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Lee Maynard anteprima. Urlando con i cannibali

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Il 28 aprile sarà in libreria il sequel del classico di culto Lontano da Crum di Lee Maynard, intitolato Urlando con i cannibali, Mattioli 1885, 2023, pp. 350, € 20,00, tradotto da Nicola Manuppelli che deve il titolo a quando il protagonista partecipa a una funzione evangelica in Kentucky, dall’altra parte del fiume rispetto alla sua nativa West Virginia.

Mentre la gente ulula e inveisce, il protagonista si ricorda come gli venisse consigliato di stare dalla sua parte del fiume ai tempi di Crum, poiché la gente dell’altra sponda era nota per mangiare i propri figli.

Nel romanzo, il protagonista visita il quartiere della West Virginia dove viveva la sua famiglia prima di trasferirsi a Crum e scopre che il suo zio preferito è scomparso in un incidente durante la distillazione di moonshining, un whisky illegale.

Successivamente e tra diverse disavventure e vicende amorose, si innamora di una ragazza e viene assunto come bagnino a Myrtle Beach, nonostante non sappia nuotare.

Non manca una riflessione sul trasferimento a Crum del protagonista per ragioni di studio: “Andare a Crum per farsi un’istruzione. Era un po’ come entrare in una miniera di carbone per studiare la luce del giorno”.

Da non perdere.

Carlo Tortarolo

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Crum, West Virginia.

Era lì che abitavo.

Ma questo libro non parla di Crum, West Virginia.

Quella miserabile città sorgeva su un fondovalle pianeggiante ai margini del fiume Tug, poco sopra le pendici del monte Bull. Nessuno che io abbia mai conosciuto è mai riuscito a spiegarmi perché si trovasse lì, perché esistesse, perché qualcuno potesse desiderare di vivere in quel posto. Per me, era solo un altro di quei luoghi da cui dovevo andarmene. Come Black Hawk Ridge e Turkey Creek.

La mattina in cui lasciai Crum non ci fu alcuna festa. Forse ci sarebbe stata, quando qualcuno dei ragazzi fosse venuto a sapere che me ne ero andato. La festa, intendo. Ma di sicuro, per quanto mi riguardava, non c’era nulla da festeggiare.

Ero fermo sul ciglio della strada a guardare un ragazzino che girava in cerchio sull’asfalto bucherellato in sella a una bicicletta, proprio di fronte a me. Era stato il mio migliore amico, quel ragazzino. E forse lo era ancora. Continuava a pedalare, su e giù, su e giù, e mi pareva di vedere le lacrime che disegnavano linee lucide lungo le sue guance infossate, ma questo non lo saprò mai per certo. Le sue gambe magre continuavano ad andare su e giù, guidando all’infinito quella vecchia bicicletta.

Stava aspettando di vedere se avrei trovato un passaggio che mi portasse fuori dalla città, per vedermi lì, in quel posto, per l’ultima volta. E così fu.

Non fu nemmeno necessario sporgere il pollice. Una vecchia Chevrolet a quattro porte del ’41 si fermò, lanciai la mia valigia di cartone sul retro, montai davanti e le ruote dell’auto cominciarono ad avanzare lungo la tortuosa strada pubblica a due corsie prima ancora che avessi anche solo appoggiato il culo sul sedile.

Comunque, a quel punto, il ragazzo sulla bicicletta non c’era più. Si era allontanato prima che la portiera sbattesse e il rumore riecheggiasse lungo il fiume, rimbalzando fino alle colline del Kentucky. Il suono si spense in lontananza e il ragazzo era scomparso insieme all’eco e capii, dopo che la portiera si fu chiusa, che, in quel preciso momento, anche io ero scomparso nel cuore di quel ragazzo, anche se non era lì presente. Gli era bastato sentire la portiera sbattere e si era sbarazzato di me.

Ma io no, io non mi sarei mai liberato di lui. Ricordavo quando avevamo corso insieme fra i fitti campi di canne da zucchero lungo il fiume, ricordavo quando ci eravamo dondolati su fragili rampicanti aggrovigliati tra le cime degli alberi, cercando noci nere attraverso il manto pungente e ricoperto di foglie del suolo della foresta.

Ricordavo il ragazzo che guardava con soggezione mentre una piccola, calibrata carica di dinamite faceva esplodere in aria il capannone dell’agente. Ricordavo tutto ciò. E me lo sarei ricordato per sempre. Quel ragazzo era stato mio amico, un tempo, forse l’unico vero amico che abbia mai avuto in tutta la mia vita.

Non lo vidi mai più.

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