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Arianna Galli anteprima. Il deserto di Milano

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Eleganza, seduzione e una danza tra la morte e la vita. Arriva nelle librerie Il Deserto di Milano, la nuova raccolta poetica di Arianna Galli (pubblicata da Edizioni Ensemble, 2023, pp. 160, € 15,00) in cui ogni poesia è la scena di un film che offre un inedito affresco della città di Milano, dipinta a partire dalla vita dei suoi abitanti, con i loro amori, istanti di felicità e dolore.

La moda, di cui la città è simbolo, sfila tra le pagine, denudando i personaggi attraverso una musicalità bagnata e ricca di aromi, lasciando in bocca il sapore delle infinite sfaccettature dell’umano nel suo essere materico e allo stesso tempo artista delle proprie fragilità e dei propri dubbi, nella disperata ricerca di una felicità, di una pace.

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Abito di Saint Laurent

Osservavi con le dita quell’abito di Saint Laurent,

aderente, leggero, con le spalle nude

e i miei seni coperti da due labbra di tessuto,

lasciando in mezzo uno spazio profondo,

due gocce simmetriche di pelle.

Dicevi che con quel vestito monocromo

ero essenziale e liscia, curvilinea, sensuale, nuda,

come se non indossassi nulla a parte me stessa,

perché quel taglio risaltava i tratti francesi

del mio volto, il neo marrone ebano

poco al di sopra della mia bocca,

e il mio sguardo affilato e malinconico da gatta.

***

Waldeck fire gun

Mi avevi rivelato di aver osservato ondeggiare

nella penombra della nostra stanza

la mia borsa di Versace,

come petali di rosa nera sommersa

lo sguardo pietrificante d’oro di Medusa

emergeva da un mare di inchiostro,

mentre i motivi barocchi ballavano

in fiori di fuoco,

si univano lenti alla geometria greca.

« Avevi visto me »

Una donna nuda con la pelle dorata e nera,

libera in gioielli calabresi greci,

danzava un brano jazz di Waldeck

sulle tue pupille.

***

Pietà Rondanini

A Piazza Libia, un anziano poeta

solo con un bastone

gli raccontava che la madre,

tanti anni addietro, gli era morta in braccio

e prima che chiudesse gli occhi

le aveva letto il suo BUR di Kierkegaard:

« Quello che ti ho detto tante volte te lo ripeto,

anzi, te lo grido: o questo o quello, aut-aut ».

E lei gli rispose: «Forza, forza, io voglio vivere».

Il vecchio sorrise come un bambino appena nato:

era in realtà la madre a sorreggere lui.

***

Sogno Kafkiano

A mezzogiorno, sull’addome di un pittore

era sdraiata una donna di cera.

Aveva il viso reclinato sopra il suo,

il suo avambraccio sinistro gli premeva le cosce.

C’era il vuoto nella stanza di pareti rosse

i pavimenti neri baciavano gli oggetti d’avorio

e il servizio da tè di Versace

porpora e oro con la testa di Medusa,

finché le immagini iniziarono a tremare

e a frantumarsi.

Era un sogno.

La vera lei era al di là

della stanza gelida di pioggia.

***

Tiresia

«Devo partire»

La tua camicia di Etro persiana

gettata sul pavimento,

e il tuo sguardo vuoto come un grasso orologio

d’oro mutilato dalle sue lancette,

mentre la porta semichiusa, aperta dal vento,

lascia intravedere il tavolo e le sedie bianche

della nostra cucina di piastrelle arabe.

Mentre si dilateranno i luoghi,

ritrova le parti del tuo corpo sommerse:

la tua pace, i tuoi occhi vivi,

il giallo-Kandinsky della tua risata.

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