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Sebastiano Ambra. La misteriosa scomparsa di Don Vito Trabìa

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Il poliziesco italiano sta vivendo un momento di grande fortuna, al punto che anche chi non ne ha scritto uno dice di averlo fatto vestendosi di giallista atipico.

Oggi i lettori sembrano bramosi di svelare delitti accompagnando commissari e ispettori di polizia nelle bellezze della penisola. Ne abbiamo di tutti i tipi, per tutti i dialetti, al punto che ogni regione ha il suo. Persino la critica, i giornali, che prima ignoravano questo genere “popolare” sembrano concordi nel volerlo rivalutare.

La ragione di questa fortuna di cui, forse, avrebbe sorriso beffardo Scerbanenco, sta nella capacità di intrattenere il lettore, di incuriosirlo e distrarlo da tragedie più grandi e angoscianti.

Diversamente dal noir che nasce per disturbare, che ha una natura più sociale, politica, dove il detective non ha nessuna necessità di essere migliore del criminale e l’intento dello scrittore è quello di raccontare la società attraverso le sue brutture, nel poliziesco il commissario arriva sempre a ristabilire l’ordine, il che offre una certa consolazione.

La misteriosa scomparsa di Don Vito Trabìa, di Sebastiano Ambra ed edito da Newton Compton editori del poliziesco contemporaneo conserva tutte le caratteristiche che i lettori adorano e che hanno fatto la fortuna di altri prima: la strana coppia che sembra male assortita e che impara nel percorso a collaborare per il bene delle indagini scoprendo insospettabili affinità e compatibilità; il reportage turistico tra le bellezze storiche di una città stupenda, in questo caso Palermo; la caccia al tesoro tra i monumenti; indovinelli arguti; la mafia e potrei continuare.

La storia tratta della scomparsa di un importante capo mafia. La polizia sta per metterlo in arresto, ma nel casolare dove si starebbe nascondendo non trovano che un pezzo di formaggio.

Nel frattempo l’ispettore di polizia Malena Di Giacomo comincia a ricevere dei messaggi che sembrerebbero opera di un mitomane, ma che si rivelano essere opera del rapitore di Don Vito. Comincia così una rocambolesca caccia al tesoro tra indovinelli, monumenti storici e vicende personali da superare che riguardano tanto la bella Malena, quanto il criminologo Leandro Colli.

Restando in Italia, Ambra si colloca a metà tra Donato Carrisi e Ilaria Tuti, non una cosa nuova, ma migliore di altre certamente, penso ad idolatrati commissari e ispettori italiani, da De Giovanni a Veltroni.

Per gli amanti del genere, è un libro più che godibile, a tratti divertente. Per me è stata una buona distrazione da letture più impegnative.

Tornando al discorso sul genere, è chiaro che è stato abusato. Questo significa che ha perduto tutta quella carica eversiva che avevano libri memorabili come La vita è uno schifo e Il sole non è per noi, di Léo Malet; la poesia e personaggi che vorresti aver conosciuto, penso a Casino totale, a Chourmo e Solea di Izzo; la rabbia e la violenza sovversiva di un capolavoro come L.A. Confidential di Ellroy, i dialoghi di L.A. Confidential; o la capacità di raccontare una storia come faceva un duo troppo colpevolmente sottovalutato come Breslin e Schaap e un libro loro che davvero consiglio dal titolo Il figlio di Sam.

Oggi questo genere così affascinante ha perso tutto proprio perché così compreso, così fortunato. Gli scrittori migliori, sono quelli che hanno fame.

Pierangelo Consoli

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Sebastiano Ambra, La misteriosa scomparsa di Don Vito Trabìa, Newton Compton 2022, Pp. 288, euro 9,90

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