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Antonio Negri. Spinoza

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L’uomo è Dio come lo è il lombrico, dio è la cosa, tutto ciò che esiste è Estensione della sua potenza che è quella di ogni essere vivente (dalla cellula alle costellazioni et infiniti universi) di preservarsi, questo è il circolo panteistico, il dato di partenza ontologico, non esiste Sostanza sovrordinata ai suoi Modi, non è Dio natura naturante a produrre la Natura ma questa si identifica con Dio stesso, ma solo l’uomo pare fornito di uno strumento, l’immaginazione, anch’esso basato su un’emanazione ontologica, che è la capacità del pensiero di afferrare la sostanza della cosa non sempre comprendendola, anche questa idoneità è Dio, il cui esito epistemologico è ciò che Baruch definisce Attributo. In questo senso per Spinoza ogni fenomeno della realtà consiste di costituzione e produzione sui quali assetti morali non esiste appiglio al giudizio. La società non è mai veramente emanazione di un ordine imposto dall’alto nemmeno originata da un contratto sociale come affermerebbero Hobbes, Rousseau ed Hegel, bensì la risultante meccanica tra le forze produttive in campo nel loro reale dispiegarsi. Da qui la sovra determinazione della potenza della moltitudine che storicamente è sospinta indietro o avanti nella riaffermazione della propria prerogativa di decidere da sé i propri percorsi di liberazione.

Il Male consiste unicamente nel travisamento del Conatus, ossia nel paludamento di questa volontà di costituzione piena della singolarità. Il singolo ha una sola facoltà, nessun libero arbitrio, può solo liberarsi dalla affezioni che riducano questa potenzialità, questo anelito formidabile di costituzione in vita, e per riuscirvi deve liberarsi buddisticanente dalle passioni degradanti, dall’egoismo, dall’avidità, il che rappresenta per Spinoza la condizione perché il singolo possa entrare in simbiosi coi suoi simili, perché gli riesca cogli altri di determinare dentro questo (che è un meccanicismo) la Potentia della Multitudo contro la fissità stentorea dell’assetto gerarchico della Potestas che invece vorrebbe sopprimerla.

Questa stessa Potestas che propugna ed infine riesce ad imporre surrettiziamente un mondo di ineguali, di servi e padroni, può sorreggersi unicamente nel pregiudizio dovuto all’ignoranza dei più e dall’influenza misticatoria delle religioni su detto pregiudizio, tutte le religioni sono funzionali al potere, non fanno che frenare lo sviluppo spontaneo delle singolarità il cui corso di liberazione però rimane un dato necessario ed inevitabile: che è la progressione dell’umanità tutta verso la Pace e l’Armonia sociale e tra i popoli, il che equivale al più intenso soddisfacimento di sé (Laetitia) che proviene e si genera proprio dall’amore verso il prossimo, nella sua assimilazione dentro il confine del nostro Essere, e nell’amore per tutto ciò che vive, proposizione che si presenta come la più iconoclasta e ardita teoria della Rivoluzione possibile.

Spinoza pare scagliarsi con questi concetti esattamente contro ogni coriaceo pensiero sulla tendenza maligna dell’uomo in quanto uomo, pensieri che stanno alla base dello stallo per cui poi la Potestas rinviene intatta come la sola auspicata soluzione, rinvenire la speranza presuppone invece una rinnovata fiducia nell’Uomo, ossia una nuova Rinascenza, senza la quale l’azione è impossibile. Districarsi dall’idea dal concetto indotto dalla cosmogonia mass mediale per cui destino dell’umanità sarebbe una china antropologica digradante per cui la sola via d’uscita consisterebbe nell’Armadeggon climatico e termo nucleare. Uscire dal corto circuito di questa cospirazione globale tramite l’insorgere globale delle moltitudini giunte a maturazione e esauste di pazienza. Contro l’usura e lo sfruttamento che è il Capitalismo, contro le narrazioni di guerrafondai e dei tanti valvassori mujaheddin dell’impero.

Come AntonioNegri nel suo splendido lavoro su Spinoza (riedito da DeriveApprodi) ha messo in risalto: Baruch è davvero l’antesignano del materialismo prima di Marx. Un cardine imprescindibile d’ogni rivoluzionario. La speranza che mai muore, che cova sotto le ceneri il germe di tutta la fiducia nell’Uomo inviolata, integra, dirimente. Questa è la sola Salvezza in terris. Tertium non datur! Amare! Non perché lo caldeggi un dio imperscrutabile ma perché lo impone il Dio che siamo come essere umani assieme a tutta la Natura.

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