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Enrico Vanzina. Diario diurno

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La cattiveria è sempre stata un elemento portante della letteratura.

Nel ‘900 poi, con difficoltà si è riusciti a farne a meno e la crudeltà è diventata la carne dell’intrattenimento per la quale il resto ha fatto spesso da contorno.

Se è vero questo libro (Diario Diurno, di Enrico Vanzina, HarperCollins 2022, 298 pagine, € 18,50) è un libro vegano perché di cattiveria ce n’è proprio poca.

Lo stile è quello dei diari di Longanesi o Montanelli ma non c’è nulla di troppo caustico. I sentimenti invece prevalgono.

C’è la nostalgia dell’eleganza di Gary Cooper che da bambino l’autore ha visto uscire dal negozio di Franceschini e ricorda che vederlo camminare per via Condotti “faceva bene all’anima”.

C’è il dolore per la scomparsa di tanti amici, tra i quali Armando Trovaioli che insieme a Ennio Morricone e Piero Piccioni fu tra i più grandi compositori italiani di musica da film.

C’è l’amore per il vecchio e il disagio per il nuovo: “La vecchia Italia non c’è più e quella nuova non emerge siamo come nella corruzione, in quella melmosa terra di mezzo dove non esistono più punti di riferimento”. E ancora: “Siamo alla deriva senza commedie da vivere e senza commedia non ci resta che piangere”.

Cogliamo scorci di vita quotidiana che ispirano illuminazioni sociologiche: “Fregene Beach. Sulla spiaggia i vu cumprà offrono in francese finte borse Vuitton. Sono loro i veri europei. I clienti, infatti, parlano a malapena l’italiano”.

Possiamo trovare una citazione di Fred Allen sulla fama: “Le celebrità sono quella categoria di uomini e di donne che lavorano duramente in un certo periodo della loro vita per diventare famosi. Poi quando lo sono diventati si mettono gli occhiali neri per non essere riconosciuti”.

Troviamo un consiglio prezioso che arriva addirittura da Jean Giono quando spiegava agli aspiranti scrittori come fosse facile inventare storie: “Basta immaginare un signore che suona una porta, una persona che apre, ed ecco che la storia comincia…”

Ci sono anche opinioni sulle nuove generazioni: “Detesto i giovani autori italiani che vanno alla mostra del cinema di Venezia e dopo il loro primo film dicono il mio cinema”.

Anche il denaro non resta immune da critiche: “Per sapere cosa pensa Dio dei soldi, basta guardare a chi li dà”.

Sui rapporti tra le persone c’è la constatazione del fatto che essere snob significa sentirsi superiori agli altri e il mondo è progettato così bene da far sì che ci sia ci sia sempre qualcuno al quale sentirsi superiori.

Traspare una certa idea dell’arte e della satira che vorrebbe l’artista e il letterato liberi di esprimersi e di affrontare al meglio il compito di rendere migliori le altre persone.

Infatti, in occasione delle polemiche sul film Tolo Tolo di Zalone ricorda le usanze del passato: “Sembra di essere tornati ai tempi in cui fuori dai teatri alcuni spettatori assalivano l’attore che impersonava ’o malamente, il cattivo, lo insultavano e spesso lo riempivano di botte. Non riuscivano a capire che rappresentare non significa essere”.

Ci sono i ricordi del fratello Carlo che amava la finzione perché a differenza che nella realtà lì ci può essere il lieto fine.

In conclusione, si tratta di una fonte, di un punto di vista privilegiato di un regista e sceneggiatore intorno al quale ruotano circa cento anni di cultura cinematografica e in cui si trovano incontri, esperienze e spunti di interesse per gli appassionati del settore.

Infatti, Enrico Vanzina è figlio del grandissimo Steno, regista di Totò che diresse i più grandi attori italiani: Alberto Sordi, Paolo Villaggio, Gigi Proietti, Renato Rascel, Aldo Fabrizi, Ornella Muti, Mariangela Melato, Monica Vitti, Sylva Koscina, Edwige Fenech e tanti altri.

Steno, tra l’altro era amico del più grande giornalista italiano di tutti i tempi: Leo Longanesi. Proprio per questo Carlo ed Enrico Vanzina da piccoli ebbero la fortuna di incontrarsi con Leo Longanesi che insegnò loro un gioco di carte, “La Peppa”(questo non lo troverete nel libro).

Si sente la malinconia e il rammarico nella lettera al padre Steno: “Oggi gli innamorati non camminano più e non si scrivono più lettere. Si cercano e si trovano su Internet. Generalmente per fare cose un po’ zozze”. Oppure: “Oggi chi sogna è fuori gioco. Perché oggi non conta più sognare, conta vincere”.

Ma a qualcuno piace ancora sognare e ritornando all’amicizia tra Steno e Longanesi mi viene in mente il loro viaggio da sfollati nel Sud Italia liberato di cui si trova traccia nel libro di Longanesi Parliamo dell’elefante. Frammenti di un diario, Milano, Longanesi, 1947.

Oggi gli uomini come Steno e Longanesi mancano davvero e senza dubbio quel viaggio sarebbe un film indimenticabile.

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