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Hanna Bervoets. Questo post è stato rimosso

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Se eri un adolescente alla fine degli anni novanta, se avevi un pc collegato a Internet, allora sai cos’era un moderatore.

Esistevano le chat room, a quel tempo. Dentro le stanze virtuali, incontravi persone sconosciute e cominciavi a parlare. Uno dei divertimenti, a quel punto, era far arrabbiare i moderatori. Alla prima parolaccia, al primo commento inappropriato, il moderatore ti minacciava. Alla seconda o terza minaccia, eri fuori.

Era un gioco stupido, ma stavamo muovendo i primi passi nel web e tutto ci pareva elettrizzante, anche se – a quel tempo – si trattava di un mondo ingenuo, fatto perlopiù di parole. Le immagini e i video sono arrivati dopo cambiando ogni cosa.

È stato come se le immagini avessero infranto l’ingenuità del linguaggio e avessero frantumato ogni riserva. Le persone hanno riversato nel web tutte le loro inquietudini, le loro idiosincrasie, le aspirazioni e le deformazioni del loro cervello. Tutto è all’eccesso, adesso. Troppo felici, troppo tristi, se non peggio.

Questo post è stato rimosso, di Hanna Bervoets, edito da Mondadori e tradotto da Francesco Panzeri, ci racconta la nuova terrificante vita dei moderatori.

Se, al tempo in cui io e i miei amici li costringevamo a cacciarci dalle chat room, il loro era solo un lavoro snervante e noioso, adesso che i Social network hanno donato alle persone intere vite parallele, il lavoro del moderatore è diventato devastante.

Dal libro della Bervoets si apprende che le piattaforme social subappaltano a società terze il compito di filtrare tutto il materiale che gli utenti considerano inappropriati.

Ogni video, ogni foto, che viene segnalata dagli utenti, viene passata al vaglio dei moderatori. Seguendo una serie di regole ristrette, queste figure/arbitro devono stabilire se il contenuto può restare o deve essere rimosso.

I moderatori si ritrovano davanti ad uno schermo per otto ore consecutive ad assistere e processare tutti gli incubi che la gente riversa sulle piattaforme Social.

Allora cosa hai visto? È la domanda che tutti continuano a rivolgere a Kayleigh.

La protagonista di questa storia era una moderatrice e, come tutti i suoi ex colleghi ha lasciato il lavoro. Ma perché? A cosa ha assistito di così sconvolgente?

Non vi dirò il contenuto dei video a cui Kayleigh e i suoi compagni hanno assistito, perché questa è forse la molla principale che vi spingerà a continuare ad addentrarvi nel mondo dei moderatori.

Il punto però, a mio avviso, non è tanto cosa abbia visto, anche se di cose sconvolgenti ce ne sono tante, ma è l’impatto che queste cose hanno sui moderatori.

Kayleigh ha accesso ad una finestra sulla follia delle persone. Un accesso diretto, con lo schermo come unico filtro. È incredibile, o forse no, quanto le persone abbiano desiderio di essere viste, comprese, compatite, quanto abbiano voglia di condividere tutte le proprie perversioni. Assistere alla brutalità, alla malattia, ti cambia.

Esiste un limite: lo stress traumatico causato dall’esposizione prolungata a immagini scioccanti può portare a depressione, disturbi d’ansia e pensieri paranoici.

C’è un episodio emblematico all’interno della storia. Non è un episodio spettacolare, ma ti resta impresso proprio per la sua terribile normalità.

Un pomeriggio la squadra di moderatori cui la protagonista appartiene, vede un uomo sul tetto del palazzo di fronte. Il primo pensiero di tutti è: se fosse un contenuto web, lo dovrei lasciare in rete? Queste immagini rispettano i parametri imposti dalla piattaforma?

Questa è un’idea comune ad ogni componente della squadra che ha imparato a smontare ogni esperienza della vita e ad inquadrarla nei parametri di una piattaforma virtuale.

Il secondo pensiero è: l’uomo sta per buttarsi di sotto. Questa conclusione collettiva, genera una reazione diversa per ognuno. C’è chi incita la persona a buttarsi, impaziente di vederlo schiantato sull’asfalto; c’è chi è bloccato dalla tensione e chi si fionda fuori dall’edificio per soccorrerlo.

Dopo, si scopre che l’uomo sul tetto era solo un operaio a lavoro. Rimane emblematico, a questo punto, che tutti loro non avessero mai preso in considerazione questa banale eventualità.

I moderatori, super esposti alla follia umana, hanno maturato un rasoio di Occam tutto loro per il quale la soluzione più semplice è sempre la più estrema.

Interessante, in questo racconto lungo, è osservare i piccoli cambiamenti di personalità che avvengono nei moderatori.

Se questo fosse stato un libro di Chuck Palahniuk, ci sarebbero state scene di sesso surreale, personaggi impossibili, cospirazioni rocambolesche e tutti quei cliché che hanno reso lo scrittore americano da geniale a prevedibile. Invece quello che avviene nelle pagine della Bervoets è reale e, proprio per questo, terribile. Assistiamo alla comparsa delle prime crepe, ai cedimenti, al cambiamento, alle introversioni, le nevrosi che nascono come boccioli di parietaria che ci metteranno anni ma creperanno il muro.

Questo post è stato rimosso, di Hanna Bervoets non deve essere letto come un racconto di fantasia. Lo è, ovviamente, ma si basa su fatti reali. Basta leggere la lunga lista di saggi sull’argomento a cui l’autrice fa riferimento. È un saggio – a mio avviso – sulle reazioni all’esposizione prolungata al dolore altrui.

Obbedienza all’autorità di Milgram; gli esperimenti di Asch, non erano diversi. Dopo queste cento pagine, vi verrà voglia di chiudere Facebook, di lasciar perdere Tik Tok e guarderete fuori, oltre la finestra. Che il tempo sia buono o cattivo, anche con il vento forte e la pioggia, vi verrà solo voglia di prendere aria.

Pierangelo Consoli

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Hanna Bervoets, Questo post è stato rimosso, Mondadori, 2022, Pp. 108, Euro 17,50

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