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Roberto Cotroneo. La cerimonia dell’addio

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Roberto Cotroneo ha conosciuto il dolore, quello cattivo, quello che non ti lascia in pace e dal quale non si torna indietro uguali. Un dolore da tragedia greca, che si può raccontare solo indossando una maschera.

La sua compagna, la madre dei suoi figli, è morta e come succede agli scrittori, l’unico modo che trova per raccontarlo è inventare una storia, fingere di parlare di qualcun altro per parlare di sé stesso.

Inventa, così, La cerimonia dell’addio, edito da Mondadori, che è la storia di Amos e di Anna. Nel 1976 hanno due figlie. Sono una famiglia unita, felice. Sono sposati da sei anni, insieme coltivano l’amore per la letteratura, la poesia, e hanno aperto una libreria.

Un giorno Amos si alza, sono a tavola, prima cita a memoria dei versi e poi non ricorda più che è.

È un momento di smarrimento, una vertigine. Amos, per qualche minuto, è solo al mondo, solo davanti alla sua famiglia, solo persino davanti allo specchio. Senza ricordi è in mezzo a un mare di notte, privo di Luna, privo di stelle.

Preoccupata, Anna chiama degli amici. Uno di loro è medico, per degli accertamenti decidono di andare a Roma.

L’8 Novembre sono in albergo, Amos sembra stare bene, annuncia che andrà a fare una piccola passeggiata, vuole fumare una sigaretta, prendere un po’ d’aria. Anna e l’amico medico sono preoccupati, lo vedono allontanarsi ma non pensano di doverlo fermare, è solo sceso a fumare, si dicono, e invece Amos non tornerà mai più.

Come dissolto, non morto, non vivo, Amos è disperso. Non saranno in grado di ritrovarlo, succede. Nel primo semestre del 2023 ci sono state 4531denunce di persone scomparse di nazionalità italiana. 3419 sono state ritrovate; delle restanti 1112 non si sa assolutamente niente. Anna non è capace di rassegnarsi, succede sempre così, è successo alle madri, alle mogli di tutti i dispersi dell’America Latina, succede sempre quando non si ha un corpo, una lapide, su cui piangere. Che significa scomparso? È come perdere qualcosa, cullare l’irragionevole speranza che prima o poi salterà fuori da sola, che ti verrà restituita, ma con una persona come si fa? Si può smarrire qualcuno? Per i quarant’anni successivi Anna non riuscirà più a vivere, restando in attesa di vederlo tornare. La sua è una catena che si allunga nel tempo, ogni giorno è un anello.

Dopo molti anni, il capo a cui è legata l’altra estremità si allontana talmente tanto che non si vede, che solo si può immaginare impastando il vissuto con la fantasia. Anna non è una vedova, è una sentinella, è la guardiana del ricordo.

E questa è la storia, questo l’incantamento, almeno fino a pagina 116.

Nel capitolo 20, Cotroneo decide di fare il suo ingresso nella storia oltrepassando quella che, un tempo a teatro, si chiamava la quarta parete. strappando il patto narrativo, l’autore racconta la sua storia e quella dei suoi personaggi.

Non è una cosa del tutto nuova e nemmeno così insolita eppure qui risulta più invadente che altrove. Il libro è molto “emozionale” la storia che Anna racconta in prima persona è coinvolgente, funziona, i quarant’anni in cui Amos è assente scivolano via senza che il lettore perda l’orientamento o che si annoi. Segue piuttosto agilmente la parabola delle figlie Emma e Cecilia, la loro crescita senza padre; il lettore impara a conoscere anche gli amici della coppia: il regista; la fotografa; il medico; il nobile con la moglie impazzita. Scopriamo anche un piccolo importante segreto sul passato di Amos che potrebbe spiegare molte cose o nessuna.

E poi c’è il capitolo 21, quando la storia torna a essere quella di Anna, il capitolo migliore, dove capiamo l’evoluzione di questo personaggio, la sua saggezza, il suo rapporto con l’amore. Qui Anna incontra un vecchio pianista e inizia, tra loro, un rapporto equilibrato, profondo il giusto. È davvero l’esito migliore, la scelta che Cotroneo doveva fare.

Per questo, ci chiediamo, che senso ha mettere il capitolo 20 così, all’improvviso, inframmezzando la storia, interrompendola. Avrebbe potuto metterlo alla fine, perché qui, a pagina 116 di 166, suona come un eccesso di confidenza con il lettore, con la storia e con lo scrivere.

L’ultimo, per esempio, è un capitolo che funge da congedo e lì funziona, ci aiuta a capire le ragioni profonde di questo libro, di quanto sia stato necessario per l’autore, ma funziona proprio perché è alla fine e non nel mezzo. Tra l’altro, in questo capitolo 20, Cotroneo sente anche l’esigenza di raccontarci dei dettagli dei suoi personaggi di cui non si sentiva la necessità. Alcune dinamiche erano comunque intuibili, come l’amore di Irene per Amos, ad esempio; la difficile adolescenza di Cecilia e di Emma. Tutto questo, come dicevo, era intuibile e tale sarebbe stato meglio fosse rimasto.

Per il resto ci rimane un libro intenso, che consiglio di leggere. Ci sono anche molte citazioni, spunti per altre letture.

Rimane un po’ di amarezza, un’amarezza bella però, che sa di malinconia. È un libro d’autunno, io penso, ci siamo, leggetelo adesso.

Pierangelo Consoli

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Roberto Cotroneo, La cerimonia dell’addio, Mondadori 2023, Pp. 166, Euro 18.

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