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Dal Rinascimento alla Beat Generation. Giorgio Mercuri “Continua a correre”

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Il 5 settembre presso la “Sala del Cenacolo” di Palazzo Valdina, sede storica della Camera dei deputati è avvenuta l’inaugurazione della mostra Continua a Correre dell’artista contemporaneo Giorgio Mercuri con testo di Andrea Carnevali.

La mostra, promossa ed organizzata dalla Presidenza Commissione Cultura della Camera dei deputati ha avuto il patrocinio della Regione Marche e del Comune di Senigallia, città dell’artista, il cui sindaco Massimo Olivetti è intervenuto all’inaugurazione insieme all’onorevole Federico Mollicone Presidente della Commissione Cultura della Camera.

La mostra è visitabile fino al 15 settembre.

Per Satisfiction Giorgio Mercuri ha rilasciato una breve intervista che riportiamo di seguito.

Carlo Tortarolo

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Quali sono i libri che hai letto che ti hanno maggiormente ispirato nelle tue opere?

C’è sicuramente un riferimento alla Beat generation perché c’è una nuova visione del paesaggio. Un paesaggio che può essere rurale ma anche urbano. Se noti, ci sono quei quadri molto piccoli con sopra delle lettere, questi quadri sono ripresi dai muri. Più che alle scritte di protesta però mi sono interessato a quelle in ricordo di qualcosa come per esempio un’alluvione.

È la Beat generation di On the road ?

Esatto, io, tra l’altro, ho conosciuto anche Fernanda Pivano al Dams di Bologna dove teneva dei seminari e anche Gianni Celati che insegnava letteratura inglese. Poi a Bologna venne fondato il gruppo Enfatista della professoressa Francesca Alinovi, di cui facevo parte anche io. Lei poi venne assassinata e per l’omicidio venne condannato un altro pittore del gruppo, Francesco Ciancabilla.

Come si chiamava il gruppo?

Gli Enfatisti, era un gruppo che enfatizzava, utilizzava il bianco e nero e poi prendeva piccoli scorci di paesaggio che erano spesso un dettaglio come quello che può essere visto dal finestrino di un treno. Questo particolare veniva ingrandito e allargato come se fosse tutto il paesaggio. Come quando tu fissi un punto e ti ci incanti.

Come se solo quello fosse tutto.

Esatto, puoi vedere per esempio alcuni tra i quadri piccoli che richiamano lo stile. Questo gruppo disordinato di giovani artisti raccoglieva diverse forme di arte -noi pittori eravamo otto- e si incontrava al Neon, una galleria alternativa di Bologna. Dalla Beat generation gli Enfatisti prendevano la passione per sesso, droga e alcol.

I postumi della Beat generation.

Conoscendo i protagonisti della Beat generation, abbiamo rivissuto quello che era capitato prima in America. Ricordo ancora la volta in cui Fernanda Pivano intervistò Jack Kerouac completamente ubriaco.

Come era in quegli anni il Dams?

Bologna era estremamente viva, era un grande crocevia intellettuale, almeno sino alla strage del 2 agosto 1980. Mi ricordo che il Dams era estremamente informale: per farti comprendere, gli esami li davamo al bar sotto l’Università.

Mi ricordo le lezioni di Federico Fellini che nei suoi seminari spesso ti chiedeva di portargli dei racconti e poi magari ti interrogava sulla ricetta dei tortellini e sui tempi di cottura del ragù.

Ci sono poi altri autori che ti hanno colpito?

Mi piaceva molto Alda Merini. Una vera folle che, nonostante il successo, come raccontava a Costanzo, conservava un debito con il macellaio di 90.000 lire.

Anche se ci sono diversi elementi del paesaggio italiano nel tuo stile vedo i colori dei tramonti che mi ricordano il realismo americano.

Ho avuto come riferimenti sia Jackson Pollock che Edward Hopper e i miei tramonti come colore, come composizione del quadro, sono graffiati e sono anche un po’ punk, anzi punk-rock. Un altro riferimento di partenza è quello del Rinascimento, da Paolo Uccello a Raffaello con la sinuosità delle colline e i cipressi come piante ornamentali del paesaggio. La mia è una pittura di contrapposizione.

I tuoi riferimenti nel punk?

Si va da Lou Reed sino al punk italiano degli Skiantos, anche loro frequentavano il Dams, Freak Antoni tra l’altro, era coltissimo. E poi c’era Andrea Pazienza che è stato fondamentale e coi suoi fumetti ha descritto un’epoca.

Il punk è il tuo riferimento musicale principale?

La musica punk è l’ideale per accompagnare un video coi miei quadri, come mi è capitato spesso di fare. Il punk-rock in particolare. Poi alla Biennale di Venezia mi è anche capitato di accompagnare i miei quadri con il rumore delle rotaie del treno.

Le prossime iniziative?

Mi piacerebbe esporre a Palazzo del Duca a Senigallia come mi è stato proposto dal sindaco Massimo Olivetti e per me sarebbe un onore perché è dove si trova la mostra permanente del grande fotografo Mario Giacomelli.

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