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Francesco Musolino. Mare mosso

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Venezia, Cagliari, Napoli, Palermo e Atene: è a partire da cinque città di mare che si struttura Mare mosso, romanzo di Francesco Musolino che esce per i tipi di Edizioni e/o nella collana “Dal Mondo”. Mare mosso ispirato a una storia vera, quella di un salvataggio avvenuto al largo del Mar di Sardegna, è prima di tutto un racconto animato da atmosfere decisamente noir, che mette insieme avventura, traffici d’armi e stupefacenti, atti coraggiosi, pericoli e amicizie profonde.

La storia prende il via in una notte del 24 dicembre, quando Radio Cagliari raccoglie l’SOS di una nave turca alla deriva, che trasporta seicento tonnellate di pesce surgelato. È l’ingegnere navale Achille Vitale, a capo di una flotta di rimorchiatori, a intervenire e a organizzare i soccorsi. Nello stesso momento, ad Atene, qualcuno è fermamente intenzionato a recuperare il carico custodito dalla nave in balia del mare in tempesta. L’uomo sarà destinato a misurarsi con gli elementi, ma non solo: su questo nucleo Musolino costruisce una narrazione che unisce suspense a suggestioni e atmosfere che rimandano a Hugo Pratt e Jean-Claude Izzo.

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Non c’è niente da fare. I guai succedono sempre di notte. In questo piccolo ufficio a due passi dal porto di Cagliari, uno dopo l’altro, dalle sette di sera fino alle sei del mattino, facciamo a turno per montare la guardia e intanto ascoltiamo i bollettini nautici aspettando che accada qualcosa. Dicono che il tempo sia il più grande dei tesori ma vale solo per la gente che non ha un bel nulla da fare. Invece, per noi che siamo costretti ad assecondarne i capricci, lo scorrere inesorabile delle lancette è un’enorme scocciatura, fine pena mai. Per un tempo che sembra infinito c’è solo questo, un silenzio a farci compagnia, rotto ora dal gorgogliare della moka, ora dal rumore dei gusci di noce in frantumi, ora dal frusciare delle carte per l’ennesimo solitario, vinto o perso non importa, sopra quel tavolaccio di fòrmica bianco tutto scheggiato, illuminato da una singola lampadina da sessanta watt che gli pende sopra, oscillando al vento che si intrufola dagli infissi di legno, in balìa delle intemperie.

Questa stanzetta è la sede operativa principale della Siresa Mare Spa, ovvero la Società Italiana Rimorchi e Salvataggi che coordina una flotta di tre rimorchiatori: Gladiatore, Mastino, Varazze. Siamo uomini di mare, gente senza fronzoli. Gli arredi sono decisamente spartani. Nella prima stanza il pezzo forte è un divano letto rivestito da un tessuto marroncino, ormai liso dall’usura; accanto, una grande finestra si affaccia sul porto di Cagliari. Nella stanza adiacente, un an golo cucina con due fuochi, un piccolo frigo pieno di birre e acqua gelata e questo tavolo, buono sia per mangiare che per stendere le carte nautiche, decidendo in fretta la situazione in caso di emergenza e, infine, un pavimento di legno scuro piuttosto dozzinale che ne ha viste di tutti i colori mentre la salsedine aggredisce l’intonaco e si sente un persistente odore di umidità che con le finestre chiuse ti prende alla gola. Pareti bianche e nemmeno un quadro appeso, solo un calendario sul quale segniamo a penna i nostri turni. E questo è tutto. Stasera la guardia la monto io. Non era il mio turno, in effetti, ma Brigitta non c’è e non avevo troppa voglia di rimanere mentre tutti stavano a tavola con la cena di magro e gli spaghetti alle vongole. Ho preso la sacca Spalding, al cui in terno è stata cucita un’etichetta con i miei da ti: Achille Vitale. Nato a Palermo, 15 luglio 1951, e me la so no messa in spalla. Nella mia testa c’era aria viziata, aria di brutti pensieri, e così prima di uscire sono andato in terrazza per fumare un’altra sigaretta in santa pace. Nel frattem po, ho controllato che lo sgabuzzino con dentro le bombole per le immersioni fosse ben chiuso e che il rosaio e il suo graticcio fossero protetti con i teli di plastica. Già che c’ero, ho verificato che nella borsa ci fos se tutto: la tuta bianca da lavoro con la zip, i guanti di crosta, la torcia con le pile cariche, il coltellino svizzero multiuso, una maglietta bian – ca di ricambio, la carta nautica della Sardegna e un pullover di lana perché in mezzo al mare fa davvero freddo. E poi tre pacchetti di sigarette, Muratti Ambasador. Il mio VHF portatile e una piletta di gettoni del telefono, ovviamente.

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