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Utsanga compie dieci anni: intervista Francesco Aprile, cofondatore della rivista con Cristiano Caggiula

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La rivista di ‘analisi liminale’ Utsanga, fondata nel 2014 da Francesco Aprile e Cristiano Caggiula, compie dieci anni. Utsanga ha fatto della pluralità multimediale e della transizione una continua forma di rigenerazione poetica e critica ospitando da diversi luoghi le voci della poesia archiviate e presentate nel loro divenire linguistico e transmodale.

Per il compleanno di Utsanga lo staff propone «la realizzazione di tre mostre di mail art», a tema “utsanga.it | 2014-2024”, sparse tra Milano, Genova, Caprarica di Lecce, a testimonianza, anche, della rizomaticità spaziale del progetto Utsanga. Si può partecipare al compleanno di Utsanga «stampando una cartolina dedicata al decennale». E allora: buon compleanno Utsanga!

Gianluca Garrapa

Innanzitutto, ricordiamo cosa è Utsanga:

Utsanga è una parola che viene dal sanscrito, significa “ventre, grembo, abbraccio”, ma è anche una rivista che io e Cristiano Caggiula abbiamo fondato nel 2014. La rivista porta la denominazione “rivista di analisi liminale”; naturalmente il pensiero va al lavoro di Turner sui riti di passaggio e la liminalità, per cui delle tre fasi da lui individuate (una prima fase di separazione dalla realtà precedente, una seconda intesa come liminale, di transizione, dove simboli, segni, materiali, vengono ricombinati in modalità inedite, per poi arrivare all’ultimo momento che viene inteso come tentativo di aggregazione in un nuovo ordine) ci radichiamo nella seconda e, a questo proposito, ci sentiamo vicini alle parole indirizzate da Corrado Costa alla redazione di TamTam: «Scrivere poesia significa non compiere il sacrificio della conoscenza, non porsi al di fuori della vita, non assumere potere». Utsanga, pertanto, trova il suo punto di partenza nell’essere una rivista non di “partito”, impostata sulle direttrici del lavoro storico e critico guardando al recente passato e al presente. Abbiamo pensato «Utsanga» come una realtà non asservita a nulla se non all’indipendenza della poesia come pensiero critico, non portatrice di nessuna bandiera. Lo sguardo è rivolto a tutte quelle modalità di intervento sulla parola che portano il testo a sconfinare e relazionarsi con altri media, linguaggi, materiali extraletterari, uscendo anche dalla pagina. Le radici le troviamo nel lavoro svolto con il gruppo “Contrabbando Poetico” nel 2011 e con il movimento letterario “New Page” di Francesco Saverio Dòdaro a partire dal 2010 e proprio a Dòdaro la rivista è dedicata. Abbiamo cercato di dare al tutto una messa in opera orizzontale nel tentativo di tenere conto del ventre e della nascita, di «Utsanga» che ha nel nome le fondamenta della pluralità. Ad ogni numero nasciamo diversi.

Per festeggiare i dieci anni lo staff di Utsanga propone una Mail art call: di cosa si tratta e come si partecipa?

Si tratta di una call che prevede la realizzazione di tre mostre di mail art, a tema “utsanga.it | 2014-2024”, radicate sul territorio nazionale, in tre diverse città, a cui si può partecipare stampando una cartolina dedicata al decennale, intervenendoci sopra e inviandola ai tre indirizzi segnalati nella call: https://www.utsanga.it/mail-art-call-utsanga-it-2014-2024/ 

Alle mostre di mail art seguiranno altre iniziative: una mostra a Buenos Aire presso il centro Hotel Dada diretto da Silvio De Gracia e Ana Montenegro e intitolata “Utsanga 2014-2024: toward liminal spaces”, una mostra a Lecce dedicata all’archivio Utsanga presso la galleria ArtPoetry di Salvatore Luperto e altre iniziative ancora in cantiere. 

Cosa vi ha spinto a scegliere questo progetto per festeggiare il decennale della rivista?

Il network della mail art rappresenta uno spazio libero, anti-istituzionale, che per anni ha nutrito le ricerche intermediali legate a poesia visiva, concreta, asemica, typewriting ecc., fornendo le basi e le modalità per la costruzione di una serie di network plurali, collaterali, all’interno del grande contenitore dell’arte postale. Uno spazio libero, liminale, dove le formalizzazioni statuarie lasciano spazio all’esperimento in cui il fine viene meno e, proprio in assenza di un fine, viene rilanciata la possibilità di una esistenza nel segno della scrittura, dello scrivere, dell’operare. Il possibile trionfa sul definitivo. 

«Diversi luoghi verranno scelti per ospitare le celebrazioni per il decennale della rivista»: che rapporto ha, in generale, Utsanga con i luoghi? E perché per il suo compleanno avete scelto proprio tre città – Milano, Genova, Caprarica di Lecce – cui spedire le opere?

Caprarica di Lecce è il luogo in cui Utsanga è nata, ha la sua sede e, per certi versi, rinnova il legame con Francesco Saverio Dòdaro: a Caprarica viveva e operava il poeta, scrittore, editore Antonio L. Verri che di Dòdaro fu per certi versi, oltre che amico e collaboratore, anche allievo. I due hanno creato, fra gli anni Ottanta e i primi anni Novanta, un sodalizio straordinario per qualità poetica, ricchezza e ampiezza delle prospettive di ricerca. Le altre due città vedono il coinvolgimento di alcuni degli operatori che in questi dieci anni sono stati tra i più vicini alle idee della rivista e, per costanza, hanno abitato le nostre iniziative con rigore e sono Vincenzo Lagalla a Genova e Ruggero Maggi a Milano. 

«Sin da subito, Aprile e Caggiula, hanno voluto caratterizzare l’esperienza di Utsanga, non soltanto come rivista, ma come centro di ricerca e produzione oltre che come archivio»: dieci anni di ricerca e liminalità: cosa si è trasformato in questo lasso di tempo e cosa, invece, resiste ancora al cambiamento e perché, secondo il vostro parere?

Da un certo punto di vista siamo interessati a ciò che attiene al flusso asemico, inteso nei termini dello specifico del nostro tempo (in un senso ben più ampio del solo filone dell’asemic writing, che pure abbiamo analizzato, che studiamo ancora, ma con cui non ci identifichiamo certo in maniera totale, visto e considerato che nei vari numeri della rivista abbiamo lavorato su tanto altro). Si è trasformato il paradigma, è cambiato, ma in che senso? Il cambio di paradigma è nel concetto di scrittura: cosa significa oggi scrivere? L’estensione dei media è sempre più radicale, destinata ad aumentare, a crescere; questa proliferazione di oggetti espone il cambio di paradigma: sono tutti oggetti di linguaggio, formati e strutturati dal linguaggio, il che significa che i modi per considerare la scrittura aumentano in maniera importante e possiamo scrivere ricorrendo a molti più mezzi a partire da prospettive diverse. Di base, ci interessa il modo in cui questi strumenti di linguaggio modificano le pratiche della scrittura, perché, sì, il mezzo le modifica, e non si limitano a essere la trasposizione digitale di un foglio di carta.

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