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Nelson George. Il cuore più buio

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Al netto delle (troppe) fanfaronate che spesso caratterizzano le esternazioni e i comportamenti in pubblico di tanti dei suoi protagonisti, negli Stati Uniti il mondo della trap e, prima ancora, del gangsta-rap ha consentito a chi se ne è occupato con serietà e competenza di avere un punto di vista privilegiato nell’osservare i cambiamenti che hanno interessato la società americana in quest’ultimo (a dir poco) quarto di secolo: nessun genere musicale, infatti, ha fatto emergere con altrettanta forza ed evidenza le, a volte, incredibili contraddizioni che caratterizzano un Paese dove il radicato disagio di una considerevole fetta della popolazione, dopo aver dato origine ad un fenomeno artistico e di costume da banlieu, si è presto trasformato in uno strumento potentissimo per cambiare, drasticamente e su scala assoluta, le regole della comunicazione tout court, oltre a generare un nuovo modo di fare economia che ormai esula l’ambito della semplice industria legata al “pentagramma”. Di più: l’universo degli MC e le loro canzoni piene di trash talking e inviti alla sovversione, hanno offerto a coloro che operano nelle “stanze dei bottoni” delle nuove suggestioni attraverso le quali provare a sfruttare nuove strade nel tentativo di ammaestrare le folle e di riscrivere le regole del potere.

Ne Il cuore più buio (Jimenez Edizioni, 2020, pp. 267, € 18), nuovo episodio della serie dedicata all’ex bodyguard e ora talent manager D Hunter, Nelson George, uno dei massimi esponenti e attivisti mondiali della cultura afroamericana e della black music, si addentra proprio in questo affascinante scenario dove l’intreccio tra musica, politica e malavita genera “mostri” dei quali, magari, poco ci si cura, ma che, nondimeno, stanno cambiando il modo di gestire la res publica all’interno di quella che siamo abituati a considerare come la più significativa tra le democrazie del pianeta. E lo fa servendosi di un genere letterario, il mistery, che si dimostra particolarmente performante allo scopo, grazie alla sua congenita capacità di far convogliare i diversi tasselli della fabula raccontata in un intreccio veloce, denso e articolato, grazie al quale, avanzando la narrazione, si riesce non soltanto a godere della semplice storia, ma a prendere parimenti coscienza di una molteplicità di implicazioni umane e, appunto, sociali, che, per quanto suggerite o enunciate in un contesto di fiction, non risultano meno significative (e inquietanti).  Come altrettanto significativa si dimostra quella che potremmo considerare come la linea narrativa secondaria che si interseca con quella principale: oltre alle peripezie riguardanti il protagonista, possiamo infatti seguire anche le vicende che vedono coinvolta Serene Powers, una sorta di agente segreto per un’organizzazione non riconosciuta già nota agli amanti della serie, che, con le sue missioni, ha il compito di sabotare e interrompere il traffico di esseri umani in varie città europee e americane.

Dal suo incontro-connessione con D Hunter, si scateneranno una serie di eventi decisivi -che, ovviamente, ci guardiamo bene anche solo dall’accennare- in grado di portare all’effervescente finale dell’opera. Opera che ci sentiamo di consigliare sia per l’originalità della sua ambientazione, che per i costanti riferimenti ad un’attualità nei confronti della quale, ahimè troppo spesso, ci mostriamo disattenti.

Domenico Paris

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