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Duel: angoscia senza volto

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L’altra sera a Napoli – fuori pioveva, e non avevamo voglia di uscire – con Mariavittoria abbiamo deciso di guardare un film in tv. Abbiamo messo Duel (1971) di Steven Spielberg, che lei non aveva mai visto. È un film importante, forte, duro, quello di Spielberg – tanto più forte quanto più la trama è semplice e lineare. In pratica la storia è questa: David Mann, un commesso viaggiatore – il protagonista del film – si mette in macchina e inizia un viaggio su una delle tante strade desertiche dell’America. È un uomo come tanti in un giorno qualunque. A un certo punto una mastodontica autocisterna inizia a inseguirlo, a tamponarlo, a tormentarlo, a non dargli tregua. Non c’è modo di evitarla. Ogni volta che Mann prova a sottrarsi o a uscire in un’area di servizio ecco che l’autocisterna ritorna, sempre più minacciosa – la faccia dell’autista non si vede mai, è angoscia senza volto. È un film teso, angosciante, ossessivo. Da una telefonata si capisce che Mann ha problemi con la moglie – è un uomo di mezza età della middle class che evidentemente sta vivendo un momento difficile della vita, un momento di passaggio. Mariavittoria ha guardato il film con grande attenzione, e ne ha immediatamente compreso la complessità metaforica. Cosa rappresenta l’autocisterna? E come interpretare quell’inseguimento, quel duello? L’idea che mi sono fatto è che quell’autocisterna così minacciosa, pressante e distruttiva sia metafora della depressione: una depressione ansiosa, piena di domande, di dubbi, di ossessioni – non di quelle catatoniche, che spengono e annientano. La depressione ansiosa è esattamente così: ti tampona, ti insegue, ti fa sbandare, ti riempie di paure, di sgomenti, di tremori. Fino al punto di farti sentire che potrebbe ucciderti. In effetti più volte Mann rischia di morire, ma la sua tenacia, la sua voglia di sconfiggere quel demone, il suo bisogno di continuare a credere nella vita lo porteranno al termine dell’incubo, fuori dall’orrenda notte della paura. Tanto da riuscire a distruggere quel mastodonte che sembrava molto più forte di lui. Qualche mastodonte lo abbiamo sconfitto anche io e Mariavittoria, a pensarci bene. Ma questo, forse, è un altro discorso.

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