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Domenico Paris anteprima. Ballate stonate per nessuno in particolare

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È in libreria l’ultimo lavoro di Domenico Paris, Ballate stonate per nessuno in particolare, pubblicato da La Gru Edizioni, 2023, pp. 152, € 14,00.

Domenico Paris è nato ad Avezzano nel 1977. Scrive di spettacoli, musica, libri e sport per Satisfiction, The walk of Fame e Boxeringweb.it e ha collaborato con varie testate nazionali e internazionali tra le quali, Metro, Il Foglio, Il Tempo, Gente, Class, La voce del Ribelle, Post.it e The Fashionable Lampoon.

Dopo aver partecipato a vari festival di letteratura sportiva in giro per l’Italia, tra cui il “Premio Marciano” di Ripa Teatina e il “Foggia Festival Sport Story”, con la sua trilogia di racconti ispirati ai grandi del pugilato pubblicata tra il 2020 e il 2022, Domenico Paris è tornato alla narrativa tradizionale con questa raccolta di nove short stories. Il libro è stato pubblicato da La Gru Edizioni alla fine di aprile e segna una svolta per l’autore, che parte ad esplorare nuovi territori narrativi.

Nelle 152 pagine del suo nuovo libro Domenico Paris abbraccia nuovamente il suo stile di scrittura che il critico Gian Paolo Serino, recensendo il suo precedente lavoro “Roma Kaputt Mundi” nel 2015, definì “neon-realismo”.

In queste storie, la luce e l’ombra si fondono nella stessa sostanza della vita, creando personaggi vividi che vivono una quotidianità autentica, sia essa nella provincia o in una metropoli, senza cadere nella condiscendenza “letteraria”, nella quale chiunque di noi è costretto a sporcarsi le mani nel tentativo di trovare una qualche forma di salvezza e senza avere mai la certezza di una vera redenzione.

Carlo Tortarolo

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<<Me fai pena, Giu’, davero. Te nun sei ‘n omo, sei solo un cazzo co’ ‘na roba intorno. De ‘n omo nun c’hai niente. E quanno avrà finito de arzattese -perché finirà de arzattese, fidate- rimarrai solo come ‘n cane. Che è tutto quello che te meriti, stronzo! Adesso sparisci, vattene affanculo da qualche fallito amico tuo e qua nun ce mette più piede. Ce penso io a cresce’ Giada, nun me servi. Tu nun servi a nessuno. Sei bono solo a scopa’. Via, devi scompari’!>>

Quanto tempo era passato da quando Luisa gli aveva detto quelle parole?

Scendendo dalla scala mobile del volo della Wizz Air che lo riportava a Roma dopo due settimane passate a lavorare in Ungheria, Giulio Seraghi realizzò che ormai erano trascorsi quasi due anni.

Prima di cominciare a spostarsi con una certa regolarità in terra magiara, aveva preso l’aereo una sola volta, quando con Luisa erano andati in viaggio di nozze a Ibiza. E già in quell’occasione aveva avuto modo di maledire le attese infinite che troppo spesso i poveri passeggeri dotati di un bagaglio da stiva dovevano sopportare a Fiumicino quando tornavano da qualche località in cui avevano trascorso le vacanze. In certi, sciagurati casi anche più di un’ora. Costretti a fissare con angoscia i nastri trasportatori che giravano all’infinito senza veder comparire la propria valigia. Un incubo! Sperò che quel giorno la sorte non lo punisse, non voleva accumulare neanche un minuto di ritardo. Aveva aspettato quell’appuntamento da troppo tempo, niente doveva andare storto.

Entrato nell’aeroporto, attraversò a passi veloci i lunghi corridoi che portavano nella grande sala del ritiro bagagli, con la luce chirurgica dei neon sopra di lui a regalargli ulteriore inquietudine. Dopo un’attesa di scarsi cinque minuti, vide che il nastro deputato allo scarico del suo volo era il numero cinque. Si avvicinò all’odioso ovale di metallo, sperando che le valigie cominciassero a comparire. Quando poteva, sceglieva sempre di viaggiare con un piccolo trolley da poter caricare sulla cappelliera dell’aereo e sfuggire così alla tortura dell’attesa, ma in quell’ultima circostanza, dovendosi trattenere per ben quattordici giorni, non aveva potuto far a meno di portarsene dietro anche uno più grande per infilarci dentro un tot di cambi e altri effetti personali che gli erano stati necessari. Per fortuna almeno il sovrapprezzo, come anche il biglietto di andata e ritorno, gli era stato pagato dalla produzione.

Incredibile a credersi, la sua valigia fu la seconda ad essere sputata fuori. Se l’era cavata in poco meno di quindici minuti. Non gli restava che fiondarsi al piano sotterraneo e prendere il treno per la Stazione Tiburtina. Aveva più di novanta minuti di tempo a disposizione e, per fortuna, sarebbe arrivato in anticipo.

Non vedeva l’ora di stringere tra le braccia Giada. Adesso che il suo legale aveva sistemato tutto e che Luisa si era arresa, nessuno gli avrebbe più impedito di starsene da solo con la figlia almeno qualche giorno al mese. E dire che quella merda dell’avvocato della sua ex moglie ci aveva “provato” davanti al giudice, sostenendo che il suo fosse un lavoro che, oltre a presentare evidenti “disarmonie morali” (proprio così le aveva chiamate) rispetto ad una “dimensione consona di paternità”, aveva una “natura evidentemente precaria che non lasciava certo ben sperare rispetto alla necessità di adempiere ai doveri economici sanciti dalla già emessa sentenza di divorzio”. Ovviamente di affido condiviso neanche a parlarne, al momento, ma intanto quel weekend era da considerarsi un inizio, un meraviglioso nuovo inizio. Sapeva che ci sarebbe voluto tempo per ricostruire un rapporto decente con la bambina, ma almeno avrebbe potuto provarci. Avendo in più, finalmente, anche quel minimo di solidità economica che in passato gli era mancata. Certo, il vecchio bilocale che due mesi prima era riuscito ad affittare grazie ad una sua conoscenza a qualche centinaio di metri dalla fermata di Ponte Mammolo non si poteva certo definire una reggia, ma era un posto suo, e decoroso. Se, come in molti addetti del settore gli avevano pronosticato, fosse riuscito a sfondare di lì a breve e a farsi prendere da qualche grande casa di produzione americana, si sarebbe potuto permettere di meglio, se non, addirittura, di comprare qualcosa. Ma in quel momento, però, non voleva pensare ad altro che non fosse il fatto di poter finalmente stare con Giada. Basta erezioni, eiaculazioni, bocche, fiche, culi! In quei pochi giorni a disposizione, voleva essere soltanto un papà. E non la possibile nuova stella del porno europeo e forse mondiale.

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