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Fabrizia Ramondino. Modi per sopravvivere. Intervista a Mirella Armiero

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È uscito per Edizioni e/o il libro “Fabrizia Ramondino. Modi per sopravvivere.  Gli scritti politici” a cura di Mirella Armiero nella Collana di Pensiero Radicale diretta da Goffredo Fofi. Le Tre Domande del Libraio di Satisfiction questa settimana sono dirette proprio alla curatrice del volume, Mirella Armiero.

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Mirella, prima di immergerci tra le pagine del libro e approfondire la figura di Fabrizia Ramondino, ci racconti come è nata l’idea di questo volume e come è stato strutturato?

“Il libro è nato dalle conversazioni con Goffredo Fofi, che di Fabrizia è stato amico e compagno di lotte militanti. Fu lui a commissionarle l’inchiesta sui disoccupati organizzati a Napoli, pubblicata da Feltrinelli nel ’77. Io, d’altra parte, mi ero già interessata al mondo della Ramondino con una serie di reportage per il Corriere sui luoghi dove la scrittrice aveva vissuto e aveva ambientato i suoi romanzi, dal capolavoro “Althenopis” che si svolge in gran parte in costiera sorrentina durante la guerra, fino a “Un giorno e mezzo”, che racconta il Sessantotto, con le sue spinte utopistiche e le sue contraddizioni, da un singolare punto di vista: una villa nobiliare sulla collina di Posillipo, dove si tenevano riunioni e collettivi.
In ogni caso, sono fortissime le suggestioni che la sua letteratura ancora suscita e il suo ricordo è molto vivo tra chi l’ha conosciuta: lei è morta nel 2008, in piena attività. Il giorno dopo la sua scomparsa a mare Einaudi pubblicò il suo romanzo “La via”. Il versante dei suoi scritti politici era però poco noto, perché era stato riversato in una serie di testi giornalistici su varie testate o in interventi militanti legati a diverse occasioni. Così ho iniziato a recuperare materiali dispersi o dimenticati, interventi, prefazioni, articoli di giornale su argomenti civili e politici, cercando un filo comune che desse l’idea dell’evoluzione del suo pensiero. Nel volume abbiamo anche pubblicato il discorso inedito dell’84, pronunciato in occasione della candidatura da esterna nelle liste del Pci al Parlamento europeo. Un discorso appassionato, legato a un periodo di speranza, a cui è succeduta poi l’amarezza negli ultimi anni. Per esempio, l’ultimo testo è del 2008, anno della sua morte, e parla della crisi dei rifiuti a Napoli come simbolo di una crisi più generale, in un mondo consumistico e cieco che non sa che produrre immondizia.

È stato un caso, infine, più unico che raro quello di una giovane donna che ha preso parte da protagonista attiva e cosciente alle lotte politiche di un’epoca vivacissima della nostra storia del Novecento, ma che è stata anche una delle nostre migliori narratrici, amica e allieva delle due massime scrittrici del nostro Novecento,  Anna Maria Ortese e Elsa Morante “.

Questo passaggio iniziale del libro già spiega e ben sintetizza la figura di Fabrizia Ramondino. Autrice eclettica, che ha spaziato dalla narrativa al reportage, dall’autobiografia alla poesia fino ad arrivare alla sceneggiatura; ma ricordiamo che prima del suo esordio letterario nel 1981, con il romanzo pubblicato “Althénopis” (Premio Napoli 1981; Premio Lombardi-Satriani 1984;  tanto apprezzato da Natalia Ginzburg e da Elsa Morante), quattro anni prima, nel 1977, il suo primo libro è stato “Napoli. I disoccupati organizzati”. Mirella, vogliamo raccontare nel dettaglio questa peculiarità di Ramondino nel panorama italiano contemporaneo, quella di essere una voce letteraria riconoscibilissima ma con una militanza e una vocazione politica imprescindibili?

Fabrizia Ramondino lo spiega bene in un’intervista riportata nel volume: letteratura e impegno per lei non sono due attività scisse, si intersecano e in pratica sono tutt’uno, espressione della stessa sensibilità e di un modo di stare al mondo, che per lei era l’unico possibile. Del resto nei suoi romanzi c’è fortissimo il senso della comunità insieme alla capacità di parteggiare naturalmente per i deboli e gli oppressi, quasi vergognandosi dei propri privilegi, a partire dall’adorata balia dell’infanzia vissuta a Maiorca, che ritroviamo personaggio di “Guerra di infanzia e di Spagna”. La bambina del romanzo passa più tempo in cucina con la servitù che con la madre, nervosa e sfuggente. Non si tratta solo di appartenenza a una certa temperie degli anni Settanta, ma di riuscire a guardare con acutezza ed empatia il proprio interlocutore. Che si tratti dei bambini a cui faceva doposcuola, o dei compagni d’infanzia a Santa Maria del Mare di cui racconta in Althenopis, o dei disoccupati, o delle donne Sahrawi nel deserto, l’atteggiamento di Fabrizia Ramondino è sempre lo stesso: mai giudicante. Se dava qualcosa a chi ne aveva bisogno, sapeva che in quel momento stava anche ricevendo. Lei stessa racconta che i bambini dei vicoli, tenendola impegnata, la salvarono dalla depressione: poi l’esperienza pedagogica si incanalò nella sua prima militanza, quella nell’Arn, associazione risveglio Napoli, fondata negli anni Sessanta, prima di esordire come narratrice. Ma come dicevo, i due elementi non sono mai separati. Si potrebbe dire che tutta la sua produzione letteraria è “politica”, per il senso di collettività e la spinta verso l’egualitarismo che sono sottesi a qualunque racconto. Questo però non si traduce mai in un atteggiamento ideologico nella scrittura, che mantiene sempre la sua potenza narrativa, per esempio anche quando l’autrice racconta le vite dei disoccupati. Poi, sul versante pratico, Fabrizia Ramondino ha proseguito sempre nell’impegno per le cause in cui credeva, per esempio aderì negli ultimi anni della vita al progetto Necessità dei volti, in sostegno al popolo Sahrawi, esiliato nel deserto dal re del Marocco. Aveva già una sessantina d’anni quando si recò nei campi Saharawi con Mario Martone, con il quale aveva già collaborato alla sceneggiatura di “Morte di un matematico napoletano”. Dal viaggio nacque un bellissimo libretto, “Polisario. Un’astronave dimenticata nel deserto”.

La modernità di Fabrizia Ramondino è innegabile e sotto gli occhi di tutti. Pensiamo che Fazi Editore ha ripubblicato con successo, in tempi recenti, “Althénopis” con la prefazione di Chiara Valerio e il romanzo autobiografico “Guerra di infanzia e di Spagna” con prefazione di Nadia Terranova.  Dalla lettura di questi scritti politici, però, è spiazzante vedere quanto essi siano ancora di una bruciante modernità per i temi trattati.  A partire da questi temi vogliamo spiegare bene perché Fabrizia Ramondino può parlare ancora al lettore contemporaneo e indurlo alla riflessione?

I temi di cui Fabrizia Ramondino si occupa toccano questioni tutt’altro che risolte. Basti pensare al concetto che lei trova aberrante di “guerra giusta” o “guerra preventiva”. Non c’è possibilità di conciliare la parola “guerra” con l’aggettivo “giusta”: ogni guerra è sbagliata. Lei ne parla in occasione del conflitto in Jugoslavia e poi nella crisi del Golfo, ma le sue parole suonano di grandissima attualità, soprattutto oggi.
Nei testi precedenti, degli anni Settanta, che riguardano Napoli e i disoccupati, c’è la piena consapevolezza di alcuni stereotipi sul Mezzogiorno. Per esempio, il napoletano viene considerato scansafatiche, senza alcuna voglia di lavorare. Invece i disoccupati che lei intervista fanno parte di un mondo di miseria in cui si va avanti con il lavoro nero, le ragazze fabbricano borse nei “bassi” dei Quartieri spagnoli, ammalandosi per le inalazioni di collanti. Il lavoro quindi c’è, solo che è fatto di sfruttamento e ingiustizia. Perfino la questione dei centri storici svuotati dei residenti e diventati luna park per turisti si delinea già in alcuni suoi testi. Ma al di là delle intuizioni sul presente è proprio nel suo atteggiamento la grande attualità della sua lezione. In un panorama letterario come quello attuale nel quale spesso prevalgono scritture diaristiche e auto-analisi, che producono romanzi “ombelicali” e autoreferenziali, colpisce l’apertura all’altro che Fabrizia Ramondino ha avuto per tutta la vita. Una vita che non è stata facile, funestata da depressione e alcolismo. Eppure, mai questa scrittrice dalla vita intensa e faticosa mostra di pensare che il mondo inizi e finisca con lei. Il suo sguardo lungo, aperto e partecipe, è quello che oggi manca.

Antonello Saiz

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BUONA LETTURA di “Fabrizia Ramondino, Modi per sopravvivere.  Gli scritti politici” a cura di Mirella Armiero.

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