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Howard Chaykin. Black kiss omnibus

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Al netto di alcune scene che, per l’epoca in cui è uscito, possono essere rubricate come “decisamente spinte” e delle infiltrazioni horror, Black kiss si può considerare un magnifico romanzo hard boiled.

Sicuramente e volutamente politically uncorrect, almeno quanto basta per far fibrillare il fu Comics code statunitense.

A rileggerlo ora, calcolando la distanza di trentasei anni dalla sua uscita negli Stati Uniti e di trentatré da quella italiana su Nova Express, mensile del non mai abbastanza compianto Luigi Bernardi, resta comunque una lettura che non lascia indifferenti.

L’edizione proposta dalla italiana Saldapress è oltretutto la più completa rintracciabile sul mercato per chi vuole addentrare nell’universo maledettamente corrotto ideato da Chaykin.

Nelle pagine del voluminoso omnibus trovano infatti spazio anche le storie di Black kiss 2 e Black kiss Nero Natale. Insomma, tutto quanto Chaykin ha voluto raccontare della sua creatura lo si trova qui, insieme a una postfazione puntualissima su autore e fumetto in questione, firmata da Paolo Interdonato.

Il racconto che Black kiss sciorina, come ogni romanzo dime che si rispetti, non è facile da narrare nella sua semplicità. Anzi: proprio per la sua apparente semplicità.

Diciamo che, come in una crasi nevrotizzata tra Falcone maltese e Grande sonno, si parte in buona sostanza da un filmino pornografico – trafugato niente po’ po’ di meno che dalle teche del Vaticano – di cui tutti desiderano venire in possesso.

La storia fa però capire fin da subito come quella pellicola farebbe meglio a sparire, e definitivamente, così da non mettere in difficoltà vari nomi noti, o ex noti, dell’industria cinematografica hollywoodiana (quale altra, sennò) e non solo.

Ai romanzi hard boiled Black kiss tende la mano anche per quanto riguarda atmosfere e ambientazioni.

Per dire: dovremmo essere nella Los Angeles degli anni Ottanta. In realtà la struttura delle tavole, il decor che ne riusciamo a cogliere, sembra spostare tutto abbastanza indietro nel tempo, diremmo agli anni Sessanta.

Comunque è nella città degli angeli che il sassofonista jazz Chass Pollack – non proprio uno stinco di santo, ma nemmeno chissà quale carogna – se la spassa con l’amante mentre la moglie viene uccisa da alcuni corrotti detective del LAPD.

Accusato ingiustamente di questo omicidio, fugge e si trova nella situazione classica dell’innocente alla ricerca del come discolparsi.

Accetta perciò l’incarico di recuperare una pellicola rarissima, in cui compaiono personaggi di alto bordo della politica e della religione nel mentre compiono atti, diciamo, “non consoni” al loro ruolo.

A questa ricerca lo costringono Beverly Grove, ex attrice porno, e Dagmar Laine, la sua amante che, nel giro di poco, si scoprirà essere un trans.

Il delirio narrativo di Chaykin non si ferma a queste cosucce.

La storia evolve e si espande comprendendo poi confraternite segrete e, soprattutto, vampiri non ligi alla tradizione horror fatta di canini aguzzi e crocefissi.

E dove si annida tutto ciò? Ma nell’industria cinematografica prima ancora che nella società americana!

Al di là delle apparenze, che lo collocano fra giallo, porno e horror, Black kiss è un fumetto che invece racconta e tanto proprio degli Stati Uniti, dell’essere una nazione scissa in due: una facciata da sogno senza fine, un retro che pullula di violenza gratuita, di corruttela, di insensatezza.

Una cosetta da nulla, diremmo oggi.

Ma fate bene attenzione: il messaggio che l’autore inserisce in questo fumetto è stato vergato quasi quarant’anni fa.

In questo, Black kiss può essere definito “anticipatore”.

In un periodo storico dove a guidare la nazione americana troviamo il conservatore Ronald Reagan, già mediocre attore cinematografico, l’accusa contenuta nelle tavole di questo lavoro è di una potenza sovversiva non da poco.

Ai giorni nostri, per come il verbo neoliberista ha infiltrato ogni settore economico e sociale a livello mondiale, sarebbe più facile esplicitare un simile dettato, ma anche meno efficace.

I dialoghi, ben resi nella traduzione di Michele Innocenti rendono Black kiss, ancora più del tratto di Chaykin, qualcosa di veramente fuori dal registro cui la censura del periodo aveva abituato.

È “fuori” non solo dalle regole della CCA, ma da quanto si era abituati a leggere all’epoca, sugli albi supereroistici come in quel poco di fumetto indipendente Nordamericano che riusciva ad arrivare in Italia.

Non di meno era e resta un linguaggio efficace, non solo per rendere il tono della vicenda.

Lo è anche per cancellare la facciata di perbenismo che si voleva imporre alla società attraverso i media di intrattenimento.

Una way of life soprattutto moralistica che già scricchiolava allegramente di suo. Che si tentava di rispettare nel gioco di apparenze, ma non resisteva allo scollamento fra quanto si voleva imporre alla società e quanto questa fosse nella realtà di tutti giorni.

Chaykin in questo lavoro mostra a cosa porta la schizofrenia del vivere accettando regole che, diciamo, castrano la propria natura.

L’autore americano fa esplicito riferimento alla sfera sessuale, il più eclatante e forse anche il più facile fra i divieti imposti da una morale protestante estremamente manichea.

Dietro di essa non è però difficile intuire il resto: una nazione alle prese con una profonda frattura in campo politico e umano.

Qualcosa che è andato ingigantendosi, fino a trovare oggi una sua evidenza nel pensiero trumpiano.

Chaykin racconta nelle sue tavole quanto allora trovava sfogo praticamente solo dentro le forme della narrazione.

Un virus che, da lì in poi, è esploso facendosi realtà concreta e attecchendo ovunque nel mondo.

Sergio Rotino

Recensione al libro Black kiss omnibus di Howard Chaykin, trad. Michele Innocenti, Alessio Danesi, Andrea G. Ciccarelli, Saldapress 2021, pagg. 320, € 39,00

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