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Bill Clegg anteprima. La fine del giorno

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Bompiani porta in libreria oggi La fine del giorno, romanzo di Bill Clegg nella taduzione di Beatrice Masini. Dopo Mai avuto una famiglia, Clegg prosegue lungo la strada tracciata da Mai avuto una famiglia, ovvero a quel progetto letterario che, tra i possibili obiettivi individuabili, fa risaltare per potenza e profondità quello di distruggere qualsiasi patinato “Sogno americano”. Con una sottile ma inesorabile capacità di esplorare i legami che uniscono – e separano – individui e famiglie, lo scrittore del Connecticut racconta tre storie collegate tra loro, in un intreccio di desideri e disillusioni, amore e perdita, che sono una rivelazione di quanto il dolore e la sorpresa possano dire della “vita vera”. È il caso di Dana Gass, donna ricca e sola, che parte per il Connecticut stringendo una vecchia valigetta, di Jackie Howland, madre e vedova, che vive in una casetta e difende un olmo centenario, e di Lupita Lopez, tassista alle Hawaii con un passato che non vuole ricordae. Le tre donne hanno qualcosa in comune: una dimora risalente alla Guerra Civile. Con continui cambi di registro narrativo, Clegg si addentra nel tunnel dei contrasti familiari e sociali che riguardano, di volta in volta, i diversi personaggi, dispiegando allo stesso tempo il basso continuo della memoria, che riemerge di continuo nelle pieghe delle storie e che, soprattutto, ha il potere indiscusso di intervenire e di determinare l’andamento delle esistenze. La visione e la scrittura di Clegg costruiscono un meccanismo letterario di intima e straordinaria profondità in cui sprofondare, rimandandoci dalle pagine alla Vita.

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Lupita

Non una parola in tutti questi anni, e adesso tante. Ho trovato il tuo numero in una foto, era sulla fiancata del tuo furgone. Scusa, lo so che suona strano. Ho pensato… mi chiami, per favore? È importante. Non ha mai sentito il suono dei suoi primi versetti, delle prime parole storpiate, e adesso, nell’orecchio, quelle frasi complete, frettolose e adulte. La donna che ha parlato nel messaggio vocale è così turbata che si è dimenticata di dire chi è, da dove chiama. Ma Lupita sa. Ha ascoltato due volte il messaggio da quando ha scaricato una famiglia di Ann Arbor all’albergo a Princeville. Il telefono aveva squillato un’ora prima, numero sconosciuto. Una donna pallida, bionda, il marito calvo e il figlio, un ragazzino, erano ancora sul minivan, e le raccontavano del rigido inverno del Michigan a cui erano appena sfuggiti. Aveva premuto il pulsante a lato del telefono per zittire lo squillo e aveva lasciato partire la segreteria mentre ascoltava distratta le storie della famiglia, tubi gelati, partite di basket cancellate, testacoda sulle strade rese insidiose dal ghiaccio: le stesse calamità invernali con cui Lupita è cresciuta ma che si è lasciata alle spalle quando si è trasferita alle Hawaii mezzo secolo fa.

Mentre torna verso l’aeroporto a Lihue per prendere un’altra famiglia stanca che spasima per le spiagge selvagge e le colline nebbiose di Kauai, il telefono squilla di nuovo, vibra nel portatelefono montato sul cruscotto. Numero sconosciuto, la scrittalampeggia sullo schermo per parecchi secondi prima di sparire. Esala quando la chiamata s’interrompe e solo allora si rende conto che stava trattenendo il respiro. Il traffico sulla Route 56 rallenta e poi si blocca. Luci di freni di auto e bus e van lampeggiano una lunga linea contorta di rosso in movimento davanti a lei. Una ragazza senza casco fila via su una minibike, il ringhio strappato della marmitta rotta per un attimo è l’unico rumore; scatta in avanti nello spazio stretto fra il traffico e il ciglio della strada, i lunghi capelli scuri frustano l’aria. Lupita la guarda sparire su per la prima collina. Il telefono squilla ancora. Distratta, preme il pulsante verde “Accetta”. Pronto? La voce è timorosa, nessuna traccia di Messico, ma perché dovrebbe esserci, poi. Lupita Lopez? Il crepitio secco delle scariche, a suggerire una gran distanza, riempie il van. Prima di sentire un’altra parola, Lupita trafigge il telefono con il dito e chiude la chiamata.

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