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Kianny N. Antigua. Bestiole

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Ho sempre odiato andare allo zoo perché ti ritrovi a camminare sotto al sole, lungo vialetti ricavati in stretti spazi tra una teca e una gabbia, in mezzo a centinaia di persone. Che poi non è nemmeno questo, è l’imbarazzo.

In ogni caso, se hai i figli piccoli, succede che allo zoo ci vai anche se non vuoi, come vai al mare o in piscina anche se non sai nuotare e vai sulla neve anche se non sai sciare. Ci vai perché te lo chiedono e ci vai perché poi ti piace sentire come raccontano con le loro parole ciò che è rimasto impigliato tra le ciglia lunghe e i nasini sollevati.

I bambini poi vanno pazzi per gli animali, tutti gli animali, e li vogliono vedere e ti chiedono continuamente se li possono toccare, se si possono accarezzare, persino i leoni e i coccodrilli. Loro non fanno tanta differenza… quando ho detto a mio figlio di due anni che a questo zoo ci sarebbero stati anche gli orsi, la sua risposta è stata: e anche le formiche… e anche i gatti ha aggiunto l’altra mia figlia che di anni ne ha quattro.

E siamo andati e ho trovato gli orsi, le formiche, i gatti e il mio imbarazzo. Ma cosa c’è allo zoo che mi imbarazza tanto? Mi sono chiesto per tutto il tempo, cosa mi fa sentire solo e stanco e desideroso di scappare?

La risposta credo di averla trovata dentro una raccolta di racconti che si intitola Bestiole, scritto dalla dominicana Kianny N. Antigua. Si tratta di una piccola raccolta di diciotto racconti portata in Italia dalle edizioni Arcoiris, grazie alla traduzione di Barbara Flak Stizzoli.

Ogni essere umano, spiega Claudia Putzu in una sorta di introduzione al libro, si porta dentro un’altra persona, un gemello come lo chiamerebbe Gusmàn, su cui si ritaglia il fardello dei ricordi, di ferite non ancora rimarginate. Questo altro noi ci osserva, si trascina alle nostre spalle e, qualche volta, persino si sostituisce a noi, quando la furia ci invade e diventiamo irriconoscibili o facciamo cose esecrabili che non ricordiamo di aver fatto.

Il resto della vita lo passiamo come animali ammansiti, con il gemello umiliato e sottomesso, sopraffatti da un lungo addestramento.

Mentre leggevo, dopo il quarto o quinto racconto, mi sono sentito spettatore tra vialetti ricavati tra una teca e una gabbia e, quindi, imbarazzato di fronte alle bestiole di Antigua che si muovevano e mi guardavano come dietro a un vetro. Tra loro che si raccontavano e io che leggevo, soltanto il filtro di parole trasparenti. Mi scrutavano con occhi gialli come stelle freddissime e quasi spente in cui ho scorto la mia stessa scarsa voglia di aggredire. Erano – e io pure – queste vittime di sette religiose, di pregiudizi razziali spesso auto-inflitti, questi travolti dalla voglia di essere altrove, dal desiderio e dai ricordi, smarriti come selvaggi depauperati, assuefatti, ingabbiati e sconfitti.

Pierangelo Consoli

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Bestiole, Kianny N. Antigua, edizioni Arcoiris, Pp. 152, Euro 12.

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