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Davide Toffolo. Pasolini

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Davide Toffolo, per chi come il sottoscritto ha vissuto la propria adolescenza una decina abbondante di anni fa, è stato e sempre resterà soprattutto il frontman dei Tre Allegri Ragazzi Morti, gruppo punk/alternative rock il quale ha dato un senso finalmente accettabile all’etichetta di indie. Ammirazione raddoppiata di valore quando, più o meno in contemporanea, venni a sapere che trattasi anche di abile ed affermato fumettista.

La prima edizione di questo graphic novel data 2002, a ottant’anni dalla nascita di Pier Paolo Pasolini, che allora era venuto a mancare da quasi trenta: all’epoca, chiaramente, non avrei potuto essere pronto ad affrontarne la lettura, avevo 8 anni appena! Fortunatamente, il quotidiano “la Repubblica”, in collaborazione con Rizzoli Lizard, costola della quasi omonima casa editrice che si occupa di proporre fumettistica di qualità – nata nel 1993 dall’artistico impulso di Hugo Pratt – ne ha recentemente proposta una ristampa “aggiornata”, in occasione del secolo dalla venuta al mondo di PPP.

Tra i protagonisti anche l’autore Toffolo, nel ruolo di un intervistatore che viene contattato da un certo “sig. Pasolini” che lo vuole incontrare: uno scherzo dal gusto discutibile o, assai più probabilmente, un mitomane? Davide non lo sa, ma convintamente si presenta al primo appuntamento, a Pordenone, nel loro Friuli. Qui viene spiazzato: il signor Pasolini ha effettivamente l’aspetto di Pier Paolo Pasolini, un viso dai tratti più che accentuati marcati, posti su una dolcezza di fondo; la stessa voce che possiamo riconoscere dalle interviste, con l’accento secco dei veneti friulani ammorbidito dalla leggera cadenza romagnola per forza di cose acquisita; parla di romanzi, film, articoli, saggi, usciti a firma Pasolini. Parla di una vita ma come se l’avesse vissuta lui, non come chi ne fa un racconto.

Così come gli affreschi di epoca medievale nelle chiese e cattedrali aiutavano il popolo minuto illetterato ad accostarsi alle Scritture Sacre per immagini, tanto a ciò possiamo dire funga – ovviamente vada il concetto trasposto nella contemporaneità – il fumetto di Davide Toffolo: chi non ne ha mai avuta voglia, chi mai si è sentito pronto ad affrontare l’opera pasoliniana, può tra queste tavole trovare una spinta a cambiare rotta. Perché, oltre al tratto essenziale ma pieno del fumettista, si fanno sentire fin da subito la passione e la minuzia da ricercatore dell’autrice di note e bibliografia Paola Bristot: menzionatemi voi qualche altro fumetto con l’apparato a piè di pagina ove segnalare da quali opere le citazioni – del narratore o del signor Pasolini direttamente – siano estratte e un elenco “scientifico” delle medesime in conclusione!

Da Pordenone al “deserto dell’Etna” passando per Bologna e il lungomare ostiense (con due puntatine in solitaria: in principio a Versuta, a suggello del tutto al Museo del Prado di Madrid), Davide non riesce a comprendere compiutamente se, per qualche strana decisione di chi è preposto a gestire vite e morti, si trovi/si sia trovato a tutti gli effetti di fronte a un Pier Paolo Pasolini redivivo, ritornato poiché “ha delle cose da dire”, ad un fantasma parto della sua mente oppure ad un abile attore privo di scrupoli interessato esclusivamente a guadagnarne in visibilità e fama approfittando dell’anniversario pasoliniano. Ma in che maniera, si fosse trattato di quest’ultima ipotesi, sarebbe egli potuto venire in possesso della sceneggiatura fumettata de “La Terra vista dalla Luna”, il prosieguo di “Uccellacci e uccellini, con sempre protagonisti Totò e Ninetto Davoli, cortometraggio – “più poeticamente e liberamente comico” del precedente film, ove, a detta del regista stesso, “pesava troppo l’ideologia” – contenuto nel film collettivo “Le Streghe” (a firma Pasolini, Bolognini, Visconti, De Sica e Rossi), che vide la luce nel 1967, anno della morte del Principe?

Traendo ispirazione proprio da un alfiere della libertà quale Pasolini è sempre rimasto – anche quando la libertà, che la si consideri presupposto o risultato dell’indipendenza, ha significato la sua solitudine, la sua debolezza; anche quando gli è stata ritorta contro da coloro che fino all’attimo prima si erano detti suoi amici, suoi compagni, ma non ha mai smesso di praticarla e concederla – Toffolo sembra proprio ci lasci liberi di trarre noi le conclusioni che più riteniamo verosimili. Non perdendo mai di vista, ma al contempo non facendoci da esso gettare in perdizione psicologica, quel corvo che dentro ci gracchia che i maestri sono fatti per essere mangiati (e digeriti).

Alberto De Marchi

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