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Antonello Saiz racconta “L’isola dalle ali di farfalla” di Tito Barbini e Paolo Ciampi

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«Vorrei sentirmi addosso questo uscire che è entrare, questo partire che è lasciare per diventare altro, che è perdersi e quindi forse ritrovarsi. E questa libertà, questa pienezza: vele gonfie di vento e una rotta che asseconderemo.»

Tito Barbini e Paolo Ciampi, L’isola dalle ali di farfalla, Edizioni Spartaco

Sono vere e proprie cartoline quelle contenute ne L’isola dalle ali di farfalla, il nuovo libro di Tito Barbini e Paolo Ciampi. Due grandi viaggiatori – oltre che affermati scrittori di viaggio – a confronto un venerdì sera, su Book Advisor, per raccontarci di questo piccolo e potente libro con cui Edizioni Spartaco ha voluto ripartire, con un segnale di grande fiducia nel futuro, pubblicandolo nella collana I Saggi. Un libro intenso e profondo come il mare greco, che apre a tante considerazioni e a tanti spunti di riflessione. Gli stessi che abbiano cercato di analizzare anche in una splendida chiacchierata in Rete, con un pubblico di lettori forti molto attento, parlando di fughe per tornare a sperare.

Tito Barbini, sindaco più giovane d’Italia a ventiquattro anni e amico personale di François Mitterand, nel 2004 interrompe la sua esperienza di politico per intraprendere un lungo viaggio, zaino in spalla, dalla Patagonia all’Alaska. Da allora non ha più smesso di viaggiare e di raccontare luoghi e incontri, con libri di successo.

Paolo Ciampi, giornalista e scrittore fiorentino, si divide tra la passione per i viaggi e la curiosità per i personaggi dimenticati nelle pieghe della storia. Ha all’attivo più di trenta libri. Nel 2009 i due avevano pubblicato insieme per la prima volta Caduti dal muro, esattamente a venti anni dalla caduta di un Muro, a Berlino, che si sbriciolava sotto i colpi di piccone, mentre si respirava un grande vento di libertà.

Nel 2016, per Edizioni Clichy, avevano pubblicato I sogni vogliono migrare. Dal Messico alla Turchia, dal Mediterraneo alla Terra di Fuoco, un viaggio attraverso i confini del mondo e i muri, in un pianeta dove il profumo di libertà era purtroppo sparito, lasciando il posto a nefasti venti di guerra e divisione.

Tornano assieme con questo terzo libro, costruito per cartoline, che Tito Barbini spedisce da un’isola remota, la sua tana sicura nel Dodecaneso: Astypalea.

Astypalea è l’isola greca in cui leccarsi le ferite e fuggire dalle delusioni di una Italia segnata dall’intolleranza verso gli stranieri, dal pregiudizio verso il diverso. Astypalea, la veneziana Stampalia, diventa il rifugio da dove guardare, con oggettività, un paese dove la politica ha rinunciato alle sue promesse di essere migliori e dove la democrazia non si misura più con le minoranze, ma con chi grida di più nei talk show.

Le isole seducono, ma allo stesso tempo nascondono al meglio anche le nostre inquietudini. Ancora una volta, da un isola Tito non resiste alla tentazione di scrivere all’amico Paolo Ciampi. Paolo risponde da casa sua, in Toscana o dal silenzio degli Appennini, divagando e facendo il cacciatore di etimologie. Spesso eludendo, volutamente, i ragionamenti su questo mondo, attraverso elenchi di nomi delle cose, dei luoghi (e sulle storie che quei luoghi racchiudono). Elenchi che servono a far capire che si può provare a resistere, nonostante tutto e soprattutto che si potrà sempre resistere finché ci saranno libri da leggere, intesi come riserve contro l’inverno dello spirito.

Divagare con parole capaci di lenire le delusioni e sostituire, così, allo sdegno e all’indignazione la forza di continuare a progettare futuro.

Scambio di vedute tra due uomini tanto diversi che diventa canto e controcanto, tra richiami all’arte e alla poesia, ai libri, alle parole a cui hanno dovuto aggrapparsi i poeti e gli scrittori. Scambio di opinioni tra due uomini divisi dall’anagrafe e dalle parabole della politica: uno che ha creduto fino in fondo nelle possibilità della politica e perfino nella forza dell’utopia, l’altro che ha trovato ben poco a cui aggrapparsi.

Due uomini alle prese con il loro sconforto e così lontani, eppure uniti dall’amore per i viaggi come per i libri ed entrambi feriti da una Italia che sembra aver smarrito il senso della propria identità e della propria storia. Due viaggiatori dal cuore grande, e dalle penne agili e felici, che riescono a ritrovarsi insieme con ironia e leggerezza, come se da tante macerie potesse di nuovo spuntare un’altra speranza, fosse pure solo un altro viaggio, un altro orizzonte.

È costante l’invito in queste cartoline a fermarsi a riflettere e pensare, per ascoltare meglio il mondo. Poco importa se tra il silenzio del mare o dei boschi o di un convento.

La fuga iniziale diventa l’unica via di scampo per salvarsi, il solo modo, alla fine, per recuperare, per riprendere a lottare. Messe l’una dietro l’altra queste cartoline diventano il viatico per riflettere assieme e per uscire dal labirinto e dal buio del tunnel di questo presente.

Viviamo tempi complicati e difficili e, in tempi come questi – lo apprendiamo dalle cartoline – servono parole. Parole che siano conforto e consolazione ma, soprattutto, parole che con un “effetto farfalla” siano capaci di mettersi in viaggio, di metterci in viaggio. Parole per iniziare ad avere possibilità e iniziare a coltivare ancora quell’idea di futuro. Perché è proprio quando le cose vanno peggio che si può davvero ripartire.

Questo fanno le cartoline che si scambiano Tito Barbini e Paolo Ciampi, un anno prima che una pandemia mondiale e una emergenza sanitaria ci mettesse tutti quanti in ginocchio. Di parola in parola, di cartolina in cartolina, le amarezze si affievoliscono e le inquietudini lasciano il posto alla speranza. I loro scambi di vedute e opinioni, nel tempo in cui abbiamo disimparato ad ascoltare, ci insegnano non solo la pratica all’ascolto dell’altro, ma che sincerità e gentilezza, unite alla giusta distanza, sono le parole chiave per iniziare a ricominciare e ricostruire e ripartire.

Antonello Saiz

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