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Il resto è merda

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Ieri pomeriggio sono andata a una seduta del consiglio comunale di Limerick. Non è che ho modi strani di divertirmi. Cioè: anche. Ma è che sto facendo qua un Master in giornalismo, e il corso prevede anche di queste trasferte.

 Quello di cui voglio parlare è il colpo d’occhio. No: il legame fra il colpo d’occhio e le cravatte. No: il legame fra politica e amministrazione.

Dice: che palle.

Momento. Non è detto.

Limerick è in Irlanda, sì. La verde Irlanda, l’isola di smeraldo, maddai, ooh come sei stata coraggiosa a lasciare l’Italia baraccaeburattini ma sei davvero là con tutta la famiglia. Sì.Limerick è quel posto dove Frank McCourt ha ambientato “Le ceneri di Angela”, quella storia di gioventù irlandese cattolica e miserabile per cui mezza città lo considera un bastardo rinnegato anche adesso che è morto da un po’.

Limerick è una città che per numero di abitanti in Italia sarebbe un paese; ma d’altra parte l’Irlanda da noi sarebbe una regione, e se non metto questa roba tra parentesi è solo perché non vorrei fare come la Rodotà; ma lei mette le parentesi in fondo alle frasi, in realtà (non come me).

Moquette verde-Irlanda-isola-di-smeraldo, finestroni sullo Shannon (fiume fighissimo), tavolo a ferro di cavallo per i consiglieri; due tavoli orizzontali uno dietro l’altro (il secondo sopraelevato) a chiudere il ferro di cavallo.

Al tavolo più basso, se ho capito bene, siedono i capi delle commissioni (che non sono organismi eletti); a quello più alto, il sindaco Kathleen Leddin (e prima di esultare perché wow è una donna, è bene sapere che il sindaco in Irlanda non ha potere) e i ‘director of service’. Tipo superfunzionari, come.

Carrello con caffè (caffè?) e biscottini.

Le segretarie verificano se funziona il proiettore con superschermo.

Funziona.

Comincio a pregustare una delle millantasettemila presentazioni powerpoint che sono apparentemente l’ingrediente fondamentale del processo di apprendimento in questo Paese. Questa cosa mi fa impazzire, ma ne parlo un’altra volta (forse Renzi ha studiato qui).

Davanti a me, di schiena, c’è un piccolo campionario dei giornalisti locali del Mid-West d’Irlanda.

Uno dei due uomini, di sguincio, ha l’aria furbina che ho visto tante volte nei giornalisti italiani: tipo ‘io la so lunga, cazzo’. In genere, questo tipo di giornalista ha la pancia, ma sono statisticamente attestati anche gamba e braccetto corti.

Il fatto è che ha investito tutto sulla professione e a volte la Guinness e la Shepherd’s pie (con la «e», sì) compensano abbastanza bene quella cosa di stomaco che ti viene perché non sei all’Irish Times (o a Repubblica/Corriere; solo che da noi ti fai di pizza, forse).

Vero, sì: la parentesi-Rodotà… [E comunque io a Repubblica non sono mai arrivata: dunque sto prendendo per il culo anche me (ma la pancia non ce l’ho. Ecco. L’ho detto)].

Un altro giornalista, secco secco, prenota sul suo minicomputer un volo Ryanair per un posto di mare e tiene la penna dietro l’orecchio. Già visto anche questo. Tsè.

Vabbè. Fa niente.

Guardo l’ordine del giorno del consiglio.

Punto 1 questa roba qua, punto 2 quest’altra roba…

Premessa: anni fa ero in un bus a Napoli. Una donna stava scendendo dalle porte anteriori. M’è scattato l’automatismo veronese Law and Order (conosciuto in Irlanda come ‘Lawn ‘n order’, ma questa è per palati fini e gente di cultura come me); ho detto «signora, se vuole uscire dall’altra porta mi sposto, venga». L’autista mi ha guardata. E mi ha detto: «Signuri’, ‘ccà stamm a Nnapule».

Perché questa cosa del bus: perché la cosa carina è che qui le mozioni passano senza voto. Passano se non c’è un numero palesemente maggioritario di interventi contrari. «Signo’, ‘ccà stamm a l’Irland».

Una mozione interessante è questa qui: i proprietari di cani saranno d’ora in poi tenuti a portare con sé il sacchettino per la cacca, e chi sarà trovato senza sacchetto pagherà una multa di 20 euro. Il problema è come verificare l’identità dei proprietari dei cani quando nel Paese non c’è un’anagrafe canina, ma d’altra parte cosa vuoi che sia. Le amministrative sono in maggio, il numero di consiglieri sarà ridotto per legge, e non starò a negare che il proibizionismo sulla cacca dei cani ha un suo bel fascino virile.

Il colpo d’occhio.

Ci arrivo.

I consiglieri, eletti dai cittadini, sono vestiti un po’ alla vivailparroco. Mediamente sono cicciottelli e rosati; hanno i calzoni sotto la pancia, camicie di terital che non potrei mai trovare le parole per definire; cravatte di piccolo calibro annodate lasche intorno a colletti sbottonati; giacchette come tirate fuori da pile di vestiti accatastati in garage.

I superfunzionari sono tendenzialmente magretti e hanno abiti grigi oppure neri. Vabbè, lo so: l’abito nero non è una cosa tanto chic, ma questo è un argomento su cui per ora ha senso sorvolare.

È vero che ce n’è uno che, pelato sulla testa, ha una codina a torciglione lunga lunga che raccoglie solo i capellini grigi che gli sono sopravvissuti in zona nuca. Ma in realtà è un funzionario senza super.

I consiglieri domandano chiarimenti ai capi delle commissioni (se ho capito bene) e ai superfunzionari. Ce n’è uno, di consigliere, che ha gli occhi pieni di terrore che hanno le persone che hanno scalato la montagna di una qualche difficile malattia e non hanno ancora gambe abbastanza forti per sopportare un’altra salita.

Non somiglia per niente alla fotina che mi sono portata da casa per cercare di riconoscere le facce di tutti.

Però ha una sciarpa di una bella lana. È a quella sciarpa lì che si attacca per dirsi «ehi, va tutto a posto». La annoda e la snoda. Parla forte. Interviene di continuo. Càpita di farlo, per dare forza al proprio sfinimento. E così ci si fa prendere per il culo.

 

Il sindaco dirige il traffico.

I superfunzionari rispondono alla fine. Ma tutto quel che dicono è ultimativo. Qui-comando-io.

Ce n’è voluto, ma ecco la cosa del colpo d’occhio.

C’è un legame fra il modo in cui ti vesti, gesticoli e ti atteggi e il potere che hai?

Come mi ha insegnato la vita, la domanda è scema a sufficienza per meritare una risposta.

La mia risposta è sì.

Con un’aggiunta che è poi la cosa che, purtroppo, mi tormenta di più.

Nell’immaginario la sostituzione si è già compiuta, indipendentemente da quel che le regole hanno fissato oppure no: alla politica nessuno riconosce sue proprie competenze, perché il potere è (dev’essere?) solo esecutivo, tecnico, amministrativo; il potere è cravatta e non-grassezza. Il potere è «competenza», il potere è «merito». Ahahah.

E il resto è merda.

Merda di cane, eccola là.

(Guarda bene, c’è).

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