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Ermanno Cavazzoni. Il gran bugiardo

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Una ragazza sul tram sta leggendo un libro. Seduto lì vicino c’è un ragazzo, indossa una barba finta – è appena venuto via dalla mensa dei poveri, dove si finge barbone per rimediare i pasti. Il ragazzo si chiama Nicola e pensa che la ragazza sia molto bella: se ne innamora all’istante, vuole parlarle, conquistarla. Allora inventa una balla, le racconta di essere lui Luc Barbaresco, l’autore del libro che lei sta leggendo. Riesce in questo modo ad ottenere un altro appuntamento, con la promessa di regalarle una copia del suo nuovo romanzo, ancora inedito. Va da sé: il romanzo non esiste, lui non ha mai scritto una riga in vita sua. Il giorno dopo, accade una cosa simile, con un’altra ragazza – di nuovo: innamoramento istantaneo – ma questa volta il ragazzo si finge un direttore d’orchestra e la invita ad assistere al suo prossimo concerto, che si terrà da lì a pochi giorni.

Da queste due menzogne, discenderanno tutta una serie di eventi e situazioni via via più paradossali, spesso comiche, sempre stranamente credibili. Ester e Mirta, questo il nome delle due ragazze, diventano l’oggetto del desiderio da conquistare ad ogni costo. Quasi un eroe da poema cavalleresco, Nicola – o Nic, come lo chiamano in famiglia -, ostinato inseguitore, disposto a tutto pur di conquistare le due amate. Il nemico da combattere, però, in questo caso è tutto interno, si tratta proprio di quel bisogno irrazionale, insopprimibile di mentire. Ne vien fuori un’etica dell’eroe distorta, in certo modo anche più umana.

Con Il gran bugiardo, edito da La nave di Teseo, Ermanno Cavazzoni ha dato vita a un protagonista che non riesce a smettere di cedere a se stesso, non importa quante volte, né quanto estese e rischiose le ramificazioni dei suoi cedimenti. Ma chi è Nic? Dove ha inizio il suo male? Il narratore che entra e esce dalla storia ne dà conto, anche per mettere in evidenza un fatto cruciale: la compulsione di Nic non è sintomo di un calcolo, bensì di una debolezza.

Dopo una prima menzogna, detta ai genitori per necessità – una laurea in medicina mai presa -, ne sono venute altre, a cascata, sempre di più e sempre più grandi. Con l’andare del tempo, il mentire si è fatto, per il protagonista, un difetto del pensiero: le parole si formano e vanno fuori quasi senza intenzione. E una volta detta, la menzogna cresce, va gestita, alimentata, tornare indietro è impossibile, non si può. Dal difetto di pensiero consegue la bugia come stile di vita, come unico modo di andar nel mondo.

Nic ha una stanza in affitto nella casa di un’anziana che lo crede un medico stimato, mangia alla mensa dei poveri indossando una barba finta, racconta al proprio psichiatra di essere in grado di tramutare l’acciaio in oro, si inventa prima scrittore – ed è capace di tenere una presentazione del proprio libro mai scritto -, poi direttore d’orchestra – e per alcuni minuti, complici alcuni divertenti equivoci, riesce anche a dirigerne una.

A guardar bene, Cavazzoni potrebbe aver scritto un romanzo su come si inventa un romanzo. Quello che fa Nic è, in sostanza, ciò che fa chiunque decida di scriverne uno: affronta di volta in volta i problemi di coerenza che la propria immaginazione gli pone. Una volta che il problema è stato individuato, tocca decidere come risolverlo, se aggirarlo o affrontarlo, in quali punti è necessario operare un ripensamento e in quali invece è più opportuno lasciarsi guidare dal flusso dell’invenzione, magari ritoccando più tardi. Volgarizzando, si tratta di seminare qui e là pezze che aiutino a far stare in piedi la menzogna principale che è la storia che si va raccontando. Nic, proprio come fa un romanziere, crea un mondo alternativo – un mondo nel mondo -, governato da leggi tutte sue, sostenuto dalla relazione che si instaura tra i vari personaggi che lo popolano.

Quindi, un romanzo sul fare un romanzo. Oppure, molto più semplicemente, un romanzo sul bisogno di mentire. Un bisogno che non è solo del protagonista, ma dell’essere umano in generale. Nic si fa paradigma di un certo modo di stare in relazione, inventandosi diversi – di molto o di molto poco – a seconda dell’interlocutore che si ha davanti. Come che sia, Il gran bugiardo è un romanzo avvincente, spassoso, e riesce, proprio come sospetta lo stesso Cavazzoni nelle parole d’introduzione, a far «meditare sulle più tipiche fatali propensioni dell’umanità».

Edoardo Zambelli

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Ermanno Cavazzoni, Il gran bugiardo, La nave di Teseo, 2023, 19 euro

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