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Eppi deis

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Auard aveva dato fondo al suo whisky e alla personale riserva di illazioni. Era ormai sicuro che Merion avesse un amante: forse uno più giovane, molto più giovane di lei, visto che aveva iniziato a radersi il pube.

Bisognava ammettere che, tutto sommato, quel paradigma egoistico di felicità – il tradimento – giovasse anche lui: più tempo per il circolo, le migliori serie tv scelte tra quelle che Merion detestava, un suicidio di coppia evitato.

Tra le bugie che Auard raccontava ai suoi clienti, vendendo bulloni e chiavi magnetiche, le più credibili erano quelle che gli ricordavano la propria verità: ho una moglie stupenda, il mio matrimonio è perfetto, Artur Fonzarelli è il migliore degli inquilini possibili.

Non avesse mai affittato quell’appartamentino ad Artur! Quell’ipocrita in giacca di pelle che si fingeva un sovversivo era il peggiore dei borghesi con persino la vocazione allo scrocco. Artur era un approfittatore, un rapace abile nel mostrarsi per come voleva essere visto, astuto nel celarsi per come era davvero. Fuori faceva meno tre gradi e lui girava in maglietta di cotone bianco e giubbottino, ma dentro… dentro moriva di freddo.

Ma perché mai affittargli l’appartamento di fianco! Maledetto quel giorno!

Era dunque Artur a fiondarsi Merion?

Auard se lo domandava, ma non voleva rispondersi. E non pretendeva nemmeno una risposta, ma solo un mucchio di sorrisi e consuetudini di circostanza, quella era la sua famiglia: un atto di costrizione degno di un “mea culpa” affogato nel gelato alla vaniglia fatto in casa da Merion.

Forse per le sue origini italiane, Artur mischiava un caffè espresso alla densità cremosa del gelato e leccava i bordi della tazza in ceramica, fissando Merion negli occhi, facendola arrossire sino ai polpacci che spuntavano dalla gonna a ruota, sotto le massicce ginocchia coperte.

Ma Artur gli aveva salvato la vita o, meglio, lo aveva tirato fuori da un potenziale pestaggio di balordi: due uomini di colore. Quei tipi, con la scusa di chiedergli un cambio di banconote in taglio più piccolo per la pompa di benzina, lo avrebbero certamente aggredito e derubato. Fortuna volle che Artur si fermasse con la sua motocicletta Traiunf proprio davanti allo stesso benzinaio, mettendo in fuga quegli sporchi negri che di sicuro non vivevano a Miluochi.

Si dice che quando una persona ti salva la vita, prima o poi la pretenda indietro: e la vita di Auard si chiamava Merion, dunque… non c’era motivo di reclamare alcun torto.

Alle 18:00 come al solito, Auard aveva chiuso il negozio di ferramenta, si era sbronzato con un bicchiere per dilettanti ed era entrato felice a casa, gridando: «Merion sono arrivato!».

Ma non aveva trovato nessuno anzi, le luci erano spente. Richi sarà stato con qualche amico a studiare, Gioni con le sue compagne a sperimentare rossetti e fondo tinta nuovi. E Merion? E la cena? Chi diavolo avrebbe cucinato?

Dopo mesi di astinenza sessuale, e settimane di autocoscienza, Auard ebbe un’idea. Un impulso, più che un’idea, lo costrinse a prendere la rivista La sarta perfetta, a cui Merion era abbonata, e a nascondersi in bagno.

Masturbarsi.

Per quanto Auard fosse ambidestro, si lavava da sempre i denti con la destra e aveva memoria di usare la sinistra per quelle faccende…

Dove?

In un documentario aveva sentito dire che, stando in posizione verticale, il sangue fluisse meglio nel coso, nel corpo cavernoso: quindi in piedi davanti al lavello.

Pagina 52: Moda di tendenza per giovani tenniste.

Niente.

Pagina 68: Lingerie da notte in calda e comoda seta.

Macché!

Pagina 74: Abitino floreale molto corto pronti e via.

Nessun segno di vita. Fermo al rosso.

Chiudendo la rivista, sconfortato a causa di quella inibizione latente, Auard la girò sul retro per negarsi, dalla vergogna, anche agli occhi della modella in copertina che portava un barboncino al guinzaglio.

Fu in quel momento che sulla quarta di copertina del magazine scorse un languido Geims Din con un cappellaccio da vaccaro in testa.

E per Auard fu una rivelazione. E si sentì un gigante nella valle dell’Eden…

Scendendo dal bagno con la palese sensazione che domani sarebbe stato un altro giorno, si accorse che tutti stavano bevendo un tè in salotto… anche Artur sorseggiava, sprofondato nella poltrona del capo famiglia con gli stivali sullo spigolo del pouf.

«Che bello vedervi tutti qui!» esclamò Auard…

«Amore, siamo in salotto da un po’…» confermò Merion imbarazzata.

«Papà, ti sentivamo lamentarti in bagno! Tutto bene?» si preoccupò Richi.

«Stavo solo curando le mie emorroidi, scusate il ritardo.»

«Zucchero?» chiese Merion porgendogli la tazza preferita del Circolo del Leopardo.

«Oggi lo bevo amaro! Solo con un goccio di latte, magari.»

«Bravo Signor Canningam!» disse Artur. «Se si giocasse sempre con le vecchie regole, non si vincerebbe mai nessuna nuova battaglia!»

E tornò la felicità in quella famiglia, per quei giorni e per tutte le sere… Ci furono molte “buonanotte”, piene di baci, preziosi consigli e umani perdoni e lo stesso libro, su ogni comodino di casa, aperto alla medesima pagina.

Angelo Orazio Pregoni

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