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Deian Enev anteprima. Circo Bulgaria

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Il libro promette molto già dal titolo, ma Deian Enev è anche uno degli scrittori contemporanei più premiati e apprezzati in Bulgaria. L’edizione inglese di Circo Bulgaria oggi in libreria (Bottega Errante Edizioni 2023, pp. 384, € 20, con traduzione di Giorgia Spadoni) è stata finalista al Frank O’Connor International Short Story Award nel 2011.

La raccolta comprende 62 racconti, molti dei quali così brevi da poter rientrare nella categoria della flash fiction. Queste storie, attingendo ai mostri e ai miti del folklore balcanico, alla brutale realtà del regime comunista e alla magia abbagliante dell’immaginazione di Enev, hanno una qualità surreale e quasi ipnotica.

L’abilità di Enev come narratore sta nella sua capacità di trasmettere dure verità sul suo paese natale attraverso una combinazione di folklore balcanico e voli di fantasia. Le storie si incastrano insieme come i frammenti di un puzzle, creando un ritratto dettagliato del Paese.

Enev traccia il sottile arco della trasformazione del suo Paese dal brutale regime comunista, all’odierna economia di libero mercato. Purtroppo, la povertà rimane, ma sono i gangster a detenere il potere.

Si ha la sensazione che ci siano parti della Bulgaria che il tempo ha dimenticato. Le famiglie di agricoltori lavorano la terra come hanno fatto per secoli. Ma i nuovi criminali sono gli uomini in Mercedes che prosperano su violenza, luci al neon e lo squallore delle città.

Il vasto cast è composto da principesse, pastori, proprietari di locali notturni, inservienti di manicomio, prostitute, furfanti e personaggi grotteschi.

Il libro è giocoso, esotico e carnevalesco, pieno di sogni di fuga (un Icaro bambino si prepara a volare da un grattacielo staliniano) e di incubi di innocenza perduta. Assurdo, divertente e profondamente triste, Circo Bulgaria è un pugno diretto al cuore ferito dell’Europa orientale.

Carlo Tortarolo

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Casablanca

La loro casetta era l’ultima del quartiere. In un paio di anni le erano cresciuti attorno decine di edifici residenziali a più piani, che di notte s’illuminavano come transatlantici. Solo la casetta a un piano del signor e della signora Sarafov rovinava la vista.

Il signor e la signora Sarafov erano molto anziani. Quando al tramonto andavano a camminare con rigidi passettini di topo tra le auto parcheggiate sui marciapiedi, sembravano ritagliati con le forbici da una vecchia fotografia ingiallita dai bordi irregolari e la finitura lucida screpolata. Gli imprenditori erano impazienti di saperli morti, perché si era a conoscenza che i due non avevano eredi. E al posto della casetta nel giro di pochi mesi si sarebbe potuto erigere un altro condominio vertiginoso. Ma il signor e la signora Sarafov non morivano. Giorno dopo giorno uscivano a camminare, intrecciando le loro mani trasparenti come ali di libellula, lei con un etereo ombrellino spalancato sopra la testa, e lui con un paio di scarpe nere a punta, lucide come la superficie di un pianoforte a coda, dotate di sopratacchi.

Si diceva che i due si fossero conosciuti durante le superiori a una delle prime proiezioni del film Casablanca, un milione di anni addietro. Da allora avevano guardato quel film centinaia di volte. Gli innamorati del quartiere usavano il titolo del film come parola d’ordine per trovare ogni volta un rifugio sicuro a casa loro.

Una mattina scoprirono che il signor e la signora Sarafov avevano reso l’anima a Dio. Erano avvolti col nastro adesivo dalla testa ai piedi e i loro corpicini trasparenti sembravano due libellule addormentate nella rugiada. Vennero portati via senza molto clamore nel furgone funebre Żuk del Comune, malconcio e dipinto di nero. Già l’indomani un bulldozer distrusse la casetta.

Adesso in quel luogo sorge un enorme complesso di locali d’intrattenimento dal risonante nome Casablanca. Il nome è scritto con imponenti lettere al neon rosso sangue sulla facciata. Le lettere pulsano nella notte come cuori. Ogni sera vi si riversano da lussuose limousine coppie in preda alle risate, per poi inabissarsi dietro la porta argentata scintillante come il portello di una navicella spaziale. Le donne tengono obbligatoriamente in mano piccoli ombrellini eterei e gli uomini indossano scarpe nere e lucide come la superficie di un pianoforte a coda. Dicono che l’intrattenimento più costoso sia la proiezione del film Casablanca. Lo danno di continuo in una sala super lussuosa, riservata a clienti selezionati.

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