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Hubert & Zanzim, La mia vita postuma

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Di questo “combo” francese (in realtà un duo) ne avevamo parlato in modo elogiativo per Pelle d’uomo, il loro ultimo lavoro, anch’esso pubblicato dalla milanese Bao Publishing, ma nel 2022.

Scriviamo “ultimo” perché la prematura scomparsa dello sceneggiatore Hubert Boulard ha troncato la possibilità di poter leggere nuovi romanzi grafici a loro nome.

Quello che leggiamo e vediamo ne La mia vita postuma, porta al rischio di farci ripetere il carnet di complimenti sciorinato in precedenza e di spingerlo anche oltre, se possibile.

A nostro avviso il perché sta nella storia, che supera il carattere di favola morale del suo predecessore.

Qui Hubert, sostenuto perfettamente dal disegno comico-realistico di Zanzim, muove con più forza il racconto verso il terreno dell’allegoria. Accade malgrado la materia trattata sia certamente usurata dalla frequentazione.

Hubert infatti mette al centro della narrazione la vita oltre la morte, che comunque è tanta roba.

Lo fa spingendo sul pedale di una ironia più terragna rispetto al lavoro che verrà dopo, usando qui più la spada che il fioretto e insistendo sul carattere grottesco-surreale, delle situazioni come dei personaggi.

È come se la narrazione venisse lasciata libera di andare “di pancia”, si abbandonasse al fluire degli eventi con la massima naturalezza, inglobandone tutti i gap veri o presunti, alcune incongruenze, le sue mille piste, i suoi tanti colpi di scena, a volte (bisogna ammetterlo) leggermente telefonati.

Senza che oltretutto Hubert cerchi mai di nascondere come, per alcune delle situazioni, non vi sia uno scioglimento perfettamente chiarificatore, se non carico di vaghezza o di approssimazione, dato anche sbrigativamente.

Accade in alcuni passaggi dove si lega il malaffare della famiglia del sindaco con il rigoglio della natura e con il tema dell’immortalità post mortem. Verrebbe da dire che molti di essi non sono centrali per il racconto, ma così non è.

Insomma, se in Pelle d’uomo il meccanismo favolistico si univa alla forma della parabola per muovere millimetrico da tavola a tavola, ne La mia vita postuma Humbert e Zanzim sembrano aver preferito la via dell’equilibrismo, dell’imperfetto rutilante che lascia alla trama tutto lo spazio perché si dipani in (relativa) autonomia.

Pubblicato per la prima volta in terra francese, La mia vita postuma era originariamente diviso in due albi (usciti rispettivamente nel 2012 e nel 2013).

La bipartizione potrebbe spiegare in parte l’imperfezione di cui dicevamo poco sopra.

Nel fluire della storia si percepisce come un gradino, un prima e un dopo dove la parte iniziale prevale, in quanto meglio costruita sul piano delle argomentazioni e della struttura.

La seconda parte, in effetti, a dispetto delle situazioni che si accalcano frenetiche, lascia percepire un filo di stanchezza, probabilmente perché si deve chiudere e arrivare a un finale che non deluda in numero di pagine e non oltre.

Raccontata in prima persona attraverso la testimonianza di Emma Doucet, vedova del marito Pierre da “ant’anni”, La mia vita postuma inizia da subito a meravigliare il lettore.

Sin dalle prime battute, che vedono Emma come una intransigente vecchia signora, testarda più che acida. Come dice lei stessa, ha cancellato ogni forma di piacere dalla sua vita, tranne le sigarette.

Ha cioè trasformato la sua esistenza in una morte in vita.

A tal punto che quando muore a causa di una ferita d’arma da fuoco, non se ne rende conto e continua a fare quel che faceva prima: starsene in casa, battibeccare con Annie, la sua domestica ecc. Almeno fino all’illuminazione del suo essere una trapassata. Che è il vero passo d’avvio per quanto accadrà dopo.

C’è comunque di più della semplice trama.

Ne La mia vita postuma Hubert e Zazim danno corpo a un racconto sincero e sfrontato, tutto guizzi intuitivi che diventano stranezze pronte a far partecipe il lettore di una prospettiva afterlife mica male. Ma anche di scavo nella psicologia dei personaggi, di cui scopriamo molto attraverso una serie di flashback ben posizionati oltre che attraverso le loro affermazioni.

La traduzione di Francesco Savinio sembra riuscire a cogliere ottimamente le sfumature del testo francese, dando una coloritura differente per ognuno dei personaggi.

Quando poi tocca a uno di essi prendere brevemente la parola al posto di Emma, lo scarto sarà morbido, quasi impercettibile, tenuto dentro il ritmo generale del racconto.

È un romanzo grafico da rileggere più volte quello firmato da Hubert & Zanzim, perché lascia intendere con la sua ironia quanto le nostre azioni siano già un postmortem non avvertito.

Qualcosa che, in altro modo e quasi un secolo addietro, ci indicava Jacques Spitz con il suo delizioso L’occhio del purgatorio.

Sergio Rotino

Recensione al libro La mia vita postuma diHubert & Zanzim, trad. Francesco Savinio, Bao Publishing 2023, pagg. 112, € 23,00

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