. È quello lavorare.

Perché quando fai quello che ti piace non lavori un giorno, è la ricetta della felicità.

Quando fai quello che ti piace mica stai a guardare le ore o lo straordinario, ci metti anche dei giorni. Quando abbiamo montato il film su Tenco durante il lockdown io ci ho impiegato anche giorni, notti ma mica sto a guardare l’orologio.

Perché mi diverto. Per me la parola ferie non ha significato. Io sono in ferie dal 1989.

Ahahaha!

Ma è vero. Tutti i miei colleghi che si lamentano e allora io gli dico: -Ti mando una settimana all’ufficio personale in porto poi vedrai com’è se ti lamenti ancora-. E così io mi reputo uno iper-fortunato perché nella vita sono riuscito a fare della mia espressione quello che mi dà da vivere. Mio figlio ha 24 anni e comincia a capirlo adesso e dice: – Ma papà tu fai quello che ti piace! -. E io gli rispondo: – L’hai capito adesso? -.

Perché lui adesso ha iniziato a lavorare, ha iniziato a capire cosa vuol dire andare in ferie e fare un lavoro che ti piace fino a un certo punto e si accontenta mentre vede che io faccio quello che mi piace, mi pagano e ho un sacco di tempo.

Avere un sacco di tempo ha un valore. Perché il valore del lavoro è una fregatura perché devono trovare un modo per convincere la gente a fare 12 ore.

E chi l’ha detto che lavorare faccia parte dei bisogni primari dell’uomo? I bisogni primari dell’uomo sono altri. E allora mi son detto io: -Devo passare la mia vita in ufficio a far qualcosa che non mi interessa? – Ho detto: – No, me ne vado-.

Come ha fatto Paolo Villaggio.

Ho fatto un salto nel buio totale. Non è che sono andato a Milano con un contratto, sono andato a Milano a fare il barbone. Ma ti giuro per me è un periodo bellissimo perché ero libero e anche se non avevo da mangiare e da dormire avevo questo senso di libertà che non me ne fregava niente, ero felicissimo.

Quali sono i lavori a cui ti sei appassionato in questi anni che sei stato più lontano dalla TV?

Ma perché a un certo punto la televisione non mi corrispondeva.

Io non sono uno televisivo in questo senso, però sono uno che se va in televisione fa ascolti perché sono talmente sgangherato che non c’entro niente con tutto il resto.

Ma a me quella televisione lì non mi interessa, ci vado se devo promuovere qualcosa ma potrei anche farne a meno volentieri.

Non è l’aspetto che mi diverte di più quello della televisione, mi diverte fare concerti, mi diverte esprimermi artisticamente perché per me ci deve sempre essere una cifra artistica. Io anni fa mi ero inventato una trasmissione che poi, non avendo nessun tipo di gancio perché non sono uno che sta ad arruffianarsi questo o quello, non si è fatta.

Mi ero inventato questa trasmissione musicale che poteva andare in seconda serata in cui curavo la gente con la musica invece che con le medicine perché la musica è curativa.

Come si sarebbe dovuta chiamare la trasmissione?

L’avevo chiamato farmacia musicale notturna per curare con la musica invece che con le medicine.

Dove io avrei poi variato da un genere all’altro perché, come dicevo prima, io non prediligo un genere ma a me piace la musica, poi può essere un valzer o un rock, qualsiasi cosa ma mi deve trasmettere emozioni. Se non mi trasmette niente non mi interessa e quindi mi ero inventato questa trasmissione che poi ovviamente non si fece non avendo nessun tipo di voglia di andare a chiedere.

Una volta avevo conosciuto in un hotel a colazione un noto ministro e con lui a un certo punto ci mettiamo a parlare di calcio così mi telefona tutte le domeniche sera per fare il punto della situazione del campionato.

Dopo un anno che mi chiama tutte le domeniche sera mi chiede: – Ma tu che malattia hai?- E io gli ho chiesto: -In che senso?- e lui mi ha risposto: -Sei l’unico italiano che non mi ha mai chiesto niente-. Era stupito che io non gli avessi mai chiesto niente in un anno di telefonate settimanali. E allora mi disse: – Ti posso chiedere una cosa io perché organizzo un concerto da me? -. Perché io non chiederò mai niente a nessuno, al massimo mi chiedi tu. Io non vado a chiedere, in questo son poco italiano. Per me è normale però la maggior parte della gente mi vede come un alieno.

Bellissimo “che malattia hai”. E da buon ipocondriaco ti sei subito preoccupato.

E certo.

Io non chiedo non so è una forma anche di educazione. Mi darebbe molto fastidio andare a rompere a qualcuno a dirgli: -Senti prendi mio figlio, fai questo, fai quello- , non sono uno che va ad arruffianarsi la gente, anzi il contrario. E poi è per quello che sei fuori da certi giochi e da certi giri. Perché l’Italia non è un paese meritocratico.

L’Italia è un paese clientelare quindi fai le cose se sei nel giro giusto al momento giusto e quello che fai cambia poco. È per quello che oggi l’unico rimpianto che ho è che se tornassi indietro invece che prendere da Genova e andare a Milano andrei a Londra o in America.

Questo è l’unico rimpianto. Se dovessi tornare indietro l’unica cosa che farei è quella. Quando vado all’estero e poi torno in Italia mi viene un po’ di depressione ma perché mi accorgo che vivo in un paese che vive al contrario di me.

Eh sì.

Ma io sono stato in Francia. In Francia se non sai fare una cosa non è che diventi famoso per quella cosa lì.

Ahahaha!

Qua sì.

Questa la metto.

E alla fine, io gioco a carte scoperte non ho niente da nascondere oppure in realtà non è vero perché poi sono anche uno che gioca a nascondino. Però essendo un bilancia-gemelli sono quadruplo. È per quello che mi riesce facile far l’attore, perché entrare nei panni di un altro mi viene facilissimo e sono credibile come attore sia se faccio il buono sia se faccio il cattivo.

Bilancia ascendente Gemelli.

Esatto

Cioè vorresti essere un gemelli ma sei una bilancia.

Aria più aria più aria più aria. Doppio più doppio più doppio.

Fantastico.

Poi mi han detto che ho diversi pianeti in scorpione che è quello che mi salva. Che mi tiene coi piedi per terra. E comunque avevo un mago di eccezione che mi ha fatto il quadro astrale che era Fabrizio De André che era un appassionato di queste cose.

Non il mago Ciro?

Non il mago Ciro, era il mago Faber.

Era sicuramente un grande.

Eh beh una grande persona, perché poi alla fine quello che conta sono le persone.

Ma L’equilibrista non è un po’ De André come atmosfera?

Ma con L’equilibrista volevo fare una cosa che si ricordasse, volevo creare un’atmosfera un po’ alla Nino Rota, un po’ felliniana. E invece pensavo a Jannacci.

Forse mi confondo.

No, sai cos’è? È che nei primi album io non usavo mai il mio registro basso, cantavo sempre in alto perché avevo tre ottave più il falsetto per cui andavo sempre su e giù ma più su che giù.

Da quando ho fatto il progetto di Tenco ho scoperto invece i miei registri bassi che sono appunto i più interessanti. Quindi ho cambiato anche un po’ il modo di cantare. E ora sfrutto molto il mio registro medio basso che è una cosa che non facevo prima. E tutti mi dicono: – Che voce ti è venuta! – e io dico: – È che non la usavo prima -.

Come l’hai scoperto?

L’ho scoperto facendo il progetto di Tenco perché le canzoni di Tenco erano tutte medio basse come registro. Devo anche ringraziare cinque miliardi di merit che hanno contribuito.

Le sigarette?

Sì, hanno contribuito a questa voce più bassa. Adesso ho un futuro nell’144.

Ahahah! Ormai non si usa più.

Non ci sono più quelle chat, però potrei fare il doppiatore di film hard.

Effettivamente, comunque lo studio del canto è molto difficile e avere la fortuna di saper cantare naturalmente è una cosa grande.

Ma infatti mi dicono: – ma che esercizi fai? –

Il vocal Fry…

Ora stiamo parlando io e te poi posso salire sul palco e fare il concerto, non è che ho bisogno di fare esercitazioni, mai fatte. È una dote naturale. Quando parlo io parlo più di testa e quando canto, canto di diaframma e mi viene naturale, non è studiato, mi viene naturale infatti posso fare 10 concerti in 10 giorni perché non perdo mai la voce. Perché non sforzo la gola ma canto di diaframma

Saperlo fare naturalmente è una dote.

Io ho scoperto e mi sono accorto che cantavo di diaframma ma lo faccio da sempre non è che sono andato a lezioni di canto. Magari se fossi andato a lezioni di canto sarei migliorato ancora però sono pigro e perché devo andare a lezione di canto.

Poi ho visto le cose che hai fatto e che ti sono riuscite non c’era neanche bisogno.

Ne ho fatte parecchie di cose. Sì, magari poi ho imparato qualche trucchetto.

Però è bello scoprire i registri bassi più avanti e esplorare la propria voce.

Infatti, mi diverto a scrivere canzoni dove uso i registri medio bassi, anche se poi salgo anche. Però lavoro più sulle tonalità medio basse.

Si rischia di meno, ci si stanca di meno e rende molto.

E rende molto perché poi il timbro vocale te lo dà la mamma.

Sì.

Lì ci nasci, anche se ci lavori è dura, anche se ormai fanno corsi su tutto: come cantare oppure come scrivere le canzoni. Ma come fai a insegnare a scrivere le canzoni? Non so neanche io come si fanno. Io mi metto al piano e vengono da sole. Cosa ti insegno?

Tu hai conosciuto Giorgio Calabrese?

Lo conosco come autore che ha scritto di tutto e di più ma personalmente ci siamo incontrati soltanto una volta. Ci siamo incontrati una volta tanti anni fa.

Abbiamo pubblicato tre inediti su Satisfiction.

Sì, sì, ho letto. Ma lui ha scritto veramente tantissimo. Ovviamente riconosciuto zero come sempre. Poi dopo vai a vedere che cosa ha fatto questo e dici: – Caspita! – .

Come Morricone perché Morricone è stato riscoperto dopo. Ok, ha fatto dei film con Sergio Leone Morricone ma ha fatto una vecchiaia da superstar perché è stato riscoperto quando i film di Sergio Leone avevano cinquant’anni.

Diciamo che lui è stato uno che la musica l’ha portata avanti anche quando da altre parti era finita.

Assolutamente e non è musica classica, la sua è musica da film. Che è un’altra cosa ancora. Però secondo me a quelli della musica classica Morricone sta sull’anima parecchio.

Era tutta gente che si vergognava a fare musica da film e dicevano che lui aveva tradito l’arte quando in realtà poi la facevano anche loro.

Certo. Tra l’altro, due anni fa è uscito un mio album, ho fatto la mia prima colonna sonora integrale perché ho fatto canzoni per film e poi nel 2020 ho fatto musica per un film che si chiama Credo in un solo padre che poi è stato l’ultimo film di Flavio Bucci. Un film drammatico di violenza familiare e ho fatto la colonna sonora ed è stata una chicca gigante da musicista perché per un musicista musicare immagini credo che sia il massimo. Perché in realtà tu sei il regista occulto del film. Perché se io cambio la musica in quella scena, cambia l’atmosfera, cambia tutto. E infatti mi divertivo in ogni scena a far due o tre musiche differenti per vedere come andava e in effetti la scena cambiava. E mi divertivo a mischiare la tecnologia usando il computer con strumenti di vario tipo come percussioni strane.

Era proprio sperimentazione e ho fatto tutto il film suonando sulle immagini. E mi dicono che ormai non si fa più così e che è una cosa da artigiano.

Lo han fatto in C’era una volta in America perché Sergio Leone imponeva che girassero le scene con la musica di Morricone.

Ormai lavorano in un altro modo, neanche guardano il film io invece ho seguito il film, la musica segue il film, ho messo la musica sulle immagini. E mi sono detto: – Da vecchio voglio far questo-.

Lo vedrò con piacere.

Il film è un film abbastanza tosto e sulla piattaforma CHILI, faccio una parte come attore e anche lì recito e faccio la colonna sonora. È un film che è uscito in mezzo mondo e in Italia è solo su CHILI anche perché è un film abbastanza duro ed è difficile che lo dia la Rai o Canale 5. È uscito su Amazon.uk, Amazon centro e Sud America, Amazon Nord America ma in Italia è uscito soltanto su questa piattaforma.

Quindi il mio futuro è tra musica e cinema. Da battitore libero io non voglio essere incasellato io mi considero per sempre un’outsider e voglio rimanere tale.

Anche perché ho scoperto che nella vita mi sono sempre piaciuti gli outsider, Fabrizio era un outsider non era certo uno da sabato sera alle 20:30. Gli stessi Queen erano outsider. Ho pure ho avuto il periodo Joe Jackson altro outsider.

Diciamo che per dire qualcosa di nuovo al mondo glielo devi dire da fuori.

Ma certo, è quello che in America è il cinema indipendente e la musica indipendente. E la è veramente indipendente e la cosa indipendente è considerata una cosa figa. L’attore di Hollywood poi va a fare il film indipendente perché gli piace quello. Oppure vai a New York e vedi le star che si mettono a suonare nei locali perché fa figo suonare in un club mentre da noi è da sfigati.

E ti prendono in giro anche…

Perché qui costruiscono tutto a livello di immagine. Per cui se son lì sono bravo se non sono lì non sono bravo. Un americano non si pone questo problema perché se uno è bravo è bravo sempre sia che sia sulla spiaggia o che sia in casa o in teatro.

Gli americani non hanno questa cosa che se sono qui sono un figo altrimenti non lo sono e io sono molto simile a loro, ti posso cantare in qualsiasi contesto tanto sono sempre io.

Noi abbiamo invece questa cosa dell’immagine che è una cosa che io ho sempre odiato.

L’immagine… ma solo con l’immagine che ci faccio?

Tutta promozione.

Tutto marketing, anzi bisognerebbe cambiare l’accento e aggiungere una t: MARKETTING

Su questa battuta ti saluto e ti ringrazio di questa bellissima intervista e del piacere di averti conosciuto. Ci sentiamo presto.

Grazie a te, a e a presto.

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