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Ester Armanino. Contare le sedie

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David Bowie disse che quello che apprezzava più nelle persone era la capacità di riportare i libri prestati. Ester Armanino non solo mi ha riportato la raccolta di racconti “Cose che bisognerebbe sapere” della A. M. Homes (perfettamente intatta), ma con il suo terzo romanzo mi ha portato alla mente anche alcuni momenti della mia vita. E questo soprattutto perché “Contare le sedie” (Ed. Einaudi 2021) non è un libro canonico con un inizio, lo sviluppo dei personaggi e un finale, ma è una specie di diario: trentasei frammenti di vita sparsi, raccontati con precisione e intimità. È stato spontaneo – per me e per gli amici con cui ne ho parlato – fermarsi alla fine di ogni storia, interrogarsi sulla propria, far tornare alla mente ricordi. Mi ha fatto ripensare alla mia Dumba (La purezza di Butterfly, l’ardore di Floria Tosca, la diffidenza di Turandot: Dumba mi sembrava riunire tutte queste donne in un’unica storia, la sua, che oltretutto era vera) ho ricordato l’inizio della fine di una storia d’amore (non so quand’è successo che abbiamo smesso di darci la buonanotte. Dev’esserci stata una prima volta alla quale non abbiamo fatto caso, e poi è diventata un’abitudine. Ci sentivamo forse piú forti, ormai in grado di affrontare qualunque notte senza augurare l’uno all’altra che fosse buona?), mi sono interrogato su mio padre e ho cercato anch’io un modo di tenere con me il ricordo stretto di una persona che non c’è più. Quando le storie non hanno combaciato con i miei ricordi mi hanno raccontato ambienti diversi e lontani come quelli di una babysitter infastidita dal bambino che doveva accudire, come rubare una statuetta del presepe, trovarsi su di una tavola da surf o davanti al disegno di un’ascia fatto da una bambina oppure avere come amico un tipo come Don Sergio (Un vecchio baba morente stava trascorrendo la fine dei suoi giorni in un appartamento di città. Durante un ultimo momento di lucidità ha chiamato il suo caro amico Sergio, giovane sacerdote di campagna, e gli ha detto: portami il senso della vita, ragazzo, e fai presto! Don Sergio, senza esitare, è entrato in azione. Ha chiesto in prestito il furgone a un parrocchiano che faceva lavoretti edili per la valle, l’ha riempito quasi completamente di letame e poi è andato a scaricare il senso della vita nell’appartamento del baba, che è morto sereno in un tiepido sentore di stalla. A volte questo aneddoto mi sembra una parabola, altre una barzelletta colossale. Molto dipende dai momenti in cui Sergio lo racconta e a chi.)

Contare le sedie” rende possibile quindi qualcosa di raro: creare una specie di dialogo interno con il libro, confrontarsi sulle diverse possibilità della vita, sull’identità, le occasioni perse o lasciate via, sia proprie che altrui.

Le storie non hanno cronologia e nemmeno un luogo fisso, alcune durano poche pagine, altre venti, sono pezzi di un puzzle che formano l’identità e la personalità di una donna. Si percepisce una grossa libertà in questa struttura narrativa che è bilanciata da un’attenzione e un rigore nella scrittura capace di dare un inizio, uno sviluppo e un finale convincente a tutte le trentasei storie (che è qualcosa di non affatto scontato).

Contare le sedie” presenta una forma di rottura con i due precedenti romanzi di Ester Armanino, non solo per la struttura narrativa quando per l’approccio: in “Storia naturale di una famiglia” e “L’arca” Ester Armanino – da brava architetto – aveva lavorato sui pieni e i vuoti bilanciando zone d’ombra e quelle di luce, ha costruito personaggi evidenziando pregi e carenze, aspettative mancate e inquietudini, mentre in quest’ultimo libro ci troviamo davanti a degli schizzi, come quelli degli architetti quando disegnano un progetto, quando creano qualcosa che riesce a stare insieme con pochi tratti. Non soltanto nelle trame, alcune frasi raccolgono verità scritte in modo semplice e chiaro da sembrare aforismi (Alzati, mi aveva detto quella sera a Camogli, se guardi il bicchiere dall’alto, lo vedrai sempre pieno oppure Dopotutto non c’è un modo saggio di spendere la libertà, conclude Amela. L’unica cosa davvero saggia che puoi fare è metterne da parte un po’ ogni giorno.)

Ester Armanino ha scritto un libro che, come tutti i diari, racchiude un segreto che però cambia per ogni lettore. È un’autrice attenta e precisa. Potete darle fiducia, e, nel caso, prestarle tranquillamente anche un libro.

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