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Aldo Pagano. Caramelle dai conosciuti

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Prima di tutto un’ovazione per la caratterizzazione del protagonista: il sostituto procuratore Emma Bonsanti. Un personaggio così ben delineato e ben costruito che sembra di trovarsi di fronte a una persona in carne e ossa, e non solo al risultato immaginativo di un processo di idee e di fantasie. Perché Emma Bonsanti, a mio dire, è uno dei personaggi meglio riusciti del panorama letterario nostrano degli ultimi tempi. Il suo essere così cinica, così schietta, in qualche modo incapace di indorare la pillola (aspetti che poi Pagano riflette nella narrazione dell’intera vicenda, imprimendo infatti nella voce narrante stessa caratteristiche assai analoghe) dona una forte punta d’ironia alla lettura, da rendere “Caramelle dai conosciuti” un’opera veramente lodevole.

Tuttavia, Bonsanti non è l’unico personaggio da lusingare con plausi, perché, chi più e chi meno, anche tutti gli altri meritano una menzione speciale; a partire dal sovrintendente capo Michele Lorusso, per esempio – che nel romanzo funziona un po’ come Mulder e Scully insieme alla Bonsanti, se vogliamo, con le ovvie e doverose dissomiglianze del caso – un personaggio insostituibile, cocciuto e determinato a modo suo, che incarna perfettamente il ruolo che Pagano gli ha così acutamente affidato.

Lo stile di Pagano, tagliente e cinematografico al contempo, risulta una folata d’aria fresca, benché narri una storia cupa, difficile e logorata dalle stesse minacce cui soccombe quotidianamente la realtà in cui viviamo. Ma l’autore racconta il tutto con una sorta di aulico scetticismo da riuscire a strappare un ghigno anche nei momenti più critici. La sua capacità di descrivere così dettagliatamente le ambientazioni in cui si sviluppano le faccende, poi, catapulta letteralmente il lettore all’interno del libro, tanto da dargli la sensazione di trovarsi in quegli stessi luoghi; di sentire sulla pelle lo stesso marciume che abbarbica i nostri protagonisti.

Il romanzo è considerabile un noir “moderno”, per intenderci, o più comunemente un thriller, ma con una lampante strizzata d’occhio alla cronaca odierna che garantisce alla storia una credibilità concreta e tangibile. Basti pensare al parallelismo che Pagano crea tra il razzismo (tema principale del romanzo) e il Covid: due Pandemie che mietono vittime alla stessa stregua, solo con un modus operandi differente. Lui, infatti, li chiama “i due virus”. E la storia si muove proprio tra questi binari, uno più ferroso dell’altro; due rotaie mortali che conducono verso lo stesso identico triste epilogo.

Il tutto parte con un brutale omicidio avvenuto nella Manifattura dei Tabacchi, una fabbrica diroccata nel quartiere degradante Libertà di Bari. L’omicidio di Matteo Cardone, un uomo visto da molti come un benefattore. Perché in un periodo così difficile e incrinato a causa del Covid, Matteo portava cibo a chi nel rione non riusciva a sbarcare il lunario, e assicurava un tetto a chi rischiava di dover considerare il cielo aperto come soffitto di casa. Ma Cardone era anche un razzista, un fascista dichiarato. E pare proprio che l’unico indagato sia un certo Samuel Saleh, compagno etiope della figlia del più stretto collaboratore di Emma. I due si sono azzuffati nelle stesse ore in cui poi è stato compiuto l’omicidio.

È forse lui l’assassino?

Emma Bonsanti dovrà mettere da parte i suoi preconcetti e risolvere quello che ha tutta l’aria di essere un enigmatico omicidio da serie tv americana.

Simone Bocci

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