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Paolo Villaggio. Come farsi una cultura mostruosa

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Riedizione di un libretto sui generis edito a suo tempo da Bompiani e datato 1972 (l’anno successivo all’uscita, per Rizzoli Editore, del primo libro su Fantozzi) a firma di Paolo Villaggio in occasione di due anniversari “tondi”, per l’appunto il cinquantennale della prima (e, se non fosse stato per Bibliotheka Edizioni, unica) tiratura e i novant’anni dell’autore (classe 1932, che ci ha lasciati nel luglio del 2017), assimilando le nozioni raccolte al suo interno assai probabilmente ci potranno arridere “il successo mondano, la simpatia dei dotti, l’amore di donne meravigliose e una invidiabile situazione economica”, sì come prospettatoci dall’autore stesso nelle Istruzioni prima dell’uso apposte alla prima edizione del testo e qui interamente riportate.

Altresì, sempre l’autore ci avvisa che, senza il sapere che ci verrà infuso in seguito all’apprendimento di quanto tra queste pagine si trova scritto, saremo costretti a ripetere l’esistenza allo stato brado di lui stesso prima che acquisisse le conoscenze che ha umanamente deciso di donarci mediante la stesura di questo libriccino.

Si sarà insomma capito che questo testo è un grande gioco sì, ma ideato da una persona di una cultura mostruosa. Perché il desiderio, e nemmeno troppo celato, di Villaggio è esplicitamente quello di giocare, di scherzare, anche di “essere preso per il culo da tutti, in un grande spiazzo dove ci sono Dio, tutti i miei amici e […] tutti i comici e gli artisti che stimo”, lui che sulla presa in giro dei molti vizi e delle pochissime virtù di intere generazioni di italiani ha costruito uno dei successi più meritati nel nostro Paese tra carta stampata e grandi e piccoli schermi, senza mai farsi censore ma scrivendone, parlandone, interpretandoli (magari anche a telecamere spente).

Via dunque ai quiz a crocette (provo anche io un calembour: croce e delizia di ogni prova, verifica o esame): diverse soluzioni – minimo tre – tra le quali trovare la definizione esatta di termini utilizzati, prima d’ora “soltanto dai compilatori dell’Università di Tubinga”. Sono certo vocaboli di cui agevolmente, al giorno d’oggi, si può venire a capo chiedendo aiuto a Google (come ci concede Boris Sollazzo, autore della Prefazione a questa nuova edizione), Villaggio però, quali mezzi per venirne a capo considerava degni del proprio opuscolo minimo la famigerata Enciclopedia Britannica, meglio però se il Mundus Subterraneus oppure il Mysterium Aegyptiacum del sapientissimo prelato tedesco rinascimentale Athanasius Kircher (non sapete di chi e cosa sto parlando? Evidentemente è perché non avete una cultura mostruosa!).

E se le opzioni errate ci strapperanno decisamente più che una risata, quella corretta non ci lascerà affatto indifferenti: solo una persona della statura (anche se, presumibilmente, lui avrebbe preferito il termine “peso”) intellettuale di Paolo Villaggio può permettersi di fare (amara) ironia pure sulle pagine più tragiche della nostra storia più e meno recente senza venire escluso dal consesso civile ma anzi scalandone i vertici pur non volendoci assolutamente stare lì sopra.

A fare di questo libretto un preziosissimo scrigno da tramandare ai posteri, delle belle immagini in bianco e nero che provano a ripercorrere per tappe la meritatamente lunga carriera di Paolo Villaggio, dei Giochi storico-matematici inseriti io credo appositamente per far sprofondare nella vergogna gli sventurati lettori, resi ancor più consapevoli della propria incultura mostruosa e la Postfazione di Elisabetta Villaggio, figlia di Paolo, che in tre paginette estrinseca insieme sentimenti di filiale affetto e ammirazione dal punto di vista artistico-professionale per il padre, risultando assai più efficace di qualsiasi trattato si possa scrivere su di “un intellettuale, […] uno scrittore” che però certo non lo apprezzerebbe, avendo scelto sin dall’inizio della propria carriera che la sua cultura mostruosa debba essere alla portata di tutti!

Alberto De Marchi

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