“La sofferenza è la condizione secondo la quale viviamo. E quando arriva, la riconosciamo. La riconosciamo come la verità. E, certamente, è giusto curare le malattie, prevenire la fame e l’ingiustizia, come fa l’organismo sociale. Ma nessuna società può cambiare la natura dell’esistenza. Non possiamo prevenire la sofferenza.”
I reietti dell’altro pianeta (in originale The Dispossesed, pubblicato nel 1974 e vincitore dei premi Hugo e Nebula) è proprio questo. Sofferenza. Una sofferenza vitale che sgorga dalla penna dell’autrice, che si intreccia con le sue convinzioni socio-politiche e che si annoda al periodo storico il cui il romanzo muove i suoi decisi passi. È perciò impossibile non notare come Anarres, pianeta arido e poco ospitale, anarchico ma organizzato, sia una sorta di trasposizione di ciò che era l’Unione Sovietca, di ciò che era un socialismo ideale, poi infettato dalle ombre di un comunismo oligarchico.
Così, allo stesso modo è inevitabile associare l’opulenza e la richezza di Urras, pianeta gemello di Anarres, a un occidente impegnato a contemplare la sua ricchezza e a combattere guerre che viste da fuori hanno il solo scopo di rigenerare e preservare quello stesso potere. Forza e insieme debolezza dell’intero pianeta.
“Era forse dovuta al fatto che, per quanto denaro avessero, dovevano sempre preoccuparsi di averne di più, per non morire in povertà? O era dovuta alla colpa, poiché, per poco che fosse il denaro da loro posseduto, c’era sempre qualcuno che ne aveva di meno?”
Così Shevek, mente brillante nativa di Anarres, scienziato capace di concepire una teoria del tutto rivoluzionaria, vede i cittadini di Urras. Ed è sempre Shevek a guidare il lettore attraverso le contraddizioni dei due sistemi, attraverso una stallo che solo la purezza della sua mente e della scienza può pensare di risolvere. Shevek sarà esule, cittadino di due mondi ma di fatto apolide, libero da ogni appartenza e in parte imprigionato proprio da questa stessa libertà. Una libertà che non ha precedenti nei 160 anni di storia del pianeta. Sarà lui, chiamato traditore su Anarres, a volare verso il pianeta gemello tentando di distillare il meglio da entrambe le civilità.
È nella missione e nella vita di Shevek – di fatto uno specchio in chiaro-scuro che riflette speranze a paure dell’autrice stessa – che Ursula Le Guin si mette a nudo. E si mette a nudo rivelandoci una consapevole sofferenza. La sofferenza di comprendere i limiti dei modelli sociali, limiti che derivano dall’unità costituente questi stessi modelli: l’essere umano. La sofferenza di chi intuisce la verità, di chi capisce che esiste un linguaggio universale – quello della scienza – un linguaggio che però non tutti possono, o peggio non vogliono, ascoltare. La sofferenza di comprendere quel linguaggio e di sapere che è proprio dal dolore che può nascere la speranza.
“Se un libro fosse stato scritto completamene con numeri, sarebbe stato vero. Sarebbe stato giusto. Nulla detto a parole usciva perfettamente pareggiato, mai. Le cose dette a parole si ingarbugliavano e cozzavano tra loro, invece di rimanere dritte e di incastrasi bene le une nelle altre.”
Questo pensa Shevek. E questo pensa l’autrice. Una sorta di magia meta-letteraria nella quale il libro grazie al quale tutto “sarebbe stato vero” è proprio quello che stiamo leggendo. Un libro con un’anima fatta di numeri, quelli che Shevek maneggia con maestria, quegli stessi numeri che potrebbero essere in grado di colmare lo spazio tra i due mondi, ma un libro con un corpo di parole, di tradimenti, di lotta, di morte, di amore, di amicizia e anche di predestinazione. Ma una predestinazione consapevole che, proprio questo, non può che condurre al dolore tanto amato – e desiderato – dal protagonista.
I reietti dell’altro pianeta è un libro politico, sociale e filosofico. Ma è anche una storia di vita e di amore. Brillante. Fresca e dolorosamente attuale. E all’interno di questo triangolo, di questa triade di concetti politici, sociali e filosofici, risuona un grido di sofferenza e di desiderio che non può essere ignorato. Quello di Ursula K. Le Guin – ma anche il nostro – un grido che desidera, definisce, descrive e raggiunge una libertà che non ha tempo, non ha spazio, non ha ragione di non essere.
Maico Morellini
Ursula K. Le Guin
I reietti dell’altro pianeta
Mondadori – I Edizione Oscar Fantastica 2019
Traduzione: Riccardo Valla
12,50 euro
339 pagine