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Sarai Shavit. Lettera d’amore e d’assenza

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Un amore che travolge e incendia, totalizzante. Lei una giovane universitaria al primo anno del corso di letteratura, lui il suo docente e famoso scrittore, sposato e che presto avrà un figlio. Due amanti israeliani adagiati nel racconto in brevi paragrafi, frasi che divengono poesia. Molti spazi vuoti nelle pagine a sottolineare ancor più il dissesto emotivo che quest’amore sta provocando nell’anima della protagonista, che è voce narrante. E mentre racconta, questi spazi bianchi disegnano i suoi sussulti, quasi un’esitazione del respiro, un tremito, nella ricerca continua di un significato che stenta ad arrivare.

Ogni episodio arriva a scoperchiare la fragilità di peculiari dinamiche personali, perfino quella di essere amanti senza possedere un nome proprio, a rendere ancor più collettiva la loro storia. Ciascuna descrizione e citazione vorrebbe rendere luce, illuminare questo amore segreto così intenso benché esso racchiuda già in sé una grande assenza: la mancanza dell’amato.

C’è indubbiamente l’incontro e la contrapposizione di due generazioni che, con età del tutto diverse, innescano tra loro la reciproca consolazione nel sentirsi orfani al mondo: lui sembra tornare fanciullo mentre ricorda la recente scomparsa della madre; lei, sola fin da bambina, si aggrappa alla tristezza del compagno e se ne fa portavoce emotiva, rincuorandolo, cullandolo, seppur non smetta neppure per un istante di essere acuta nell’osservare la loro relazione: “Forse l’amore è solo un racconto orfano che abbiamo inventato. Una mela che cade rinuncia all’albero. La tua lingua cerca la mia. Domani c’è il compleanno di tuo figlio”

Ma lei ambisce anche a inglobare in sé la conoscenza e l’esperienza che lui ha della scrittura, attratta dal fascino e dal potere dell’uomo di successo che lui incarna, illudendosi che tutto ciò sia manifestazione di granitica solidità e che quindi possa supportarla nella crescita professionale per realizzare l’obiettivo di divenire scrittrice affermata.

In Lettera d’amore e d’assenza il linguaggio è intimo, la prosa delicata e lucida al contempo, con una tensione continua della protagonista verso la comprensione di se stessa. “Chi sono io chi sono io chi sono io”, “Chi sei chi sei chi sei” si chiede, mentre con ricerca incessante vorrebbe definire il loro rapporto e le loro personalità.

Un lungo memoir che diviene racconto poetico e sceglie con fermezza e fierezza di non cedere mai alla sofferenza degli accadimenti tra i due amanti: desidera proteggere il suo profondo sentimento anche quando diviene doloroso, con la volontà di cogliere ciò che viene agito nell’animo, nel cuore, ma anche nel proprio intelletto.

Custodisco una piccola ferita, la pulisco con la lingua come un animale che lecca un cucciolo. Vado a dormire. Ripenso a tutto”.

Sarai Shavit incanta e arriva senza freno alcuno al cuore del lettore con parole che sanno divenire musicali anche quando generano straziante dolore: “Ti alzi prima di me. Io resto seduta e ascolto la tonalità del silenzio. Vado in frantumi da sola”.

Chiara Gilardi

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Sarai Shavit, Lettera d’amore e d’assenza (tr. Sarah Kaminski e Maria Teresa Milano), Neri Pozza, pp 190.

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