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Fabio Genovesi anteprima. Oro puro

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Oro Puro” di Fabio Genovesi (Mondadori 2023, pp. 444 € 20.00) esce nelle librerie il 6 giugno. L’autore regala la descrizione di un mondo avvolto nella ostinata e insistente avventura dell’uomo, narra l’incanto e la meraviglia di una storia che esplora la finalità romanzesca delle imprese e l’inesorabile evocazione del tempo, lungo la straordinaria e sorprendente spedizione temeraria di Cristoforo Colombo. Il protagonista del libro Nuno, soprannominato Granchio, vive nella città marina di Palos, in Spagna e non ha mai oltrepassato il confine del mare, trattenendosi attaccato alla terra, come i granchi. Nuno in conseguenza di una fortuita sequenza di imprevedibili contingenze si trova improvvisamente a salire a bordo di una nave, all’oscuro della meta da raggiungere. La nave è in realtà la Santa Maria, l’ammiraglia della flotta di tre navi usate da Cristoforo Colombo nel suo primo viaggio nell’Oceano Atlantico nel 1492. Nuno si trova al centro di una significativa ed eccezionale proiezione rocambolesca verso un viaggio che, oltre il disorientamento, ritrova la padronanza esplorativa della spedizione, supera, con incoscienza e sprezzo del pericolo, l’avventatezza e l’attrattiva dell’azione eroica, domina lo sconvolgimento del timore. Nuno riesce a diventare il fedele trascrittore di Cristoforo Colombo, affascinato e rapito dallo slancio intraprendente del visionario scopritore, pioniere di sogni e di speranze. Fabio Genovesi, attraverso lo sguardo di Nuno sulla esperienza vissuta, guarda all’esclusività della storia narrata, con la prospettiva universale di affidare alla creatività esotica dell’altrove il cammino esistenziale. Posa la sua scrittura nell’orizzonte impalpabile dell’esortazione, alla scoperta di noi stessi, perlustra, con la spontanea e accurata ricognizione degli eventi, la geografia emotiva del viaggio più rilevante della storia dell’umanità. “Oro puro” contiene l’unità della purezza, assegna alla formidabile scoperta del nuovo mondo l’interpretazione di un rivoluzionario riconoscimento della conquista e degli itinerari eccezionali, solcati dalla suggestione dell’ignoto.

Raccoglie l’influenza cognitiva degli impulsi umani, segue lo svolgimento della trasmissione sensibile dell’attualità, ripercorre la delimitazione dell’immaginario, delineato nella relazione imprevista della novità, simboleggiato nella frontiera della modernità come una nuova possibilità di intendere la vita. Fabio Genovesi riferisce l’implacabile spietatezza e l’avida brutalità delle decisioni degli uomini, cattura tra le pagine del suo romanzo il contrappasso sentimentale nell’efficacia coraggiosa dell’invincibile potere dell’amore, sottolinea la necessità appassionata del coinvolgimento, difende il suggerimento di una infinita opportunità umana, vitale e romantica. Estende l’intento distruttivo degli uomini, alle prese con l’inquietante attitudine a impadronirsi della violenza conflittuale verso i propri simili e ad assecondare l’imprevedibile orientamento delle reazioni. La scrittura di Fabio Genovesi esprime la sorte della sopravvivenza, si scontra con la scaltrezza delle iniziative, sostiene la fatalità delle relazioni, incrocia la malvagità e difende la benevolenza. Rilegge, all’interno della promessa di raggiungere l’obiettivo della colonizzazione europea delle Americhe, la traversata dolorosa dell’impeto, dell’ingiustizia e della distorsione, l’incontrollabile e indelebile pulsione degli uomini a divorare le proprie risorse.

Rita Bompadre

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«Non un filo di voce, ragazzo. Non potevo, non sapevo, non esistevo. Solo lei, il suo vestito bianco che si muoveva appena nella brezza, nell’aria tra lei lassù e me nel piazzale, l’aria dove già ci stringevamo, vicini, addosso, lontani dal resto del mondo.

«Don Carlos mi guardava, tra i denti mi sibilava bestemmie, l’arpeggio è ricominciato e finito ancora, ma io muto. Anzi, io non c’ero più. Io e lei stavamo in un altro posto, gli unici che non si lamentavano se la mia voce non partiva. Perché noi la sentivamo, e danzavamo leggeri nell’aria tra il piazzale e il balcone. La nostra canzone suonava mentre la gente intorno faceva rumore, brontolava, Don Carlos se

non cantavo minacciava di tagliarsi la gola, il promesso sposo usciva dagli alberi coi

suoi parenti offesi e infuriati. «Nessuno capiva che proprio quella sera stavano ascoltando la mia serenata più stupenda. Perché ci sono mille canzoni e poesie, ragazzo, ma l’unica vera musica dell’amore è quel silenzio pieno, ricco, incapace di qualsiasi cosa, se non amare.» Alonso ha chiuso così, e ha fatto di sì un paio di volte sorridendo al cielo. I segni sul suo viso adesso distesi a quel ricordo, come animali selvatici dopo una corsa lunga tutta la notte, alla prima luce del sole. Anch’io avrei voluto restare in quel silenzio pieno, morbido, caldo. Ma avevo troppe domande a spingermi in gola: «Sì, però… però come avete fatto?» «Come abbiamo fatto cosa?» «Lei doveva sposare un altro, le famiglie erano d’accordo, e ricche e potenti, e…» «E nessun problema, ragazzo. Nell’amore i problemi non esistono. Un problema c’è quando devi capire, scegliere, decidere. In amore non scegli e non decidi nulla, l’amore fa come gli pare. Infatti il promesso sposo mi voleva ammazzare, la sua famiglia pure, e litigava col padre di Alma che invece voleva uccidermi lui, e rinchiudere sua figlia in convento. Ma si agitavano per nulla. Noi stavamo già sulla strada lunga e piena di polvere attraverso la Spagna. L’abbiamo passata guardandoci fissi, puliti e leggeri, e se ci ripenso mi sembra un attimo. L’attimo dopo stavamo a Palos, dove non ho più cantato una serenata. Anzi, sì, ogni sera, ma solo a lei. Ci guardiamo, ci sorridiamo, e restiamo zitti.

La canzone d’amore più vera di tutte.» Alonso non ha detto altro, è rimasto con gli occhi aperti ad ascoltarla, e io con lui. Quella canzone che mi piaceva da morire, e intanto mi affogava il cuore nel desiderio di Lei. Di stare come lui con sua moglie, e se noi parlavamo due lingue diverse non era un problema, perché il silenzio è uno, ed era la nostra musica. E poi perché nell’amore non esistono problemi. «Vedi, ragazzo, come mai non te l’avevo ancora raccontata? Mi sembrava di sì, però tu mi dici di no e mi fido. Ma è giusto così, perché finora non l’avresti capita. Adesso hai incontrato la tua Alma, hai sentito quel silenzio, adesso capisci.» Ho fatto di sì, forte, anche se Alonso non mi guardava. Teneva gli occhi alla pioggia, a sua moglie che stava dall’altra parte del mondo e insieme su un balcone pieno di margherite, per sempre appeso al cielo. Sì, adesso capivo, tanto che mi faceva male la testa, il petto, tutto quel che c’è tra lì e la punta dei piedi. Perché a forza di capire stavo diventando un altro, come i miei amici granchi che a un certo punto si fermano su uno scoglio e abbandonano la loro corazza dura per diventare più grandi. Ci vuole un po’ per formarne una nuova, e intanto come loro mi ritrovavo nudo, la pelle delicata e morbida e sensibile, tra gli schizzi delle onde, le mille forze portentose che vorticano intorno. In mare, in terra e in cielo. In questo smisurato, spaventoso, melodioso silenzio innamorato.

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