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Antologizzare Paul Celan?

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Omicidio di X” può essere genitivo oggettivo se X è l’ucciso, oppure soggettivo se X è l’uccisore. Così anche per “antologia di X”, a seconda che X sia l’antologizzatore o l’antologizzato. Il genitivo dell’omicidio non può essere sia oggettivo che soggettivo, poiché allora si tratterebbe di suicidio; quello dell’antologia invece sì, se l’autore si antologizza da sé. Questo fu il caso di Paul Celan (1920-1970), e più volte: Poesie. Una scelta, Fischer 1959 (in collaborazione con Klaus Wagenbach); L’antologia italiana (progettata nel 1964 ma uscita solo nel 2020 per Nottetempo, a mia cura); Poesie scelte, Suhrkamp 1968 (in collaborazione con Beda Allemann).

A pochi mesi dalla morte Klaus Reichert pubblicò sempre per Suhrkamp una quarta antologia, anch’essa intitolata Poesie scelte, alla cui ideazione Celan non partecipò minimamente. Fuori casa invece, la prima antologia celaniana fu quella di Moshe Kahn, che uscì in Italia per Mondadori nel 1976 col titolo Poesie. Erano cento componimenti tratti quasi totalmente dall’antologia di Reichert che ne contava centootto; e adesso L’Orma Editore li ripropone rivisti e maggiorati di trentuno unità. Ora, se con la revisione l’antologia di Kahn guadagna in qualità, con la riproposizione dopo mezzo secolo perde in novità, disponendo ormai da tempo il pubblico italiano dell’intero corpus poetico celaniano. Piuttosto, vale qui ripercorrere brevemente la sua genesi (su cui mi soffermo assai in Celan in Italia. Storia e critica di una ricezione, Prospero ed. 2020), nell’ipotesi che la storia sia ancora magistra vitae.

Nell’autunno 1968 Mondadori sottopose a Kahn e a Giuseppe Bevilacqua cinque poesie scelte dallo stesso Celan come prova di traduzione in vista di un’antologia. L’inverno seguente i due traduttori consegnarono le prove, ma Celan non si espresse, rendendosi anzi irreperibile fino a metà 1969, quando confessò di averle perse. Mondadori allora gliele rispedì, ottenendo in cambio un ulteriore silenzio, finché Kahn il 18 novembre contattò il poeta: “Sono il traduttore delle Sue poesie in italiano, ossia accanto al Sig. Bevilacqua colui che vorrebbe tradurLa in italiano […]. Nella revisione delle mie traduzioni finora fatte delle Sue poesie mi trovo a un punto critico siffatto, dove non so come devo andare avanti”. Celan questa volta rispose subito, in merito: “qua e là, e ciò risale alle idee che io spesso in contrasto coi miei commentatori ho dei miei lavori, qua e là desidero che le traduzioni siano più concrete, più cosali”. E il 30 novembre Kahn consentì: “alle mie traduzioni manca qua e là corposità, audacia, la spinta al linguisticamente ancora possibile. Ogni volta che la tento, mi sfugge di mano”.

Il 20 febbraio 1970 Celan designò Kahn a “tradurre una scelta in linea col volumetto Suhrkamp”, ovvero con l’antologia Poesie scelte del 1968, che attingeva dai suoi primi cinque volumi (Papavero e memoria 1952, Di soglia in soglia 1955, Grata di linguaggio 1959; La rosa di Nessuno 1963; Virata di respiro 1967); aggiunse che “non verranno assunti i volumi pubblicati dopo Virata di respiro, dunque Soli in filamenti [1968] e il volume in uscita l’estate prossima [Coercizione di luce, 1970]”, e fissò un incontro ad ottobre per “risolvere le questioni concernenti la traduzione”. Il 25 aprile Kahn chiese comunque lumi su una prima poesia, ma cinque giorni prima Celan si era gettato nella Senna.

Restava aperta la questione delle poesie da scegliere dal “volumetto Suhrkamp”, e di ciò si lamentò il 9 novembre Marco Forti, responsabile Mondadori per la poesia, con l’agente letterario Eric Linder: “Dopo essere stato da me in luglio, Kahn non si è fatto più vivo nonostante miei solleciti e non mi ha ancora mandato il suo piano di scelta”. Purtroppo, ricordava in un appunto al direttore letterario Vittorio Sereni, “come sai, ciò potrà avvenire dopo l’incontro di Kahn e Bevilacqua, di cui, per ora, non so proprio nulla”.

Forti ne saprà qualcosa da una lettera di Kahn del 14 novembre andata dispersa, cui subito risponde: “Sono d’accordo che Lei scelga, insieme a Bevilacqua, le poesie che andranno pubblicate […]. Dovrà anche spiegarmi in che rapporti contrattuali ci troveremo con Bevilacqua: se Lei è il curatore e Bevilacqua collabora con Lei, o se siete curatori alla pari dell’intera opera”. Però Kahn tace fino all’8 gennaio 1971, quando scrive a Forti: “Ho aspettato finora che Bevilacqua mi desse notizia di sé, come mi aveva promesso da tempo. Con mio dispiacere ho quindi rinunciato alla sua collaborazione”. E allega il “piano dettagliato” basato però non sul “volumetto Suhrkamp” del 1968 indicatogli da Celan dieci mesi prima, ma quasi totalmente sull’antologia reichertiana ancora fresca di stampa, dove Reichert spiegava di avere operato in modo complementare o meglio supplementare rispetto al “volumetto” celaniano (di cui manteneva solo ventiquattro poesie), scegliendo quarantotto poesie dai primi cinque volumi e lì escluse da Celan, più altre quarantasei dai due volumi vietati da Celan a Kahn (Soli in filamenti e Coercizione di luce) e da Parte di neve, volume postumo non ancora uscito.

A cosa è dovuta questa sterzata di Kahn rispetto al mandato celaniano? A lui stesso, vien da dire stante che dai tanti documenti editoriali Suhrkamp-Mondadori-Linder non emerge una volontà analoga – senonché sulla scena transita un’ombra. Il 28 febbraio 1971 Bevilacqua scrive infatti direttamente a Sereni: “In dicembre incontrai Kahn e ci accordammo nel senso di fare insieme tutto; ossia scelta, traduzione, note e prefazione. […] Ma al ritorno dalle ferie cercai di prendere contatto con il mio uomo; non c’è stato verso di pescarlo. Seppi soltanto che aveva detto a più persone che io avevo rinunciato al progetto di lavoro in comune: cosa assolutamente e integralmente falsa” – da cui il rifiuto di “continuare una collaborazione con un tipo di questo genere”.

Il 23 marzo, Forti scrive perplesso a Linder: “Le trasmetto copia di due lettere: una di Kahn che dovrebbe tradurre Celan e l’altra del Professor Bevilacqua che avrebbe dovuto collaborare con Kahn […]. È evidente che uno dei due non è perfettamente in buona fede”. Nonostante ciò, il contratto va in porto il 16 settembre 1971, quando Forti accetta la richiesta avanzata da Kahn di un compenso di 400.000 £ (equivalenti a 3.537 € attuali) aggiungendo: “Per questa curatela le verranno dati 12 mesi di tempo”.

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