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Pablo Maurette anteprima. Il tempo è un fiume

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“Il tempo è la sostanza di cui sono fatto. Il tempo è un fiume che mi trascina, e io sono il fiume”, versi immortali di Jorges Louis Borges che strizzano l’occhio all’esordio narrativo Il tempo è un fiume di Pablo Maurette, pubblicato da Salani nella traduzione italiana di Ilide Carmignani. Argentino, classe ’79, saggista, professore di lettere comparate con una laurea in Filosofia presso l’Università di Buenos Aires, un Master in Greco Bizantino presso l’Università di Londra e un dottorato in Letterature Comparate presso l’Università della Carolina del Nord, Chapel Hill. Il tempo è complice (in)discusso della narrazione come del diario di Aaron, studente universitario argentino negli States, devoto dell’opera di Giordano Bruno, scomparso inspiegabilmente. E 15 anni dopo la sua sparizione quel manoscritto arriva misteriosamente nelle mani del fratello e di due amici dello stesso Aaron. A Buenos Aires in una notte “eccessiva” la lettura a voce alta del diario avvicina i dibattiti filosofici al ricordo di Aaron, alla cronaca dell’omicidio di Calianu, professore di storia delle religioni, alla storia della Romania nel XX secolo e alla credenza nella migrazione delle anime. “Il testo è un’allegoria” vorace che oscilla tra realtà e finzione, tra poliziesco e distopico, tra allusioni erudite e dialoghi scintillanti. La scrittura è raffinata e l’umorismo ne ride del presente in retrospettiva.

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L’arte della fuga consiste nel far credere all’altro che sei con lui mentre invece sei da un’altra parte. L’altro pensa che sei davanti a lui, ma in realtà sei dietro di lui, alla sua destra o alla sua sinistra, in un’altra stanza della stessa casa, in un altro paese, in un altro continente, su un altro pianeta. L’altro crede che tu sia nel suo qui e ora, ma tu sei nel passato (remoto, prossimo, immediato) o nel futuro, cinquanta, cento, mille anni dopo. L’unica cosa che sappiamo sulla tecnica dell’arte della fuga è che esiste. Dicono che sia una forma di ipnosi, ma nessuno può giurare di aver visto qualcuno praticarla, perché l’illusione che crea è assoluta. Non è impossibile che qualcuno l’abbia messa in atto con noi. Anzi è possibile che stia succedendo in questo preciso istante a te che mi leggi. Mi credi qui, plasmato nelle parole di questa lettera, solido dall’altra parte della parola scritta, qui nei Paesi Bassi, due o tre settimane fa (le poste olandesi funzionano a meraviglia), mi prendi per Ioan, il tuo amico. Ma forse non sono io, bensì un altro, un altro che è sopra la tua testa, o alle tue spalle, a far smorfie, a burlarsi di te. O forse sono io dalla luna o dagli antipodi. Forse ti sto scrivendo settecento anni fa o fra due millenni.

L’arte della fuga è la più sottile di tutte le arti perché non lascia alcun segno sulla superficie della realtà, scrive Culianu a Draga Machine da Groningen martedì 25 maggio 1976. È una versione più sofisticata della storia dell’uomo invisibile, ha concluso Amelia quando ha finito di tradurre. Era sdraiata supina, nuda, e io percorrevo e ripercorrevo la geografia del suo corpo coi polpastrelli delle dita, in un volo radente, dall’alto in basso e dal basso in alto, sorvolando con particolare audacia, in una carezza profonda, alcune protuberanze e cavità praticamente inaccessibili alla vista. Proiettare un’immagine propria, mediante folgorazioni di escandescenza o telecinesi, in modo da distrarre l’interlocutore e passare inavvertito, o semplicemente sparire; non mi viene in mente forma più efficace di manipolazione. Questo fenomeno può apparire strano e incredibile, ma se accettiamo che qualità come il talento, il genio e il carisma siano forme di manipolazione fantasmatica, capiremo che è molto più comune di quanto sembri.

Pensa al magnetismo che sono capaci di esercitare i morti addirittura migliaia di anni dopo aver lasciato questo mondo, ho detto. Sì, ha risposto Amelia, il ricordo dei morti muove le montagne. Il ricordo e anche il corpo, ho aggiunto, i resti mortali di certi grandi uomini e donne sono stati, e sono, causa di processi, guerre, peregrinazioni e rivoluzioni spirituali. Delle opere, poi, nemmeno a parlarne, non c’è fantasma più manipolatore della parola, ho esclamato. Qualunque prodotto, in realtà. Una statua, un quadro, un acquedotto, un ponte sospeso, una lampadina, la democrazia, ha aggiunto Amelia. Non esageriamo. Perché no?, ha protestato. Perché non è tutto uguale, stiamo parlando dell’arte della fuga, di una magia vincolante i cui effetti persistono dopo la morte del mago o indipendentemente dalla sua posizione spazio-temporale. Azione a distanza. Quando accendi la luce, cadi nella trappola manipolatrice di Edison? Quando voti alle elezioni, sei preda di stratagemmi vincolanti che arrivano dall’Atene di duemilacinquecento anni fa? Non credo. Ma quando leggi Bruno, Miron Costin, Culianu, quando ti piazzi davanti al Cristo Velato di Sanmartino, quando varchi il portone di una cattedrale gotica, entri senza rendertene conto, e senza poterlo evitare, nel labirinto dell’ingegno del suo creatore; e le sue parole e le sue tecniche, come talismani magnetici, ti guidano o ti confondono la strada, dal passato, da cripte dove le loro ossa vivono la vita oscura dei fossili. È un fenomeno estetico l’arte della fuga, ho concluso. Anche quando chi lo pratica non è stato un artista, ha detto Amelia.

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