Benvenuto su Satisfiction   Click to listen highlighted text! Benvenuto su Satisfiction

Patrizia Carrano. La bambina che mangiava i comunisti

Home / Recensioni / Patrizia Carrano. La bambina che mangiava i comunisti

Elisabetta ha nove anni e gli occhi attenti su un unico colore. La mamma le ha insegnato a riconoscere quella tinta imprescindibile nel pomodoro scarlatto che inonda le lasagne, tra le sfumature dei quadri di Giulio Turcato, nel tessuto delle bandiere che sventolano allegre all’esterno del partito, persino in quelle dei film in bianco e nero. Un colore così importante per una madre così difficile da capire, che un giorno di metà anni Cinquanta si è messa i tacchi a spillo e la gonna con lo spacco per andarsi a riprendere la sua unica figlia nella campagna in cui l’aveva lasciata mesi prima senza darle spiegazioni per scappare nella città santa.

Elisabetta ha nove anni, un sacco di domande e si sente spaesata ora, a saltare da un alloggio all’altro in quella Roma enorme e stordente, dove i palazzi hanno l’imponenza e l’austerità delle montagne più impervie e le persone si chiamano tra loro “compagni”, mentre si affannano per sostenersi in battaglie che lei non capisce.

Elisabetta ha nove anni e certe volte vorrebbe solo che sua madre la prendesse in braccio o la stringesse forte a sé, invece di sentirsi riprendere perché è “troppo grossa” o “troppo appiccicosa”, eppure Elisabetta ha i capelli di quello stesso colore che mamma adora e forse è per questo motivo che sotto sotto le vuole bene, anche se è sempre scorbutica e con la testa altrove.

Elisabetta non ha mai avuto il coraggio di chiedere notizie di suo padre che non sente da mesi e dal quale ogni tanto riceve bigliettini spiritosi con i disegni di un polipo incoronato che fa storcere il naso alla mamma perché “ancora non gli è entrato in testa che sono in una Repubblica”.

Elisabetta vorrebbe solo riuscire a vedere il mondo con gli occhi di una bambina qualunque ma niente in quell’enorme città sembra essere a misura di bambina. Nella capitale in cui sua madre l’ha catapultata, gli artisti mangiano a sbafo nelle osterie, le ragazze si fanno belle per un parte alla televisione e gli intellettuali sembrano tutti fissati su quell’unico cruccio di tre lettere: PCI.

Coraggiosa e audace la scelta di Patrizia Carrano, giornalista, scrittrice, autrice radiofonica e sceneggiatrice, in questo suo nuovo romanzo edito da Vallecchi, di riportare l’attenzione verso un discorso politico mai concluso, filtrandolo attraverso gli occhi di una spigliata adolescente.

Tutta la narrazione segue infatti il punto di vista di Elisabetta e sarà proprio il suo sguardo, misto tra inquisizione e innocenza, ad accompagnarci lungo giornate interminabili trascorse nei corridoi di Botteghe Oscure (cattedrale del cambiamento, oggi sede di una banca). Luogo in apparenza ostile e minaccioso, nel susseguirsi delle pagine quell’edificio imponente si trasformerà nella sede di numerosi incontri artistici che segneranno in maniera indelebile l’infanzia della giovane protagonista.

Un romanzo in soggettiva, quindi, ma che ingloba al suo interno un resoconto corale. Dopo le prime pagine infatti, il punto di osservazione si amplia, lasciando spazio e respiro ai pensieri di nuovi comprimari: la piccola Cesira, quella testa calda di Straccio, Uliano e le sue fragilità adolescenziali, poeti, pittori, menti pensanti che animavano giorno e notte Campo Parioli e le strade di una Roma pulsante e fervente, qui scandita al ritmo delle stagioni.

Patrizia Carrano è abile nel tratteggiare personaggi credibili seppur animati da una volontà ferrea che non li riduce a macchiette, siano essi protagonisti reali o immaginari (come afferma l’autrice stessa, in questo romanzo “tutto è falso e tutto è vero”, a poco servirà fare distinzioni), e ancor più apprezzabile è lo sforzo di aver dato voce a una protagonista giovanissima ma dalla forte personalità. Una bambina che si pone domande concrete ed è in grado di ambientarsi in fretta all’interno di una generazione folgorata da un’effervescenza attivista in cui anche i buoni non sono come gli “eroi delle favole” ed è necessario esserne ben consapevoli, se si vuole sopravvivere.

Ci troviamo di fronte a un romanzo dal forte messaggio politico ma che non rinuncia alla sua natura profondamente umana, in grado di mostrarci, con schiettezza e sincerità, la grande fatica di una madre costretta a dividere la sua vita tra la responsabilità di crescere una ragazzina con le sue sole forze e la volontà ferrea di migliorare un paese.

La bambina che mangiava i comunisti è un romanzo che racconta l’impegno civile e morale di una generazione e che forse oggi può apparirci come qualcosa di utopico e lontanissimo, mettendo in luce un’Italia in cui la politica era l’anima delle piazze e ci si vestiva a festa per andare alla sede della CGIL. Una storia narrata da un punto di vista fresco e ironico, in cui le persone sentivano ancora l’esigenza di mettersi in gioco in prima persona, per il bene di una figlia, di una nazione e di un ideale che oggi potrebbe farci sorridere, mentre sfogliamo questo libro coraggioso, seduti sulle nostre poltrone reclinabili, con lo smartphone in una mano e quintali di disillusione nell’altra.

Stefano Bonazzi

#

Patrizia Carrano

La bambina che mangiava i comunisti

Vallecchi Firenze

16 euro

163 pagine

Click to listen highlighted text!